“Le bugie della nostra vita” non è un libro facile da affrontare, specie sapendo che viene trattata la vita dell’autore dal suo personale punto di vista.
La vita di Mikita non è mai stata semplice, a cominciare dalla perdita della madre a soli cinque anni. Vissuto in Kazakistan, ex territorio sovietico, ha conosciuto una realtà ben diversa dalla sua. Dopo questo tragico evento rimane da solo, abbandonato da un padre che mai l’ha riconosciuto come figlio. Chi si fa avanti è lo zio, Slava, che lo accudisce e lo risolleva dalla morte della sorella perduta.
Mikita cresce con lui, in un contesto famigliare omosessuale in uno stato in cui, tra le tante cose, questo orientamento non è accettato. Il ragazzo fa fatica ad accettare la sua condizione, quella di avere due papà e dover nascondere questo a chi è esterno. La sua innocenza di bambino commuove e fa sorridere, tutto il contrario dell’adolescente che presto diventerà. La sofferenza non è mai sparita e a questo si aggiunge l’incapacità di riconoscersi nel mondo e potersi esprimere liberamente.
La depressione è solo una delle conseguenze a cui deve fare fronte, costantemente circondato dall’amore della sua famiglia. Ma in uno specifico momento della sua vita è stato talmente accecato dal dolore da non riuscire a vedere nemmeno quella luce. La sua storia fa male al lettore, che si sente vicino a lui nonostante la lontananza culturale e geografica. Vorrei solo che, come questo libro può insegnare qualcosa a chi lo legge, possa essere stato utile anche per chi lo ha scritto.