Review Party: Recensione di “Murderbot. I diari della macchina assassina” di Martha Wells

In un futuro lontano, il genere umano si è evoluto, conquistando altri pianeti e convivendo con altre forme di vita, come cyborg, androidi e robot. Per preservare quanto creato si è però dovuti giungere a dei sacrifici, come la personale libertà in favore di una sicurezza totale. Vengono così create le SecUnit, unità robotiche ma dotate di intelligenza che hanno il compito di sorvegliare e fare in modo che i propri clienti tornino incolumi dalle missioni interplanetarie.

Murderbot è una di queste, una macchina assassina che, in modo indipendente e silente, è riuscita a prendere il controllo del suo sistema interno. Nonostante ciò, per salvare le apparenze lei continua a eseguire gli ordini, affossando i dispiaceri in interessi come film, serie tv, giochi, musica e libri. Passioni molto più interessanti delle mansioni per cui è stata creata e che la porteranno lentamente a porsi domande esistenziali, le stesse che spesso tormentano il sonno degli esseri umani.

L’opera di Martha Wells ha come punto di forza primario la capacità di calamitare l’attenzione della storia attraverso un punto di vista in prima persona che coinvolge anziché stancare, come facilmente può capitare nei libri. La caratterizzazione di Murderbot, però, è così tanto interessante da indagare che il lettore non può fare a meno di continuare con la lettura e capire come si evolverà la sua situazione. Ci sono molti riferimenti alla cultura pop che mi hanno strappato un sorriso e che si insediano perfettamente nell’ambientazione, risaltando lo studio dell’autrice per il romanzo. Nel corso degli attuali quattro episodi contenuti nel libro, Murderbot affronterà situazioni più umane di quanto possa pensare, colpendo il lettore per le sue reazioni e il suo pensiero sempre in evoluzione. L’ambientazione è molto dettagliata e sprona a volerne sapere sempre di più, come se si potesse esplorare ogni anfratto insieme alle squadre che partono per lunghi viaggi. Martha Wells vuole porre una delle domande più classiche della fantascienza: quanto di umano può esserci nelle macchine? Lo fa offrendo una storia che intrattiene e si fa apprezzare dagli amanti del genere, avvicinando anche chi si è sempre frenato: “Murderbot” è infatti un’opera nel complesso più semplice di altri capisaldi della fantascienza, che può diventare un buon punto di partenza essendo un libro meritevole e di qualità.

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