In un giorno apparentemente calmo e in clima di festa, una donna bussa alla porta di Sergio e Giovanna. Non conoscono niente di lei, se non che scoprono che si chiama Elsa e in passato ha abitato in quella stessa casa. Porta con sé nient’altro che una serie di lettere, descrizione di una vita passata fatta di avventure, gioie e dolori.
Sono proprio questi che iniziano a inquietare i due proprietari, che si ritrovano lentamente a scavare in un passato che non appartiene loro per far emergere un segreto nascosto tra le parole scritte su carta.
Mi trovo per la prima volta ad affrontare Ozpetek non come regista ma come scrittore. Non che questo mi potesse mettere dubbi sulla qualità di “Come un respiro”, che si è fin da subito rivelato un libro magistralmente orchestrato, dove nulla è come sembra e si ha costantemente la sensazione di non aver ancora toccato il fondo con le bassezze che man mano si spiegano tra i capitoli.
Protagonisti assoluti sono i sentimenti delle persone, tanto intensi da fuoriuscire dalle pagine e sfiorare la pelle del lettore, incredibilmente affascinato e al tempo stesso impaurito da ciò che troverà all’interno di quelle lettere. Elsa è una donna enigmatica e misteriosa, scappata dall’Italia e dall’amata sorella per questioni tutt’altro che puerili. Diventa difficile accettare certe decisioni come non giustificarne delle altre, ma è proprio tutto questo che fa della donna ciò che è, così come più in generale è la formazione di un essere umano. Obiettivi fondamentali tanto da accecare diventano nulla al cospetto dello scorrere del tempo, trasformandoli da grandi intenti a condizioni di cui a malapena si ricorda la causa. Diventa invece una priorità fare i conti con il passato, per accettare le verità nascoste e convivere con sé stessi nel presente.
Certi avvenimenti sono inaccettabili quando vengono raccontati e soprattutto quando si è consapevoli che questi sono accaduti davvero. Lo stile di Ozpetek trascina verso l’ignoto e lascia che chi legge si perda tra le pagine, ne rimanga colpito fino a perdersi e ne riemerga solo alla fine, quando tutto è incompiuto e l’inevitabile non può più farsi attendere.