Recensione: “Niourk – Il bambino nero” di Olivier Vatine


« All’epoca credevo ciecamente ai poteri della collana del vecchio… a quelli dei morti… e credevo agli dèi. »

Una pura, piccola perla.

L’opera del francese Olivier Vatine non può essere definita altrimenti. Commento contrastante, rispetto a ciò che viene raccontato in questa storia, impregnata di aria radioattiva e puzzo di devastazione.

Nel futuro si ritornerà nel passato; ciò che rimane della civiltà terrestre regredisce all’Età della Pietra.

In mezzo al deserto, in un’ormai utopica zona a sud dell’America, è stanziata la tribù di Thoz, il guerriero più forte, di ritorno da una battuta magra di caccia. Il vecchio “Lui-che-sa” è l’unico che può contattare gli dèi e chiedere che ci sia nuova selvaggina; così parte, sapendo già che al suo ritorno il bambino nero dovrà morire: è lui  la causa delle loro disgrazie. Ma passa il tempo e il saggio scompare. Il bambino, preso da sentimenti contrastanti, decide quindi di avventurarsi da solo attraverso i monti cubani per cercarlo.


Questo è l’inizio di un lungo viaggio, alla scoperta dell’antica civiltà. Incontrerà l’orso, il suo unico amico, conoscerà i mostri della Terra, riceverà in dono il fuoco degli dèi e rimarrà incantato di fronte alla dea di pietra. Un percorso verso la salvezza. Un percorso verso “Niourk”.

Non voglio raccontare altri particolari della storia, rischierei inutilmente di dare anticipazioni esagerate. “Niourk” è un fumetto che va gustato e letto senza sapere troppo, un omaggio alla fantascienza classica in chiave contemporanea. 

Le meravigliose e colorate tavole di Vatine lasciano affascinati pagina dopo pagina, fino al commovente finale. Questo si lega ai brevi dialoghi e ai pensieri del bambino, facendo quasi trasparire una storia delicata e poetica ma che in realtà porta in auge gli errori dell’umanità, troppo impegnata ad impugnare un’arma piuttosto che stringersi a vicenda la mano e puntare verso il benessere e il progresso di tutti.

I potenti hanno sempre avuto la convinzione di sapere cos’è meglio, cosa è giusto, cosa deve essere fatto. La soluzione stavolta è nelle mani di un bambino, proprio quello che più viene odiato per il colore della pelle e l’origine, che agirà diversamente, forse nel modo più inaspettato possibile.

Ha fatto bene? Ha fatto male? Verrà giudicato, verrà criticato. Questo è ciò che di meglio si sa fare, ora.

Ma quel che importa è leggere la sua storia. Raccontarla ai più giovani. Per non dimenticare.


Recensione: “Agorafobia” di Dario Moccia e Fubi

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Che cos’è l’agorafobia?
Il buon caro Zanichelli dà la seguente definizione:
“Paura morbosa degli spazi aperti quali piazze, strade larghe e simili.”
Fin qui tutto chiaro… o forse no?

È difficile riuscire a dare una spiegazione esaustiva di certe cose, specie quelle che riguardano la psiche. Anzi, è impossibile stare al passo con gli studi legati ad essa, sempre in continuo cambiamento ed evoluzione.


Soprattutto, chi cade nel pozzo nero delle fobie non sempre potrebbe essere d’accordo con chi, nel buio, fortunatamente non si è mai ritrovato.

Ma l’arte, come in questo caso, viene in nostro aiuto.

“Agorafobia” è la quotidianità di un uomo. Senza nome, senza età, dall’aspetto solo accennato. Passa le giornate decantando gli orari dei treni in arrivo e partenza. Oggi è una bella giornata: il letto è morbido, nessun ritardo.
Il giorno migliore di sempre.
Di sottofondo, il regolare e tranquillizzante “Tu-tum tu-tum”.

Basta un rumore di troppo per fargli perdere il controllo. 
Basta un ricordo nel momento giusto per scuoterlo e spronarlo ad essere di nuovo libero.
“Agorafobia” è la lettura che non ti aspetti. Non tanto per il modo in cui il tema viene trattato, quanto per l’autore di questa idea.

Chi conosce e segue il mondo di Youtube Italia, avrà sicuramente anche solo sentito parlare di Dario Moccia, il ragazzo toscano che ha creato la “Nerd cultura”, diffondendo nel web le sue opinioni fumettistiche e simili. Ciò che ho sempre apprezzato di lui, oltre che la sua invidiabile capacità di esprimersi di fronte ad una telecamera, è proprio il suo modo di fare: estroverso, divertente e dalla battuta facile. Tutto il contrario rispetto a ciò che ha effettivamente deciso di creare; una sorpresa in più sicuramente gradita.

A maggior ragione, sarebbe davvero interessante poter parlare del suo fumetto con lui, per capire come mai ha deciso di fare questa storia e perché. 

Questo fumetto riesce nell’impresa di inizio articolo? Sì. In parte. 
L’interpretazione di ciò che prova il protagonista è buona, d’impatto. Ma troppo frenetica, specie nello slancio finale. Sarebbe gradito un maggiore approfondimento o degli elementi presentati al pubblico in maniera graduale, scandendo di più i tempi. Chi legge, però, rimane coinvolto e stravolto man mano che va avanti; si sente in gabbia, proprio come l’uomo, fino alla catarsi finale.
Considero “Agorafobia” come un’anteprima, un racconto introduttivo nella mente di un duo agli albori che può dare al mondo dell’editoria tanto, tanto di più. 
C’è come la sensazione che il messaggio di fondo sia: “Non avete visto ancora niente.”

Prendetevi del tempo per leggere un’opera meritevole. Se vi piacciono le storie crude e psicologiche, quelle che vi danno un colpo nello stomaco, questa ne è un esempio. Soffermatevi a guardare le tavole disegnate da Fubi, dal tratto sporco, impreciso ma netto, disturbante in certi punti; perfetto per una storia impressionante come questa.
Prendetevi del tempo per comprendere. Non abbiate fretta, rifletteteci. Lasciatelo da parte, riprendetelo. Date una chance, non ve ne pentirete.



Recensione: “Morgan Lost” di Claudio Chiaverotti

« Un cacciatore di serial-killer è lui stesso un pazzo, tormentato da incubi che cerca malamente di allontanare, distogliendo lo sguardo… come seppellire uno zombie pochi centimetri sottoterra » 


Dopo mesi di silenzio, torno sul blog per parlare di quello che ultimamente è sicuramente uno dei fumetti più chiacchierati del momento: Morgan Lost, ultima creatura della Sergio Bonelli Editore che prende vita grazie alla mente di Claudio Chiaverotti (sceneggiatore di Brendon) e ai disegni di Michele Rubini.
L’albo, “L’uomo dell’ultima notte”, è uscito in edicola il 20 Ottobre e avrà cadenza mensile. Con questa storia si ha una sorta di ritorno alle origini: al contrario di Orfani o Lukas, la serie non è stata concepita in stagioni bensì su vasta scala, “Finché dura”, come dichiarato da Chiaverotti.

Prima di essere un eroe, Morgan Lost è un uomo come tanti altri, proprietario di una sala di proiezione di B-Movie, felicemente fidanzato con Lisbeth. La sua vita, in una notte, cambia radicalmente. Per lui è impossibile dimenticare, perché da quel momento in poi, ogni volta che si guarderà allo specchio, vedrà sul volto una maschera nera tatuata. Diventa, così, uno dei più conosciuti cacciatori di taglie della città. Nessun potere, solo la volontà di esorcizzare i propri demoni.

Ci troviamo quindi catapultati a New Heliopolis, una metropoli selvaggia e al limite della follia, in cui le star in voga sono i serial killer, i “mostri” più crudeli del momento. Il notiziario ne presenta una carrellata su grande schermo, mentre la folla acclama e incita la conduttrice a proseguire. 
In ogni pagina l’atmosfera è fredda come la neve che cade incessante e inquietante come i tormenti che arrivano dall’oceano e che appaiono agli occhi del protagonista con tinte bianche e nere smorzate da sprazzi rossi come il sangue.
“…ma su una cosa Finker ha ragione: sono diventato un cacciatore. A volte posso sentire l’urlo della città, ed è come se ci fossi solo io… la notte… e tutti i mostri là fuori. Non esiste niente di più bello.
Le premesse per una storia thriller di successo, dai toni pulp tipici dei migliori film del genere, ci sono tutte. Rispetto ad altri personaggi Bonelli, risulta più semplice per i lettori immedesimarsi in questo uomo, armato solo di una pistola, e in questo mondo, metafora di una società sempre più in decadenza. L’attenzione non cala mai, fino all’ultima pagina; si è sempre più curiosi di scavare non solo nel passato del protagonista, ma soprattutto nel futuro, conoscere i nemici che si ritroverà ad affrontare e gli incontri all’apparenza casuali ma inevitabili. Questo primo numero lascia diversi spunti di riflessione ma anche tanti interrogativi che, possiamo avere la certezza, verranno risolti nei prossimi episodi.

Al momento siamo al fine primo tempo, ma affrettatevi a rimediare la lettura e ad accomodarvi per la seconda parte: “Non lasciarmi” sarà in edicola dal 19 novembre.

Recensione: “Pioggia di primavera” di Paolina Baruchello e Andrea Rivola


« Il movimento era armonioso e nello stesso tempo deciso. Shun Mei riaprì gli occhi. Le lacrime si erano fermate. Aveva raggiunto la concentrazione. Stava praticando il Kung fu.»

Chun Yu ama lasciarsi trasportare in altri mondi dalla sua fantasia. Così, affronta la vita di tutti i giorni. Poi sua madre si ammala e viene mandata a vivere dallo zio Tang Tai, che accoglie la nipote con gioia ed emozione.
Ma il figlio del signore del villaggio, Wong la Tigre, vuole prenderla con sé con la prepotenza e fare di lei la sua sposa.
Quando per la ragazza sembra che ormai il destino sembra segnato, entra nella locanda dello zio Shun Mei, monaca guerriera del tempio di Tian Shan. Non solo la donna è intenzionata a difendere Chun Yu, ma la inizierà all’antica pratica del Kung fu, affinché possa imparare a difendersi e lottare da sola per la propria libertà.
Il cammino è difficile e la fatica si fa sentire ad ogni movimento dei muscoli, ma Chun Yu non si arrende e per diventare la guerriera che ha sempre solo sognato di essere è pronta ad affrontare il duro allenamento della sua severa maestra.
Per descrivere questa storia non servono molte parole. L’atmosfera che si respira è tesa ma viene equilibrata dalla leggerezza e semplicità che il tratto di Andrea Rivola sa trasmettere.
Direttamente dall’Italia, una nuova favola, delicata come la pioggia di primavera, si unisce alla tradizione delle storie orientali.

Recensione: “Nick Banana – Gli anni segreti” di Nicolò “Nebo” Zuliani e Michele Monteleone

« Guardi, mentre lei decide se il coso è più simile a un cane di un leghista ci porta tre medie chiare e tre margherite, che tanto i menù di una pizzeria sono come una scheda elettorale, è inutile guardarli, alla fine scegli sempre la stessa roba. »

Copertina disegnata da:
Lorenzo “LRNZ” Ceccotti
Questo è Nick Banana. Lui sa chi sei, probabilmente sa di te più di quanto tu non sappia di te stesso. Nick è la teoria dei complotti globali a cui tanto sei attaccato, si nasconde dietro alle notizie sulle medicine alternative di cui sei ciecamente convinto ed è la vocina interiore che ti sussurra all’orecchio di condividere tutte le cazzate che pubblicano in giro, senza informarti davvero e inneggiando alla rivoluzione.
Ora, a 54 anni, Nick è un uomo pentito e solo.
Mentre ripensa a tutto ciò che ha perso per inseguire il suo lavoro, viene contattato dal Partito Confuso, capitanato dagli Smorty, per un importante compito: aiutarli a sconfiggere il Movimento 5 Stalle di Beppe Grullo, sempre più in ribalta.
Per portare a termine la missione, Nick sceglie “Quello giovane”, “Il venditore di pentole”, il sindaco di Firenze Matteo Benzi. Il cammino verso la nascita di un leader è lungo e faticoso, fatto di prove alla Arancia Meccanica, e lotte nel Tempio della Merda. Tutto, pur di eliminare l’ottusità, lasciando il posto al bene più prezioso: l’onestà.

Disegni di Daniele Di Nicuolo
Riuscirà il nostro eroe nell’impresa?
Chi già conosce e segue Nicolò Zuliani, sa bene di trovarsi di fronte ad una graphic novel ricca di divertimento e ironia, ma che non si fa problemi ad essere al tempo stesso diretta, cinica e spietata. La forza di Nebo sta proprio in questo: avere una satira senza peli sulla lingua, senza troppi giri di parole, che condanna la mediocrità e l’ipocrisia con sincerità e decisione, fregandosene dei giudizi e dipingendo il quadro del nostro paese così com’è: drammaticamente ignorante.
Il fumetto è l’apice della realizzazione di tutto questo: basti vedere la scelta “non del tutto casuale” dei nomi, il linguaggio utilizzato e le citazioni infallibili ad opere cinematografiche.
Chi invece ancora non lo conosce… si affretti a comprare il suo fumetto. E si faccia un bel giro sul blog Bagni Proeliator, perché è da lì che tutto ha avuto origine. 
Sarebbe bello essere informati sempre, sulle origini di ogni cosa.