Review Party: Recensione di “La sposa della seta” di Oswald Wynd

Lontana anni dalla sua patria, Omiko finalmente sta per tornare a casa. È il 1939 e la mentalità che la ragazza ha abbracciato in America si scontra fin da subito con quella giapponese. Una rigidità quasi remissiva a cui nemmeno il padre, che l’aveva spinta a partire, ha saputo opporsi. Per avere salva la vita sua e di quella della sua famiglia, Omiko dovrà diventare una sposa della seta e acconsentire all’unione con il figlio del barone Sagami

Sono molto felice che Garzanti stia facendo scoprire all’Italia questo incredibile scrittore. Oswald Wynd è figlio del suo tempo, ma la sua narrazione particolare e le storie a cavallo tra occidente e oriente sanno sempre come intrattenere.

Dopo “L’albero dello zenzero”, eccoci di nuovo con una nuova protagonista e un Oriente ora dilaniato dall’entrata in guerra. Wynd dimostra ancora una volta la sua conoscenza in materia e la applica a una vicenda unica ed emozionante.

Nonostante questo sia il suo romanzo d’esordio si percepisce tutto l’amore che vuole trasmettere attraverso le parole scritte, in un modo che definiremmo ancora oggi anticonvenzionale. Omiko è una ragazza che ha avuto la fortuna di conoscere il mondo al di fuori del Giappone e potendo riscontrare la diversità e la disparità tra due culture completamente opposte.

Anni di libertà ed emancipazione, ora rischiano di venire soffocati dalle circostanze, specie quando si aprono concretamente le porte al matrimonio combinato. Ma altre, per lei, sono le porte che si apriranno, quelle che le mostreranno il suo paese sotto un altro punto di vista ancora, grazie al personaggio di Ishii che è un’autentica sorpresa.

Tutto è ben curato e si respira un’atmosfera tradizionale e affascinante: le descrizioni sono nitide come una cartolina e, grazie a Wynd, ci si può innamorare ancora una volta del Giappone.

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