Review Party: Recensione di “La Nona Casa” di Leigh Bardugo

Alex Stern ha un dono: poter vedere i fantasmi che ci circondano. Ma è davvero con questo termine che può definire le sue particolari capacità? Con un passato tutto da dimenticare, la ragazza si trova a voler ricominciare e lo fa grazie all’opportunità che le viene concessa con una borsa di studio per frequentare la famosa università di Yale. In cambio, le basterà semplicemente controllare le attività occulte legate alle società segrete che popolano il luogo. Facile, no?
Tra droghe limitanti, fenomeni paranormali e misteriosi omicidi, Alex dovrà lottare per tenere fede al patto fatto con la Lethe e fare finalmente chiarezza su ciò che si cela nei suoi ricordi e che rischia, ora più che mai, di tornare minaccioso in superficie.

Leigh Bardugo torna nelle librerie italiane con un’opera che si distacca totalmente dalle atmosfere fantastiche del suo Grishaverse, approcciandosi a un ambiente cupo e terrificante, che fa crescere nel lettore tutta una serie di domande riguardanti al mondo che Alex si trova ad affrontare.
La prima parte del libro potrebbe risultare molto lenta e pesante, ma è assolutamente necessaria per poter apprezzare appieno la seconda parte, più dinamica e ricca di eventi che non mancano di lasciare senza fiato.
Sarà sicuramente un’opinione impopolare, ma in “La Nona Casa” ho trovato una maggiore maturità della scrittrice rispetto alla sua serie più popolare, sia dal punto di vista della gestione della storia che nella cura dei tempi di narrazione. L’ambientazione, tra il gotico e l’horror, mi ha ricordato le sensazioni provate guardando le prime stagioni della serie tv “Supernatural”, che per quanto divertente e leggera da un lato ha offerto nel corso degli anni delle scene drammatiche e al cardiopalma che danno una dimensione più realistica al mondo paranormale rappresentato. Ce li vedo bene i fratelli Winchester a collaborare con Alex in qualche caso crossover.
Oscurità, inquietudine e terrore puro caratterizzano i giorni e le notti dei personaggi, che affrontano l’inspiegabile con le armi di cui sono dotati nel tentativo costante di sfuggire alla morte. Ho trovato in ogni pagina qualcosa su cui dovermi per forza soffermare, tanto affascinanti e curate sono le descrizioni di un mondo complesso e totalmente corrotto.
Porterò avanti sicuramente la lettura di questa nuova serie della Bardugo, sperando che da queste ottime premesse possa esserci uno sviluppo altrettanto sorprendente.

Review Party: Recensione di “Caffè Voltaire” di Laura Campiglio

Giunta alla soglia dei trentacinque anni, Anna Naldini si trova a provare una forte insoddisfazione su tutti i fronti che si trova a valutare. Senza un compagno, un lavoro sicuro e soddisfazioni personali, passa le giornate andando a caccia di nuove notizie da pubblicare per il giornale “La Locomotiva”, che non ci pensa due volte a licenziarla per una svista appena le si presenta l’occasione. Di nuovo a spasso, Anna si butta in una decisione fulminea che la porta a iniziare a collaborare con la rivista concorrente, “I Probi Viri”. Solo quando “La Locomotiva” la richiamerà con sé inizierà per la donna una serie di peripezie e imprevisti che la porteranno non solo a scrivere sotto mentite spoglie per entrambe le testate ma a imbastire un lavoro che la porterà a dire tutto il contrario di tutto. Ma una soluzione la si può sempre trovare, specie con una doverosa bevuta presso il Caffè Voltaire.

Il libro di Laura Campiglio presenta una storia inaspettata, dai toni leggeri ma estremamente curata. Ho adorato lo stile di scrittura tagliente, incisivo e spesso sboccato utilizzato dall’autrice, che non solo caratterizza tutti i personaggi descritti ma dà energia alle vicende, che si susseguono freneticamente una dopo l’altra. Anna in apparenza sembra proprio in balia degli eventi, come se non potesse averne il pieno controllo, trovandosi invischiata in una situazione che può facilmente sfociare nel caos ma che affronta con coraggio anche grazie agli amici e a ciò che rappresenta per lei il suo bar preferito. Così, dà vita alle identità di Voltaire e Rousseau, lottando contro sé stessa per tirar fuori argomenti sempre innovativi per entrambe le testate e riuscendo a mettersi in discussione, scrivendo per l’uno l’opposto dell’altro. Questa è veramente una chiave di lettura interessante per il panorama della comunicazione contemporanea, in cui verità e finzione si autodistruggono in lotte che lasciano spiazzati i fruitori che non sanno più a cosa credere talmente tanti sono gli stimoli esterni. Si può davvero dire tutto il contrario di tutto? Questa opera ne è la prova chiara e viene trasmesso il messaggio senza troppi giri di parole, come una lama che colpisce inaspettata e lascia dietro di sé enormi conseguenze. “Caffè Voltaire” è un romanzo complesso e davvero denso di contenuti, che dilatano i tempi di lettura ma stimolano il lettore verso molteplici riflessioni che vanno oltre la storia in sé, che viene alleggerita dal modo frizzante in cui tutto viene narrato. Laura Campiglio ha affrontato in maniera intelligente e ben calibrata un argomento tosto da eviscerare che scatena potenzialmente infinite opinioni che vanno ad avvalorare la sua tesi: di un fatto si può parlare attraverso molteplici prospettive che combattono tra loro per emergere ma che si annullano, per loro stessa natura, dicendo cose totalmente in contrasto.

Review Party: Recensione di “Electric State” di Simon Stålenhag

In un mondo in cui la società si può collegare alla realtà virtuale, una giovane ragazza e un robot giallo si affiancano l’un l’altro in quello che parrebbe a tutti gli effetti essere un viaggio. Di fronte a loro si espande una realtà totalmente in degrado, tra coltri di polvere e ammassi di ferro e metallo sparsi al suolo. Con il loro avanzare, l’ambiente muta e perisce, sotto il peso dell’inaridimento e delle risorse prosciugate. Metafora di una civiltà sull’orlo della fine che non ha più cura per nulla se non per il proprio tornaconto personale.Come capitato con “Loop”, la cui opera è stata anche trasposta in una notevole serie tv, Simon Stålenhag mette la firma su una nuova ipnotizzante opera, caratterizzata da scenari tanto affascinanti quanto moralmente pesanti. Ogni tavola è studiata con un’accuratezza estrema, che si può osservare sia nei panorami che nei soggetti in primo piano, visivamente essenziali ma carichi di vita propria. Analizzando le immagini non si può non rimanere assordati dal silenzio opprimente da cui sono caratterizzate, come se i personaggi fossero rimasti fissi in quell’istante o si stessero muovendo così lentamente da risultare impercettibile. Alberga una quiete sacra, che al contempo trasmette irrequietezza, tensione e trasformandosi in attesa, di qualcosa che deve di certo avvenire l’istante dopo aver chiuso la palpebra. Questo è dato anche dall’utilizzo di colori prevalentemente cupi, illuminati però dai giochi di luce, naturale e artificiale, che contribuiscono a dare quel poco che basta di respiro all’insieme. I grandi mostri di metallo emergono dallo sfondo impressionando per il cambiamento tecnologico che guarda al futuro ma calati in un contesto primitivo che richiama il passato. Questo è dato dal progresso, che ha sempre più spinto l’umanità a calarsi nel virtuale con la conseguenza che anche quel poco di cura per l’ambiente esterno è venuto totalmente meno.
Se in “Loop” sono presenti storie molto brevi, quasi accennate, in “Electric State” la trama è unica, lineare e gioca un ruolo più importante che va a equilibrare il valore visionario dell’autore, dando alla vista e all’immaginazione continuità e un maggiore significato. Non esistono più occhi in cui riflettersi, se non in quelli metallici e spenti dei droni ammassati qua e là in un intreccio di circuiti che li fa sembrare ancora più terrificanti.
La storia della protagonista è lunga e intensa, il linguaggio utilizzato le dona forza e energia in contrasto con gli avvenimenti che man mano narra. Ho trovato davvero interessante seguirla e capire dove volesse andare a parare con il suo racconto.

“Electric State” è un’opera fantascientifica degna di essere letta e un’esperienza artistica che deve essere vissuta sulla propria pelle. L’arte di Stålenhag mi è entrata ormai nel cuore per il tratto distintivo e la capacità di incantare attraverso l’essenziale arrivando fin nel profondo.

Recensione: “Il mistero dello Stradivari scomparso” di Millie Oliver

Spinta dalla grande passione ereditata dal padre e dal nonno, Maggie Scoop trascorre la sua giovinezza alla ricerca di un caso investigativo da risolvere e di cui poter pubblicare la notizia su un giornale. Per seguire il proprio sogno finisce nella Talents Academy di Londra, dove inaspettatamente le si presenterà la più grande delle occasioni: chi si nasconde dietro al furto dello Stradivari appartenente alla sua insegnante?

Con questa nuova pubblicazione, la Segreti in Giallo Edizioni si apre al mercato della narrativa per giovani, e lo fa attraverso un’autrice che con uno stile semplice e scorrevole sa arrivare dritta al punto. Complici l’età della protagonista e la caratterizzazione dei personaggi e dell’ambiente circostante, l’opera ci Millie Oliver si fa strada nella mente del lettore offrendo una storia originale e intrigante, arricchita da illustrazioni che incorniciano i vari capitoli.
Da adulta ho saputo apprezzare questo libro e sono certa che i bambini e i pre-adolescenti potrebbero rimanere affascinati da una trama che li fa ragionare, conducendoli attraverso l’occhio di Maggie tra ipotesi, fallimenti e successi. La protagonista è solare, grintosa e determinata a raggiungere i propri scopi. Un bell’esempio da emulare.

“Il mistero dello Stradivari scomparso” di Millie Oliver è consigliato come regalo ai propri bambini e nipoti, una lettura da leggere in compagnia che crea un’avventura fantastica attraverso lo sviluppo della deduzione.

Review Party: Recensione di “Winter Sonata” di Angela Contini

Annabelle si è sempre sentita forte e in grado di affrontare qualsiasi difficoltà, perfino il destino che sventurato l’ha condotta orfana verso una vita di degrado all’interno di un bordello. Attaccandosi al suo grande talento per la musica e il piano, ha sempre cercato di scampare a un fato ancora più sciagurato, che la vedrebbe prostituirsi per potere guadagnarsi da vivere. Sarebbe scappata, o peggio morta, piuttosto che seguire quella strada. Il suo cammino incrocia quello del Duca di Langsley Aiden, che per far fede alle ultime volontà della zia decide di prendere con sé la giovane, che la Lady conosceva quando ancora era in vita. Pregiudizievole l’uno nei confronti dell’altra, troveranno subito spinosa la convivenza a palazzo, soprattutto a fronte di una realtà orgogliosa che non vede di buon occhio le origini di Annabelle, ma senza conoscerla davvero. Gli intrighi di corte non mancheranno di metterla ancora più in difficoltà e quando inizierà a provare dei sentimenti contrastanti per il Duca cominceranno i veri problemi.

Avevo giusto bisogno di una lettura leggera e “Winter Sonata” è arrivato nel momento migliore. Quando si tratta di romance, più del contemporaneo apprezzo immergermi negli storici, in un’epoca lontana che affascina per gli ambienti, gli usi e i costumi. Ogni dettaglio è apparso davanti ai miei occhi chiaramente grazie al lavoro dell’autrice che ha curato questo aspetto al punto giusto. Lo stile, scorrevole e fresco, trasmette al lettore le emozioni dei personaggi, che si trovano a vivere una situazione di conflitto interiore che li porterà, prima o poi, a lasciarsi finalmente andare. Annabelle e Aiden nascondono tormenti passati che li separano ma al tempo stesso li legano in un modo unico. La società, fatta di apparenze ed etichette, metterà a dura prova la ragazza, incapace di adattarsi alle ingiustizie e a scendere a patti con ciò che non la farebbe stare bene. La donna lotta per sé stessa, per la propria indipendenza ed è pronta a tutto per dimostrare di potersela cavare in un mondo che la vede inferiore e sottomettibile solo perché nata “sesso debole”. Aiden di contro ha sempre vissuto con insegnamenti e precetti rigidi e “giusti” per la sua epoca, ma pur di avvicinarsi a lei e comprenderla è pronto a mettere in discussione tutto e andare contro la sua stessa famiglia. Non solo hanno una forza interiore ma del coraggio da vendere, che sorprenderà entrambi.
Le vicende che si susseguono sono intriganti e sono riuscite a incuriosirmi fino a farmi concludere la lettura; non è una storia con particolari pretese e si fa leggere nel giro di un pomeriggio. Ho trovato la seconda parte troppo poco sviluppata, avrei preferito un maggiore approfondimento della trama da quel punto in poi, nonostante il finale sia piacevole e soddisfacente. Sono davvero felice di aver finalmente conosciuto la penna di Angela Contini e spero di poter recuperare altro da lei scritto.