Review Party: Recensione di “Le strade del male” di Donald Ray Pollock

Il male può nascere anche dalle più piccole e imprevedibili cose. Quando però il seme è piantato, s’insidia nell’ambiente in modo crudele, fino a piantarsi nella mente dell’uomo, anche quello che in apparenza è il meno corruttibile.

Questa è la trama generale del romano di Pollock, che va scoperto pagina dopo pagina per capirne il reale significato. L’oscura spirale in cui il lettore entra è inquietante e drammatica e ha come protagonista il male stesso in tutta la sua cupezza. I personaggi che ne vengono toccati sono solo figuranti inermi di fronte a un disegno più grande e inevitabile.

L’autore ha uno stile di scrittura molto particolare, che trattiene nonostante l’aspetto descrittivo e colpisce nel punto giusto al momento giusto. Non è una lettura leggera, piuttosto un impegno nei confronti dei propri stessi sentimenti, che vengono messi in discussione di fronte alle situazioni più raccapriccianti che si possono incontrare.

Tasselli apparentemente indipendenti si uniscono a creare un quadro generale maledettamente logico, che apre e chiude un cerchio in modo perfetto e sensato. Pollock insegna che non esistono eroi o cattivi perché chiunque può ricoprire un ruolo o l’altro a seconda della situazione. Per questo le strade del male sono apparentemente infinite, così come i modi in cui può circuire anche il più innocente e insospettabile.

Un romanzo così fondamentale nella cultura letteraria che va letto assolutamente, almeno una volta nella vita. Un libro che definisco in qualche modo un classico della letteratura contemporanea, che insegna del mondo molto più di quanto si possa ammettere.

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