Nel silenzio intimo di una camera da letto un professore universitario racconta alla propria madre una storia, la sua preferita. “Pelle di zigrino” s’impregna tra quelle mura attraverso la sua voce, allietando una donna incapace di leggere ma totalmente innamorata di ogni singola parola contenuta in quel libro. È così che ha inizio anche la personale vicenda di vita dei due, attraverso i ricordi nitidi dell’uomo e un legame speciale che trascende ogni problema, lasciando spazio solamente per l’amore.
Può un libro mettere terrore fin dalla prima riga? Non parlo della paura data da un motivato genere letterario, ma di quel timore fastidioso e viscerale che attanaglia e martella costantemente agli angoli della mente, facendoti venire il presentimento che andando avanti potresti star male fino a provare dolore.
Con questo piccolo romanzo, delle dimensioni di poco più che un racconto, potreste provare questo. Non serve approfondire ulteriormente perché quanto premesso basta a far capire a cosa si può andare incontro.
Quello del protagonista, attraverso la scrittura dell’autrice, è un flusso di coscienza che scorre libero nella mente del lettore, con una fluidità appassionante che rende la lettura veloce ma incredibilmente intensa. L’amore che lega una madre a un figlio e la dedizione che cresce in lui per lei è qualcosa di così commovente e così vicino alla mia situazione personale che mi ha fatto vivere ogni istante descritto come se fosse vivido e reale, tanto da farmi venire i brividi al solo pensiero.
Il professore racconta dei sacrifici fatti per stare vicino alla madre senza risentimento alcuno, ringraziando anzi le circostanze per avergli permesso di creare con lei un rapporto così forte e unico. Rapporto che si basa sia su ciò che è positivo ma anche ciò che non lo è, come l’imbarazzo, la rassegnazione e la sofferenza. Ogni attimo condiviso ha contribuito a ciò che sono ora nel presente, mentre ancora una volta il romanzo di Balzac prende vita.
Man mano che si procede si accede a numerose chiavi di lettura, che fanno maturare delle consapevolezze via via che ci si avvicina al finale, senza mai renderle palesi e basandosi solo sulla percezione di chi sta leggendo. È una trovata vincente che fa di “Canto d’amore a mia madre” una lettura unica e indimenticabile, seppur piena di quel pizzicorio insistente che attenta al proprio animo minacciando di aprire porte emotive a cui non si sa davvero se si è pronti.
Forse è proprio questo il bello di questo breve romanzo: sperimentare e mettere alla prova, attraverso la vita altrui, l’amore e i sentimenti che noi stessi coviamo, nell’attesa di buttare fuori tutto con un gesto liberatorio permettendo al corpo di esprimerli al meglio. Nonostante l’affanno, nonostante le lacrime.