Review Party: Recensione di “Il figlio dell’italiano” di Rafel Nadal

Nel piccolo paese catalano di Caldes de Malavella vive il giovane Mateu della Mina, colui che viene da tutti soprannominato “Il figlio dell’italiano”. Si dice, infatti, che lui sia figlio di un soldato sopravvissuto a un bombardamento nel ’43 su Roma, uno dei pochi fortunati scampati alla violenza nazista.
Diversi anni dopo e ormai adulto, Mateu decide di intraprendere il viaggio che lo porterà non solo alla scoperta delle sue origini ma anche a contatto con altre famiglie di sopravvissuti, rimasti in vita grazie alla bontà di coloro che hanno avuto il coraggio di dare loro un rifugio.
Con uno stile semplice e scorrevole, Nadal ha creato un’opera letteraria che rende giustizia a uno scorcio dei protagonisti della storia rimasti sempre nell’ombra, perché non hanno compiuto gesta eroiche tanto da diventare memorabili e simboliche. Eppure, se non fosse stato per l’eroismo delle persone che hanno agito nel bene piuttosto che voltare la testa dall’altra parte, probabilmente la guerra avrebbe mietuto molte più vittime.
Mateu si trova in una condizione di vita che gli sta stretta e che non riesce a comprendere davvero, perché privo del coraggio di chiedere a sua madre prima di morire molte più informazioni in merito al suo passato. Quello che intraprende è un viaggio di formazione che saprà cambiarlo e renderlo più cosciente di chi è, nonostante sia già un adulto e il periodo di crescita sia stato già in teoria affrontato. Riesce in questo attraverso l’interazione con uomini e donne che sanno comprenderlo e che aprono il proprio cuore raccontandosi a vicenda, in un confronto che più che essere fatto di parole è costituito da gesti e silenzi, che valgono molto più di qualsiasi cosa detta e toccano con maggiore forza l’anima.
Ogni storia sa trasmettere emozioni intense al lettore, che si ritrova a soffermarsi su ogni persona e riflettere, fino a immedesimarsi e a provare, in qualche modo, ciò che loro hanno provato realmente sulla propria pelle. 
I riferimenti storici e i richiami tipici all’Italia danno un sentore di casa a chi in questo paese ci vive, sentendo proprio questo libro come un elemento che rende la penisola sì un luogo che ha ferito ferito ed è stato ferito ma anche di cui andare orgogliosi per quel briciolo di umanità disseminato di regione in regione.

Review Party: Recensione di “La campana in fondo al lago” di Lars Mytting

« Furono chiamate le Campane Sorelle e producevano un suono d’intensità e profondità ineguagliabili, che si propagava in tutta la valle e risaliva le montagne echeggiando contro le pareti rocciose. »

In un’atmosfera tra il reale e il magico, ha luogo una storia dai tratti delicati e contemporaneamente inquietanti. Una storia che ha a che fare con la vita, la morte e l’unione di due gemelle che porta alla creazione di leggende e profondi precetti. Gunhild e Halfrid, legate nel corpo e nello spirito, in un fisico che le rende un tutt’uno dai fianchi in giù, ben volute dalla famiglia Hekne, ma in sospensione tra il mondo in cui sono nate e quello personale, segreto a tutti.
In loro onore vengono create le Campane Sorelle, forgiate da tutto l’argento che il padre possiede. Vegliano attraverso il loro canto sul villaggio di Butangen, diventando il fulcro di una storia più lontana nel tempo, ma al tempo stesso vicina per il sangue che scorre nelle vene di Astrid, discendente delle due gemelle. Quando al paese giunge il nuovo sacerdote, deciso a eliminare le campane a fronte di una chiesa moderna, la donna farà di tutto per imporsi e ricordare a tutti l’importanza dei valori che le sue antenate hanno saputo trasmettere.

In un clima suggestivo che solo il Nord Europa può infondere, Lars Mytting offre una nuova esperienza di lettura nel suo stile inconfondibile a cavallo tra un piano astrale e terreno che si amalgamano alla perfezione creando un effetto delicato e poetico.
La storia non è frenetica, si prende il tempo di presentarsi a chi legge, con ritmi per nulla serrati, ma necessari a far comprendere il più possibile ogni dettaglio. La lettura è davvero piacevole e sa emozionare attraverso espedienti inaspettati e una protagonista che unisce elementi come il sogno e la forza d’animo, in un mix che non si può non apprezzare.

Review Party: Recensione di: “Non siamo mai stati qui” di Lara Prescott

« Ha iniziato Il dottor Živago quasi dieci anni fa, e, benché abbia fatto molti progressi, ripensa spesso con nostalgia ai giorni in cui l’idea per il romanzo cominciava appena a prendere forma, e le parole sgorgavano da una sorgente ancora vergine dentro di lui. Era l’inizio di un nuovo amore: l’infatuazione, il pensiero fisso, l’ossessione; i personaggi che gli apparivano in sogno, il cuore più leggero a ogni nuova scoperta, ogni frase, ogni immagine. A tratti Boris aveva la sensazione che il suo romanzo fosse l’unica cosa ad averlo tenuto in vita. »

Chi non ha mai sentito parlare de Il dottor Zivago? Questa è la storia di un’epoca ardua da affrontare e di come dalla distruzione possano nascere opere d’importanza mondiale quale il romanzo appena citato. Boris Pasternak conduce la sua vita attraverso un regime del terrore in cui ha però la possibilità di far sentire la propria voce, nonostante la censura sia sempre nell’ombra, minacciosa. L’incontro con Olga rappresenta un momento determinante per la sua ispirazione, fino al lampo che fa scattare in lui la prima idea che si trasformerà in quel capolavoro della letteratura che non muore mai. Ma cosa succede, quando l’opera viene vista come un attacco a Stalin e si cerca di affossare lei e chiunque la difenda?
Non sapevo cosa aspettarmi da questo libro, eppure osservare la copertina mi ha intrigato sempre di più. Grazie a questo evento, sono riuscita a recuperare una lettura che non avrei fatto altrimenti e sono davvero felice di aver avuto una fortuna simile.
Lo stile di Lara Prescott è semplice e scorrevole e delinea l’epoca di contrasto tra Oriente e Occidente in un modo delicato ma al tempo stesso netto. L’amore accarezza la guerra come a voler guarire i danni che ha inferto, anche se per troppe cose è un’ambizione surreale e ben lontana dal realizzarsi. Il dottor Zivago traccia la linea conduttrice di tutto il libro, ma sono i personaggi, con la loro forza di volontà, a rendere il tutto pregno di passione, quella scintilla che guida un nobile ideale, al di là dei pericoli più grossi che possono abbattere un uomo.
Quella della Russia è, insieme alla Germania, la situazione storica che maggiormente mi fa terrore ad andare ad approfondire. Non perché non voglia sapere, ma perché mi è sempre capitato di rimanere tormentata dagli orrori che vengono a galla attraverso le ricerche.
“Non siamo mai stati qui” illustra la storia così com’è accaduta ma senza dimenticarsi del lato umano, quello fatto di emozioni e bontà d’animo e che qui sono fondamentali per il raggiungimento dell’obiettivo comune dei protagonisti.
Consiglio la lettura per chi ha voglia di un romanzo storico che non segua i soliti canoni strutturali ma che sappia comunque intrattenere ed emozionare.

Review Party: Recensione di: “Le terrificanti avventure di Sabrina: Un amore di strega” di Sarah Rees Brennan

« Eppure, amavo la magia. Amavo la sensazione del potere che mi cresceva nelle vene e l’idea di averne di più. Amavo lo schiocco di un incantesimo andato a buon fine, tanto quanto detestavo l’idea di deludere la mia famiglia. »

“Le Terrificanti Avventure di Sabrina” è una delle serie rivelazione targate Netflix che mi sta più appassionando negli ultimi anni. 
Da bambina ricordo con piacere le mattine in cui trasmettevano in tv “Sabrina vita da strega”, ma il mio animo dark ha fatto un balzo alla notizia di una trasposizione ispirata, più oscura e seria.
L’adolescente Sabrina Spellman è alle prime armi con il mondo della magia, ma deve già prendere un’importante decisione che cambierà per sempre la direzione della sua vita: firmare il Libro delle Ombre la notte del suo sedicesimo compleanno, giurare fedeltà al Signore Oscuro ed entrare così nella prestigiosa Accademia delle Arti Occulte. Ma come tutte le ragazze della sua età, anche lei è alle prese con elementi quali l’amicizia, la famiglia e l’amore. Come può rinunciare al suo mondo mortale, per abbandonarsi completamente al mondo che davvero le dicono di spettarle?
In questo breve ma intenso libro, Sarah Rees Brennan racconta ciò che avviene prima di quella notte, ricalcando le tinte macabre e gotiche della serie tv in maniera impeccabile. Ogni personaggio è stato ben studiato e rimane fedele a come si comporta sullo schermo. Non ho potuto fare a meno di impazzire alla presenza del cugino Ambrose, il mio personaggio preferito, così come nelle scene di vita quotidiana di Sabrina, divisa tra luce e oscurità. Un aspetto innovativo possibile grazie ad un’opera letteraria è la possibilità di esplorare con maggiore cura sia l’ambientazione che le sfaccettature dei personaggi, e in questo la scrittrice fornisce un’ottima interpretazione senza cozzare con quello che viene raccontato nella serie, riuscendo a tutti gli effetti ad inserire ciò che ha narrato nel canone della storia di Sabrina Spellman.
“Un amore di strega” è un’introduzione perfetta per chi ancora non conosce l’opera originale, spero vengano pubblicati anche in Italia i libri successivi sempre scritti dalla Brennan. Inoltre, è una lettura perfetta per Ottobre, visto quanto poco manchi a Halloween. La copertina è assolutamente adorabile, richiama molto le tinte del poster promozionale della serie, soprattutto per la rappresentazione del volto di Kiernan Shipka, che incarna meravigliosamente il ruolo della protagonista.