Valeria Provenzano, con il romanzo “Le mille strade per Buenos Aires”, propone al pubblico una storia profonda e commovente, che ruota attorno al dolore provato dalla giovane Rosario fin dalla tenera età. Esistono storie di abbandono altrettanto forti? Scopriamolo insieme.
“L’isola dell’abbandono” di Chiara Gamberale
Un romanzo profondo e coraggioso sull’abbandono: che è il dolore più profondo con cui tutti, prima o poi, dobbiamo fare i conti. Ma che può rivelarsi una grande occasione per ritrovarci e capire finalmente chi siamo. Pare che l’espressione “piantare in asso” si debba a Teseo che, una volta uscito dal labirinto grazie all’aiuto di Arianna, anziché riportarla con sé da Creta ad Atene, la lascia sull’isola di Naxos. In Naxos: in asso, appunto. Proprio sull’isola di Naxos, l’inquieta e misteriosa protagonista di questo romanzo sente all’improvviso l’urgenza di tornare. È lì che, dieci anni prima, in quella che doveva essere una vacanza, è stata brutalmente abbandonata da Stefano, il suo primo, disperato amore e sempre lì ha conosciuto Di, un uomo capace di metterla a contatto con parti di sé che non conosceva e con la sfida più estrema per una persona come lei, quella di rinunciare alla fuga. E restare. Ma come fa una straordinaria possibilità a rivelarsi un pericolo? E come fa un trauma a trasformarsi in un alibi? Che cosa è davvero finito, che cosa è cominciato su quell’isola? Solo adesso lei riesce a chiederselo, perché è appena diventata madre, tutto dentro di sé si è allo stesso tempo saldato e infragilito, e deve fare i conti con il padre di suo figlio e con la loro difficoltà a considerarsi una famiglia. Anche se non lo vorrebbe, così, è finalmente pronta per incontrare di nuovo tutto quello che si era abituata a dimenticare, a cominciare dal suo nome, dalla sua identità più profonda.
“Non mi vendere, mamma!” di Barbara Alberti
Asia, una bambina abbandonata, all’orfanatrofio si innamora di Lillo, che da grande diventa il suo pappone. E la vende ai Trump, due ricconi americani, come madre surrogata del loro erede. Viene fecondata in una clinica svizzera. Una notte, una vocina la sveglia di soprassalto: “Ma che sei scema, mamma? Ma che davvero mi vuoi dare a quei due?” Èil bambino, che le parla dalla pancia. Chico (si è scelto lui il nome) non vuole saperne di biologia, ed è testardamente deciso a conquistare l’unica che riconosce come madre. Il piccolo seduttore, sfrontato, beffardamente evangelico, tenero e crudele, comico nato, fan del libero arbitrio, eminente affabulatore e imbroglione discreto, è pronto alle mosse piúscorrette pur di convincerla a fuggire insieme. Al potere dei soldi oppone l’anarchia delle favole, e un amore impossibile, inseguendo quel riso/ che una volta riso, ha fine ogni miseria.
“Ninuzza” di Camille Guillon-Verne
Nina è una giovane ragazza palermitana, appartenente a una famiglia povera e numerosa, costretta a subire le difficoltà della guerra nella Sicilia degli anni Quaranta. Sono gli anni in cui la protagonista conoscerà l’amore, e insieme a questo affronterà scelte difficili, come l’abbandono della casa paterna e della terra natia per un mondo lontano e sconosciuto, con l’unico desiderio di riscattare la vita dei suoi cari e garantire un futuro ai propri figli. A queste pagine fa da sfondo una cultura votata alla dimensione familiare, caratterizzata da valori, credenze e talvolta superstizioni, che accompagnerà i protagonisti anche durante la difficile prova vissuta lontano da casa. Ninuzza è una figura femminile capace di muoversi con determinazione e forza all’interno di un mondo patriarcale e maschilista, che riuscirà a vincere anche i pregiudizi più radicati conquistando, con silente discrezione, l’indipendenza e il rispetto per sé e la propria famiglia. La sua storia racconta le speranze e le paure legate al viaggio, quello di svolta, di uomini e donne che, nonostante tutto, non si arrendono.