Emma Harding propone ai lettori un romanzo accattivante fin dalla premessa: ambientarlo completamente in un singolo posto, un palazzo nella Friedrichstraße 19 a Berlino. Qui, gli inquilini, vivono apparentemente le loro vite nel modo più comune possibile. Se non che, a modo loro, sono speciali e uniche.
Ci viene mostrata una Berlino quasi inedita che attraversa tutto il 1900 fin quasi ai giorni nostri, passando di vita in vita. La città stessa cambia, palco non voluto degli avvenimenti che hanno composto la Storia. Ogni personaggio descritto è tridimensionale e agisce in modo coerente e sensato.
Non è semplice scegliere il protagonista preferito, ma una delle vicende più emozionanti riguarda Sara, donna ebrea di metà Novecento alle prese con una vita insoddisfatta e infelice. In tutto questo è necessario prestare attenzione soprattutto a come viene gestito il tempo dall’autrice. Non si tratta di un corso lineare, bensì composto da intrecci più complessi di quanto di possa pensare.
L’autrice trasmette bene l’amore per la città di Berlino, che descrive a modo suo nel più piccolo particolare. Il suo stile di scrittura è articolato e la narrazione un buon ritmo, che accompagna i salti temporali nel modo più efficace. “Suite berlinese” mostra come, nel nostro piccolo, possiamo lasciare una traccia nei luoghi in cui siamo passati anche nel futuro più lontano.