Review Party: Recensione di “Il gatto e la bambina del ghetto” di Mala Kacenberg

Mala Kacemberg ha visto degli orrori indicibili nel corso della sua infanzia. Essere ebrei tra gli anni ’30 e ’40 è una condizione di vita crudele e condannata, proprio come tutta la sua famiglia deportata nei campi di sterminio. Solo una luce di speranza le rimane: il suo gatto Malach, che come un angelo custode veglia su di lei. Insieme cercheranno di sfuggire alla furia nazista e aggrapparsi a un futuro buio e sconosciuto.

Come è facile intuire, ci troviamo davanti a un romanzo autobiografico ambientato durante la seconda guerra mondiale. Abbiamo una sola certezza: Mala è sopravvissuta e ha avuto modo di raccontare la sua storia. Una vicenda tra le più difficili da affrontare, ma come sempre scavare in quei ricordi ci aiuta a non dimenticare mai quanto capitato.

Tra le pagine, che compongono l’arco di sei anni di fuga, è palpabile la rabbia provata dalla ragazzina nei confronti delle SS. Sono agghiaccianti gli episodi a cui assiste e scioccanti le difficoltà che deve superare giorno dopo giorno. Oltre alla sua, si fa strada una voce insolita per l’argomento: quella del gatto Malach, l’unico che ha potuto rimanerle accanto.

In mezzo alla violenza e all’ingiustizia, Mala dovrà affidarsi alle sue sole forze e a quei pochi che decideranno di aiutarla con un pasto caldo. Non si fiderà mai del tutto di nessuno, non è un lusso che può permettersi. Nel corso della vicenda, lei si troverà a rinnegare di essere ebrea e a fingersi cristiana per avere salva la vita. La guerra la costringe a crescere e, proprio per questo, il suo punto di vista risulta estremamente maturo.

Questo non è un romanzo delicato, nonostante la presenza del piccolo felino che si finisce per amare. Da senz’altro ai lettori la possibilità di assistere a quegli anni con un punto di vista diverso e autentico, attraverso gli occhi di chi ha impresso nella mente la sua vita per poterla successivamente raccontare.

Mala ci trasmette l’innocenza data dall’età, ma anche e soprattutto il coraggio e la determinazione che l’hanno sempre caratterizzata. Il suo essere diretta traspare dallo stile di scrittura adottato per il libro. Sembra quasi di sentirla parlare e non si può rimanere indifferenti. La sua testimonianza è ciò che di più prezioso resta della sua vita, vissuta fino all’età di novant’anni in compagnia del marito e dei figli.

Sarà sempre una fortuna poter leggere storie come questa, seppur dolorose e strazianti. Ma è necessario.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *