Recensione: “Mezzo Vampiro” di Belinda Laj

« L’immortalità è una degna ricompensa.

Quel pensiero estraneo lo fece sorridere, annuì e si portò il calice alle labbra. C’era un lieve profumo di rose in quel liquido. Chiuse gli occhi e assaporò il sangue fino all’ultima goccia. »

Buon 2016.
Ricominciamo da una lettura che mi ha tenuto compagnia dalla fine del 2015 fino ad oggi: “Mezzo Vampiro” di Belinda Laj, primo libro della serie Damned Academy. 

Julian Laurent è un vampiro, ma ancora non sa di esserlo. Non crede alla gente che al suo risveglio gli lancia occhiate perplesse. Tutto ciò che ricorda sono le sue urla disperate all’interno di una bara. Poi, i sotterranei della Damned Academy di Londra: una scuola, la più antica, in cui gli immortali convivono fra loro sotto il comando di un unico Signore: Blake Night. Vampiri, angeli, demoni e mortali mezzosangue si preparano per ricevere il proprio marchio e giurargli fedeltà; ma quando arriva il turno di Julian, questo non viene marchiato. Da quel momento verrà puntato da tutti con un unico appellativo: Mezzo vampiro. Ha così inizio la sua nuova vita, fatta di scontri e lezioni vampiriche, alla ricerca del suo passato dimenticato e del mistero delle sue origini.

A discapito delle apparenze, questa storia risulta essere una delle poche originali pubblicate ultimamente a tema “vampiri”. Sebbene possa sembrare bizzarro e a tratti ispirato al mondo di Harry Potter, Belinda ha saputo creare un mondo alternativo innovativo e ben costruito, con leggi tutte sue ma che nell’insieme riescono a reggere la trama dalla prima all’ultima pagina. Ho apprezzato il velo di mistero che pervade l’intera lettura, mi sono divertita molto a fare per tutto il tempo congetture e ipotesi sulle verità nascoste legate al protagonista. La scrittrice ha inoltre come pregio uno stile di scrittura coinvolgente e scorrevole, ed è riuscita a lasciarmi incuriosita fino alla fine.

Il protagonista, Julian, è un ventenne frustrato e incompreso; risulta essere un personaggio difficile da digerire per il suo comportamento scontroso e antipatico anche nei confronti di Hunter Cross, compagno di stanza e unico amico nell’accademia. Ma man mano che i nodi vengono al pettine, si riesce in parte a giustificare le sue azioni. 
Hunter è il ragazzo più gradevole: innamorato di un amore utopico come quello che legge nei libri sui vampiri scritti dai mortali. A mio parere è un ottimo personaggio spalla: sarebbe bello poter leggere molto più riguardante la sua storia.
Infine, Blake Night è il vampiro per eccellenza: bellissimo, attraente, calcolatore e subdolo. Ma tutti nascondono dei segreti e delle debolezze…
Non manca, comunque, un quasi impercettibile tratto romantico, che in “Mezzo Vampiro” si avvicina maggiormente al genere M/M (Male to male, i moralisti sono avvisati), aspetto che, si può ipotizzare, verrà approfondito nei prossimi libri.
Non resta che attendere la nuova opera della nostrana Belinda, per poter varcare di nuovo i cancelli dell’accademia e ritrovare i personaggi e le loro vicende.
“Mezzo Vampiro” è acquistabile su Amazon al seguente indirizzo

Recensione: “Questione di gusto” di Fleur Du Mar

« Odiavo i tacchi alti e al tempo stesso non riuscivo a farne a meno, un po’ come il mio insensato rapporto con l’amore, perennemente in bilico tra il desiderio d’essere amata e venerata come le protagoniste dei romanzi che ero solita leggere, e la determinazione di imbrigliare le passioni in aridi stereotipi. »

Ho conosciuto Fleur du Mar qualche anno fa su un famoso sito di pubblicazione di storie. Il suo racconto “Bruciare” mi rapì completamente, forse l’unica storia a rating rosso che mi sia davvero piaciuta.
La protagonista di “Questione di gusto” è Laura de Santis, una donna in carriera che vive nel suo rigido e preciso mondo: capelli legati accuratamente, tacchi alti e divisa per andare al lavoro, ma soprattutto lontana da emozioni troppo forti. Lei definisce la sua vita tranquilla e pura e solo al fidanzato Richard è permesso fare una piccola breccia nella sua fortezza inespugnabile, rispettando comunque le sue regole e i suoi spazi.
Per una scelta fuori dall’ordinario, un giorno si scontra con l’attraente Erik Tesia, un nuovo vicino d’appartamento. Fin da subito la differenza tra i due è ben definita: se la prima vive la vita secondo rigide impostazioni, l’altro ama viaggiare e vivere avventure, affronta la vita giorno per giorno, spensierato e libero come i suoi genitori gli hanno insegnato.
Il loro è un rapporto d’odio istantaneo, perché entrambi incapaci di comprendersi. Ma Erik è sempre più determinato a far uscire Laura dalla prigione che le è stata costruita intorno, a farle assaporare la vita in ogni sua sfaccettatura.
Ecco, la parola chiave è proprio “Assaporare”. 
Laura è vegana dalla nascita per una scelta imposta dalla madre. L’obiettivo del “Maori” sarà quello di far risvegliare i sensi atrofizzati della donna attraverso il cibo. In che modo? Leggete e scopritelo; non siate prevenuti, né troppo maliziosi: potreste sbagliarvi del tutto.
Sicuramente questo viaggio gastronomico delicato e sensuale porterà la protagonista a cambiare la sua vita e a liberarsi, finalmente, dalle catene di un misterioso passato. 
Solitamente non sono attirata da questo genere di storie. Ma Fleur ha dalla sua uno stile di scrittura semplice e scorrevole e una storia anch’essa semplice ma godibile. Mi sono ritrovata in diversi momenti ad emozionarmi e quando l’atmosfera si faceva calda non nascondo di aver provato qualche brivido. Sì, in un romance è prevedibile qualche scena “intima”, esattamente come capita qui. Ma le descrizioni non sono per nulla dirette e al limite dell’imbarazzo (per non dire orrore, senza citare particolari opere), sono dosate al punto giusto, come gli ingredienti di un’ottima ricetta.
Ringrazio Fleur per aver fatto uscire, di nuovo, quel briciolo di femminilità che ancora alberga in me.
Potete acquistare “Questione di gusto” al seguente indirizzo.

Recensione: “Lùmina” di Linda Cavallini e Emanuele Tenderini

« -Hai paura?

-No, credo di no. Anche se non avevamo mai interferito con altri universi a questo livello. Trascinare un essere vivente nella nostra dimensione potrebbe essere molto pericoloso!
-Ne siamo consapevoli… tuttavia non ci sono alternative! »


Finalmente riesco a dedicare tempo meritato per un’opera che fin da prima della sua pubblicazione ha suscitato in me molta curiosità.

“Lùmina” è un progetto indipendente, nato dalla mente e dal talento di due autori già avviati nel campo dell’editoria, che deve vita e successo al crowdfunding su Indiegogo dello scorso anno. 
La principale particolarità, quella che sicuramente attrae e seduce la vista, è la tecnica di colorazione sperimentata da Tenderini stesso, l’Hyperflat, che si amalgama perfettamente con il tratto delicato e fluido della Cavallini.
Kite e Miriam sono due fratelli, l’uno più vivace ed estroverso dell’altra, orfani di genitori ma che da un’esperienza drammatica come questa hanno trovato la forza di rimanere uniti. Tornando a casa dopo una giornata di scuola, si ritrovano in un mondo completamente diverso dal nostro: Lùmina. L’atterraggio non è dei migliori, i due ragazzi si trovano in mezzo ad uno scontro incrociato tra creature tanto diverse d’aspetto quanto di ideali. Ben presto scoprono di essere i “Portatori” del Fej Farok, una divinità in grado di viaggiare tra le dimensioni. 

Purtroppo, quello che si evince dal volume, è che la storia sia solo un’anteprima di quello che, probabilmente, dovrà essere effettivamente. Si arriva velocemente alla fine e tanti sono gli interrogativi che rimangono. 

Solo per questo, il fumetto è un po’ debole di contenuti; la sola forza è, come già detto prima, la qualità del disegno e delle pagine.
Considerando il successo che ha avuto, Cavallini e Tenderini hanno la sicurezza di un’idea vincente e che piace. Ci auguriamo, a questo punto, che sviluppino velocemente il mondo che hanno in testa, per portarlo su carta e mostrarcelo.

Recensione: “Io non ti conosco” di S.J. Watson

« Ho paura, ma c’è anche qualcos’altro. Eccitazione. Lo stomaco va su e giù, sento sulla lingua la scarica metallica dell’adrenalina. Non ho più scuse: è qui, siamo nella stessa città. […] Potrei scoprire cosa sa. Se conosceva mia sorella. »
Julia Plummer è convinta di avere il totale controllo della propria vita.

Suo marito, Hugh, la ama e la rispetta nonostante un passato tumultuoso e suo figlio, Connor, le vuole bene, anche se l’età dell’adolescenza scalpita per prendere il sopravvento.

Connor è il figlio di sua sorella Kate, concepito in età adolescenziale, affidato alla coppia proprio dalla donna, la quale non si è sentita in grado di far crescere un neonato. Ma è ormai un po’ di tempo che da Parigi si è fatta sentire proprio per questo motivo: vuole che Julia le restituisca Connor, le spetta di diritto.


La notte successiva all’ennesima discussione, Kate viene trovata morta in un vicolo.
Julia non si dà pace, sa che la polizia non indagherà mai davvero a fondo. Così, decide di farsi giustizia da sola e trovare il colpevole da sé: si iscrive al sito d’incontri che frequentava Kate, entrando inevitabilmente a far parte di quel mondo oscuro, spesso sottovalutato, delle relazioni on-line.
Julia sarà costretta a rendersi conto di non essere la donna che ha sempre pensato d’essere. Imparerà a conoscere una nuova sé stessa, capace di fare cose che mai si sarebbe sognata di fare.
Ma siamo proprio sicuri che la persona che sta dall’altra parte dello schermo sia davvero chi dice di essere?
Ho conosciuto Watson quando uscì nelle librerie il suo primo libro: “Non ti addormentare”. Sono rimasta subito colpita dal suo modo di narrare, semplice e pulito. Le storie raccontate in prima persona tendono sempre ad annoiarmi, ma lui è riuscito a tenermi incollata alle pagine dall’inizio alla fine, in entrambi i casi.
“Non ti addormentare” è stata una storia incredibile, ma con “Io non ti conosco” direi che questo scrittore ha davvero superato sé stesso, entrando a far parte dei miei autori preferiti in assoluto.
Di thriller non ne leggo molti, ma posso sicuramente affermare che S.J. Watson sia folgorante. Non mi viene in mente termine migliore per descriverlo. È riuscito a creare delle storie avvincenti, da tenere col fiato sospeso e da far sentire i brividi lungo la schiena.
Inizialmente si potrebbe pensare che siano storie banali, facili e dal finale intuibile. Il lettore si convince, riga dopo riga, di aver capito subito dove l’autore voglia andare a parare; ma non capisce che in realtà è l’autore stesso che proprio in quel momento lo sta ingannando, più e più volte. Watson è in grado di prendere le deduzioni del lettore e di stravolgerle, sconvolgendone la mente fino al finale.
“Io non ti conosco” è una storia che non ti aspetti. Di primo impatto può sembrare il classico libro con il delitto da risolvere. In realtà, nasconde in sé una storia ben più profonda e tormentata, fatta di inganni, vendette e ricatti. Vuole essere, a parer mio, anche una denuncia verso le chat d’incontri, che spesso portano a forti delusioni oppure, nei casi peggiori, a fatti di cronaca nera.
Un esempio televisivo è la serie “Catfish – False identità” trasmesso su Mtv e diretto da Nev Schulman , vittima di una donna che lo ingannò facendogli credere di essere un’altra persona.
A Watson non servono molte descrizioni per inquadrare gli eventi e i personaggi vengono, nonostante ciò, caratterizzati alla perfezione. L’unico difetto che purtroppo è doveroso sottolineare è la quantità spropositata di refusi ed errori grammaticali della traduzione italiana.

Se siete amanti del genere, ma anche se non lo siete affatto, troverete in “Io non ti conosco” una storia meritevole, da cui difficilmente ne uscirete delusi. 
Personalmente,da quando Watson mi ha conquistata, avrei bisogno di almeno un suo libro al mese.

Recensione: “Gala Cox – Il mistero dei viaggi nel tempo” di Raffaella Fenoglio

« No, non era possibile che stesse succedendo davvero. A me, poi. E dire che non ero una impreparata a questo genere di situazioni. »

Attenzione: la seguente recensione potrebbe non essere esente da spoiler. Invito i lettori a leggere con cura.
È un gran dispiacere parlare di un libro quando non ha soddisfatto le proprie aspettative.
Il libro della Fenoglio si presenta come una storia fantasy, con qualche elemento steampunk e dalle tinte vittoriane di una Londra ormai dimenticata. Un viaggio nel tempo, di quelli veri, tra misteri, spiriti e omicidi.
Le premesse sono positive, la copertina attira; bello pensare che spendendo  14,90 si ha tra le mani un buon prodotto, di ben 485 pagine.
Insomma, non potevo chiedere di meglio.
La protagonista è Gala Cox Gloucestershire, ragazzina quattordicenne alle prese con uno dei periodi più difficili che le siano mai capitati. Suo padre è scomparso il giorno successivo ad un’animata discussione; senza dire nulla è andato via, lasciando la figlia in preda ai sensi di colpa.
L’anno prima la sua migliore amica, Nadia, è morta tragicamente. Gala si ritrova quindi sola, troppi sono i ricordi legati alla vecchia scuola, così decide di cambiare. Frequenta il liceo artistico, ma ama le materie tecniche e scientifiche, l’ingegneria, ed è affascinata dai lavori del padre. Qui conosce Dennis, coetaneo e compagno di classe, ragazzo estroverso e loquace, fin troppo.
Gala è restia a creare nuovi legami, la sua vita si concentra sulla giornata scolastica e nella villa in cui abita. Nella sua stanza, tra allevamento di formiche e progetti da realizzare, si sente al sicuro. Lontana dal dolore e dai ricordi.
La madre di Gala è una medium; evoca gli spiriti e comunica con loro. Non è una sorpresa per la protagonista ritrovarsi perfetti sconosciuti, di varie epoche, gironzolare nei corridoi. Specie dal momento in cui la sua tata è proprio uno spirito: Matunaaga, il maggiordomo indiano, e Ildegarda di Bingen, monaca benedettina e governante bacchettona.
Ma quando nella sua stanza si materializza proprio la sua amica morta, rimane spiazzata per la sorpresa. Ora Nadia è una usqead: uno spirito che viaggia nel tempo e che prende il posto di persone che muoiono prima che il loro destino sia segnato. Adesso, infatti, vive nella Londra del 1889 nei panni di Edvige, una ragazza morta a causa di Black Coat, una sorta di Jack lo Squartatore. L’amica ha bisogno di aiuto ed è proprio a Gala che si rivolge; così, insieme, tornano indietro nel tempo.
Fin qui, sembrerebbe tutto chiaro ed avvincente, ma è anche da qui che iniziano i problemi. Innanzitutto, il motivo per cui Gala viaggia nel tempo.
Edvige chiede all’amica di venire nel passato per aiutarla a risolvere un problema di eredità. Lei vuole avere i soldi di un parente defunto per poter fare una vita agiata, ma Mr Roberts ha tutte le intenzioni di impedire che ciò avvenga. Edvige chiede aiuto a Gala soltanto perché lei tiene in ordine la contabilità di sua madre e di conti e calcoli se ne intende.
Personalmente, trovo questo pretesto per l’avvio della storia un po’ debole, tirato per i capelli. Considerando che l’effettivo problema viene alla fine risolto da un facoltoso avvocato, l’unica persona a cui fin da subito ci si deve rivolgere.
Passiamo al punto successivo: il corso degli eventi. Lo stile di scrittura è semplice, grammaticalmente non c’è nulla fuori posto. Ma spesso ci sono parti descrittive, fin troppo descrittive; Raffaella si sofferma su particolari che non danno nulla in più alla narrazione, anzi. Invece di arricchire si ha come effetto il rallentamento generale della storia e la mancanza di colpi di scena. Facendo presente la grandezza del libro, solo nell’ultimo centinaio di pagine si ha la vera e propria azione: concentrata alla fine, con la conseguenza di arrivare alla risoluzione dei misteri frettolosamente. Il percepito è che la scrittrice, ad un dato punto, si sia resa conto di dover concludere il libro in breve tempo e che quindi sia stata incapace di gestirlo al meglio, anche se sua creazione.
Uno degli avvenimenti importanti, è la scoperta dell’identità di Black Coat. Dovrebbe essere un momento di sorpresa e shock; oggettivamente il personaggio in questione era l’ultimo a cui si potesse pensare. Ma a quel punto ero talmente esausta e spazientita che la rivelazione mi è totalmente scivolata addosso senza emozionarmi. Per non parlare della successiva morte di questo antagonista, risolta in quattro e quattr’otto nel giro di un paio di capitoli:
Capitolo 60: Black Coat è vivo.
Capitolo 61: Totale cambio di scena.
Capitolo 62: Nelle prime righe, Gala chiede a Dennis che fine avesse fatto Black Coat. Lui semplicemente le risponde che si è buttato nel Tamigi, che ha aspettato un po’ di tempo che riemergesse, senza risultato.
Altro difetto è stata l’incapacità di identificarmi nella protagonista. Gala è piena di debolezze e passa tutto il tempo a lamentarsi dei suoi difetti e delle sue incapacità, ma al contempo dimostra una spiccata intelligenza e attimi di indomito coraggio.
Posso ipotizzare che sia la differenza di età che ci separa a non farmi calare per niente nei suoi panni. Non che io non abbia problemi, ben inteso.
Mi ha ricordato molto Nina, la protagonista della saga per ragazzi “La bambina della Sesta Luna” scritta anni fa da Moony Witcher. Semplice, con storie corte soprattutto. Che danno al lettore gli elementi essenziali per continuare ad andare avanti. Custodisco le sue avventure con affetto, memore che le lessi proprio a quattordici anni e che quindi riuscii perfettamente ad immedesimarmi.
Ad ogni modo, lentamente, si arriva all’epilogo. È subito chiaro che tante cose si siano risolte, ma che ben altre siano rimaste in sospeso. Dopo 68 capitoli il padre ancora non è tornato e solo in quello precedente a Gala è stato rivelato qualcosa su ciò che è realmente. È proprio in questo momento che, trovata la sabbia giusta, la bambina riesce ad attivare il meccanismo dell’Ecbàtana, il congegno che permette la reazione spazio-temporale, e finalmente compare lui, Sam Gloucestershire. Per brevi attimi, dopo qualche saluto, annuncia che ha ancora del lavoro da svolgere e senza altre spiegazioni, scompare di nuovo.
Gala in quel momento, costernata dall’incredibile avventura, decide che è arrivato sul serio il momento di crescere e di dare uno strappo al passato, per quanto doloroso potesse essere.
Sapere che la storia non fosse conclusa è stata la delusione più grande. Per quanto mi riguarda, il viaggio finisce qui, non sono per nulla invogliata a continuare e leggere il seguito.
Potevi essere un capolavoro, Gala Cox.

Ma per me non è un mistero che sia stata, purtroppo, una perdita di tempo.