Recensione: “Hai conquistato ogni parte di me” di Alessandra Paoloni

« Accetta quello che ti viene offerto e fallo con un sorriso. Al resto pensa la vita. »


Nicoletta Catullo si definisce così: laureata con lode in giornalismo, scrittrice mancata e penna fidata di «Ab Urbe Condita».

Quando il direttore del settimanale per cui lavora le affida il compito di intervistare gli attori della nuova fiction italiana sulla famiglia Borgia, la donna sa di avere un’opportunità imperdibile per dimostrare il proprio talento. Sembra avere la situazione sotto controllo, fin quando sul set non fa la conoscenza di Luke Grady, l’interprete di Cesare Borgia.
Affascinante quanto sicuro di sé, l’uomo è cosciente della sua presa sul genere femminile, tanto da diventare noto alle testate giornalistiche di gossip più famose. Ma Luke è ancora un piccolo astro, da poco entrato nel mondo privilegiato delle vere stars. Attirato dall’indifferenza manifestata dalla giornalista nei suoi confronti, l’attore decide di attuare una mossa di marketing ed ingaggiare proprio lei come finta fidanzata fino alla fine delle riprese della serie tv, confidando che questa mossa possa giovare alla propria popolarità e carriera.
Messa alle strette e convinta con l’inganno, Nicol firma il contratto e si prepara ai cambiamenti che inevitabilmente sconvolgeranno la sua vita.
Quanto può essere sottile il confine tra finzione e realtà?

Probabilmente ora farò la figura della sadica, ma quando sono arrivata al punto di scoprire di questo contratto non ho potuto fare altro che ridere, divertita.
Anziché trovarmi di fronte ad un romanzo rosa dai toni seri e drammatici, un genere a me lontano come gusti personali, il libro di Alessandra Paoloni ha saputo sorprendermi, offrendo una storia frizzante ed esilarante, con un linguaggio semplice ma uno stile scorrevole.

Già in passato ho avuto modo di leggere altro dell’autrice: il fantasy “La discendente di Tiepole” e l’erotico “È te che aspettavo” mostrano differenti sfaccettature di una scrittrice talentuosa e in grado di giostrarsi bene in differenti generi.
“Hai conquistato ogni parte di me”, edito dalla Newton Compton Editori, ne è l’ennesima prova.

Potete acquistare il libro in formato ebook dal 14 marzo, direttamente sul sito della casa editrice oppure seguendo questo link ad Amazon.

Grazie ad Alessandra per avermi dato l’opportunità di leggere in anteprima la sua opera.

Recensione: “Shinigami&Cupcake” di Francesca Angelinelli

« Il fumo si avvolse in volute attorno al suo corpo, diradandosi lentamente, fino a esplodere in una nube grigia simile a nebbia, da cui uscì una creatura dalla forma umana, ma con immense ali, simili a quelle di un pipistrello, sulla schiena, il volto di un demone, con lunghe zanne e segni simili a tatuaggi neri sulla pelle grigia della guancia sinistra, e mani, armate di artigli, che stringevano una falce che risplendeva di riflessi argentei. 
Uno Shinigami” mormorò allora Minami, sentendo il cuore che accelerava fino quasi a fermarsi e la testa che le girava, mentre le gambe, infine, le cedevano. »


Cosa accomuna gli Shinigami e i cupcake?
Questa è stata la prima domanda che mi sono posta quando l’autrice Francesca Angelinelli mi ha proposto di leggere la sua ultima fatica, un libro fantasy ambientato nella Tokyo contemporanea.
Lo shinigami, divinità che simboleggia la morte nella mitologia giapponese e i cupcake, deliziosi dolcetti americani, potrebbero davvero avere nulla in comune.
Così come i due protagonisti del libro, Minami e Shin, che fin dal loro primo incontro desiderano non avere l’una a che fare con l’altro.
Ma Minami, oltre che aspirante pasticcera, è una miko (definizione anticamente utilizzata per le sacerdotesse in grado di entrare in contatto con Dio); comunica con i fantasmi e finisce per trasferirsi nell’appartamento di Yurie, da poco deceduta e determinata a trovare il proprio assassino prima di passare oltre.
Ma le morti iniziano ad essere frequenti e tutte apparentemente legate dallo stesso filo conduttore.
La ragazza sarà, pertanto, costretta a prendere reale coscienza delle sue abilità e ad intraprendere un’indagine che la porterà a mettere in discussione non solo i rapporti stretti con chi le sta intorno, ma anche ricordi passati rimasti indelebili nella sua mente.
Ogni personaggio presentato è ben descritto e non mancano i colpi di scena, in grado di ribaltare totalmente delle situazioni solo superficialmente chiare.
L’amore può essere dolce come un pasticcino, ma con un retrogusto unico e particolare se accostato alla morte.
L’atmosfera della mitologia del Giappone è palpabile durante tutta la storia, che rimane godibile e avvincente fino al suo epilogo. Divertenti i riferimenti agli anime sparsi qua e la. 
Da amante dell’Oriente quale sono, non ho avuto difficoltà a stare al passo con la ricca terminologia specifica. Ma la scrittrice, intelligentemente, ha inserito alla fine del libro un glossario completo ed esauriente per fare in modo che tutti potessero apprezzare l’opera.
La caratterizzazione di Minami è probabilmente l’elemento che più mi è piaciuto: impacciata e timida da un lato, ma coraggiosa e determinata (e testarda) nel momento del pericolo.
Non ci sono situazioni da classico in cui il principe salva la principessa, ma è la principessa a salvarsi da sola e a tirare fuori dai guai il principe. 
Caratteristica non più così tanto originale, ma comunque da non sottovalutare. Sicuramente può essere solo un bene leggere sempre più storie in cui la donna è in grado di essere indipendente nonostante sia innamorata e abbia un uomo forte al suo fianco. Chi vuole intendere, intenda.
Adorabile l’idea di presentare, su fogli scritti a mano e scansionati, le ricette dei cupcake preparati dalla protagonista. 
Sono una frana ai fornelli, ma devo assolutamente provare a cucinarli.




Recensione: “Kubo e la spada magica” di Travis Knight

« Non battete ciglio, da ora. Prestate attenzione a quello che vedrete e ascolterete, per quanto strano e insolito a voi sembri. In più, vi avverto: se vi muovete, se guardate altrove, se dimenticate una parte del racconto, anche per un istante, il nostro eroe di sicuro perirà. »



Fin dai primi teaser rilasciati nel 2015, ero certa che questa storia mi avrebbe conquistata.
Così è stato.
“Kubo e la spada magica”, uscito in Italia il 3 novembre 2016, è un film d’animazione prodotto da Laika, lo stesso studio che ha creato i film di “Coraline e la porta magica”, “ParaNorman” e “Boxtrolls – Le scatole magiche”.
Travis Knight tesse una narrazione fatta di magia, tradizione e amore che ha ampiamente meritato i numerosi premi vinti e la nomination come miglior film d’animazione agli Oscar 2017 (quest’anno sarà una dura lotta, me lo sento).
Kubo è un dolce bambino che passa le giornate portando gioia e allegria nel paese vicino cui abita: ha la capacità di raccontare storie grazie alla musica del suo shamisen e agli origami animati magicamente. Vive in una grotta a ridosso di uno strapiombo insieme alla madre, che a causa di eventi e ricordi passati trascorre i giorni in silenzio, dando qualche segno di lucidità solo alla sera prima di addormentarsi. Ella, infatti, è una donna forte e dai poteri straordinari, ma distrutta dal dolore per la perdita del marito e la persecuzione del padre, il quale ha scagliato contro di loro le sue due sorelle determinate a ritrovarli, ad ogni costo.
La storia che il ragazzo narra ogni giorno al suo villaggio parla proprio di suo padre: il potente samurai Hanzo; ma è una storia che non riesce mai a concludere perché, prima che cali il buio, sa di dover correre a casa. Quando una sera s’attarda, Kubo si scontra con i suoi nemici ed è costretto a rivestire i panni del protagonista di quella stessa storia a lungo portata avanti.
Nel suo viaggio, fisico ma anche di formazione, sarà accompagnato da una scimmia severa ma protettiva e da Scarabeo, guerriero maledetto alla ricerca del suo sé.
Molteplici sono i temi che vengono affrontati nel film. Il più importante è sicuramente quello del valore della famiglia e della potenza dei ricordi, affiancato dalla solitudine e dal lutto; il dramma, però, viene trasmesso in modo delicato e romantico, dal punto di vista di un bambino che nella sua innocenza si sforza di vedere tutto per il meglio: “Sono felice, ma potrei esserlo di più”, “Questa è una bella storia, ma potrebbe essere migliore”.

L’elemento del Giappone feudale è perfetto per l’atmosfera del film: dà un tocco magico unico nel suo genere, rimanendo fedele alla cultura orientale. I colori dei paesaggi e degli eleganti kimono indossati incantano gli occhi e fanno rimanere letteralmente a bocca aperta.

La perfezione dell’ambiente si scontra con un altro tema: l’imperfezione terrena a confronto del mondo spiritico e la comprensione che per arrivare a nuova vita bisogna passare prima dalla morte, in tutti i sensi interpretabili.
Ho apprezzato molto che i personaggi che fanno da spalla a Kubo non fossero i classici pupazzi messi lì per far ridere il pubblico più giovane con battute, molto spesso inappropriate e detestabili. Anzi, Scimmia e Scarabeo hanno un ruolo chiave nella crescita del protagonista e rappresentano il simbolo di ciò che gli manca, ma che ha sempre desiderato.
Una chicca graditissima è presente nei titoli di coda: il filmato della lavorazione del demone scheletro in stop-motion, tecnica utilizzata per tutti i film della Laika.
La canzone finale di sottofondo è “While my guitar gently weeps” dei The Beatles, cantata per l’occasione dalla meravigliosa Regina Spektor.
 

#OTTER VALENTINE – Day 7 – “In cinque lettere: amore” di AAVV

« Si è reso conto della bramosia collettiva di senso interiore e, con lungimiranza, ci ha adescati con una falsa promessa di parole. Perché tutto si può, con le parole. Con le parole possiamo esaudire persino i desideri più ardenti. »

Ed eccoci arrivati alla fine del percorso, non potevo non citare un libro.

“In cinque lettere: amore” è un’antologia di lettere d’amore composte da quaranta tra gli scrittori più influenti degli ultimi anni (tra cui Neil Gaiman, Ursula K. Le Guin, Tessa Brown), invitati a raccontare il potere dell’amore per loro.
La lettera è un mezzo di comunicazione che ormai non viene più utilizzato, ma che ha il suo fascino e richiama un tempo lontano. Quante lettere d’amore saranno andate perse nel corso dei secoli, quanti amori non saranno sbocciati, quante strade invece sono riuscite ad unire, quanti rapporti ha reso duraturi.
Magari obsoleta, ma in grado di conservare i ricordi legati alle parole. Non solo, il profumo, una lacrima sfuggita, lo stile di scrittura stesso si trasferiscono sulla carta e donano a chi riceve una parte del mittente, lontano o vicino che sia.
In questa antologia ci sono testi malinconici, appassionati, divertenti, talvolta dai toni indignati. L’amore ha diverse sfaccettature, visibili chiaramente nel libro anche se non in tutti casi in maniera del tutto soddisfacente.
Nasce, però, la spontanea volontà di comunicare qualcosa a qualcuno. A quel qualcuno con cui passeremo la giornata di S. Valentino e tutte quelle a venire, oppure a quel qualcuno lontano, ma che ha un posto comunque speciale nel cuore.
Il messaggio finale è certamente chiaro: essere innamorati è bello, in ogni caso. Anche se le relazioni finiscono, l’amore è appagante. Che ci sia una festa oppure no, che gli amanti decidano di festeggiarsi, che le arti di ogni tipo lo celebrino o meno, ciò che importa è non dimenticarsi mai del suo valore.

#OTTER VALENTINE – Day 6 – “Your Name.” di Makoto Shinkai

« Non ne posso più di questa città! Non ne posso più di questa vita! Ti prego, nella prossima vita fammi rinascere come un bellissimo ragazzo di Tokyo! »


Non poteva mancare, giunti a questo punto, un film d’animazione assolutamente consigliato, un buon motivo per passare la serata di S. Valentino al cinema: se ancora non avete visto “Your Name.” di Makoto Shinkai avrete un’ultima possibilità, Martedì 14 Febbraio, per gustarvelo sul grande schermo e passare una buona serata in compagnia di chi più amate.
Dopo gli incassi da record al botteghino giapponese, l’artista è riuscito a conquistare il mondo con la sua ultima fatica, una storia emozionante ed incredibile che saprà intrattenervi fino all’ultimo secondo.
Mitsuha e Taki non si conoscono: vivono vite differenti, chi in mezzo alle montagne e chi immerso nella metropoli di Tokyo. 
Una cosa però li accomuna: il ricordo della visione di una cometa e degli strani sogni. Ben presto si rendono conto che l’esperienza onirica è ben altro che astratta; ogni giorno, alternandosi, si svegliano l’uno nel corpo dell’altra, scambiandosi le vite e mantenendosi in contatto tramite un diario sui rispettivi cellulari.
Inizialmente vivono la cosa come un’avventura, un gioco, uno scherzo. Ma la vicenda diventa sempre più profonda e complessa fino alla rivelazione di un mistero rimasto nascosto nel tempo.

Non credo di dover aggiungere altro della trama, per non rischiare di rovinare involontariamente i colpi di scena che si susseguiranno.

Grazie alla pellicola, Shinkai mostra al pubblico diversi spaccati della cultura nipponica, dalle credenze popolari, alla filosofia di vita, al modo in cui viene affrontato il dolore per un’esperienza catastrofica.
Giunto al suo quinto film, l’autore gioca con i contrasti senza mai perdere per questo il controllo, anzi, intrecciando e scomponendo la trama in maniera abile ed efficace accompagnando il tutto con delle vedute paesaggistiche da lasciare senza fiato.
IL ROMANTICISMO DI MAKOTO SHINKAI


Il rombo del tuono
nel cielo nuvoloso
forse pioverà
e, quando accadrà
resterai con me?

da: “Il giardino delle parole”



Se avete apprezzato “Your Name.” allora la visione di tutta la sua filmografia è d’obbligo. Anzi, se riusciste a recuperarla prima di vedere quest’ultimo film, sappiate che potreste cogliere delle sfumature e dei dettagli che vi lasceranno a bocca aperta.
“Lei e il gatto”.
Cortometraggio vincitore di
diversi premi internazionali

Ogni trama ha come elemento comune l’amore adolescenziale e le difficoltà che ogni rapporto, di norma, comporta.

Ma il simbolo che contraddistingue Shinkai non è qualcosa che ci si può aspettare, né tanto meno accettare: che sia l’età ad essere la distanza o i chilometri fisici tra un paese e l’altro, lo sconforto provato rimane immutabile. Aleggia nell’aria sempre una malinconia che non riesce a tramutarsi in felicità, non completamente almeno. Quando succedono cose tristi non esiste nulla per riparare a ciò che è successo, è una verità irreversibile che rende triste lo spettatore. I protagonisti camminano verso una soluzione, anche se questa non è quella che inizialmente prospettavano e gli eventi hanno un risvolto che non è quello anelato dal pubblico, ovvero un lieto fine totalmente positivo.
Lo spettatore è in grado di rispecchiarsi nelle diverse situazioni rappresentate, che siano queste ipotetiche, che siano presenti, che siano solo dei ricordi che riemergono.

“Viaggio verso Agartha” e “Il giardino delle parole” sono solo due delle opere passate che più meritano. Non dimenticherò mai, ad esempio, le sensazioni che “5cm. per second” mi ha lasciato. E le lacrime, anche quelle non posso scordare.

Sono tutte storie cariche di emotività e malinconia, ma avvolte dal mistero e da quel po’ di magia che le rende uniche e meravigliose.
Se ancora avevate dubbi sulla qualità dell’animazione giapponese, lasciatevi incantare da questo autore, che con semplicità e dolcezza saprà farvi passare godibili ore, che siate in compagnia o meno.