Recensione: “Io codardo guardavo il cielo” di Misumi Kubo

“Io codardo guardavo il cielo” è un’esamina puntuale del pregiudizio sociale, nell’inconfondibile stile di una penna giapponese. Dai rapporti sessuali in cosplay, alla differenza di età e molto altro. Le storie che s’intrecciano tra le pagine sembrano staccate tra loro ma in realtà tutte cercano di sostenersi a vicenda.

I lettori osservano con attenzione le vicende di Satomi, Takumi e tutti gli altri cercando di comprendere le motivazioni che li spinge ad agire in un certo modo, rimanendo colpiti quando queste sorgono a galla. Il pregiudizio è un morbo infettante che oscura le menti delle persone. Quante guerre si basano proprio su questo?

Solo chi vuole davvero andare oltre le apparenze riesce a comprendere il quadro generale delle singole situazioni. Nel libro assistiamo a vicende tra loro differenti, con tematiche importanti affrontate però senza pesantezza. Anzi, si rimane colpiti da un senso di dolcezza che spinge a volersi prendere cura dei protagonisti.

La via più facile non sempre è quella più giusta e il lavoro che loro devono fare su sé stessi e i propri desideri è arduo. Ci si ritrova costantemente a un bivio e spesso accettare le scelte degli altri non è affatto scontato. Le imperfezioni sono ciò che rendono speciali i personaggi e fanno in modo di insegnare qualcosa a chi li sta osservando.

Misumi Kubo giunge a noi con un romanzo coinvolgente e controverso, specie per la letteratura giapponese. La sua storia diventa indimenticabile e sinceramente raccomandata.

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