Dopo l’occupazione nazista di Varsavia, la giovane Maria viene portata insieme alla famiglia al campo di concentramento di Auschwitz. L’unica scampata alle selezioni iniziali, viene notata dal vicecomandante del campo, Karl Fritzsch, per il suo talento nel giocare a scacchi e costretta dallo stesso a essere sua avversaria per intrattenere le guardie. Una partita infinita tra la vita e la morte, l’unica speranza che le resta è continuare a giocare e muovere i pedoni nel modo più corretto.
Se posso, evito le storie dedicate allo sterminio. Ne ho lette molte e quindi con il tempo ho deciso di dosarle il più possibile, dedicandomi solo a quelle che davvero mi intrigano. Questo è il caso dell’esordio letterario di Gabriella Saab, che subito mi ha conquistato con la sua trama dolorosa ma al contempo avvincente.
Saab non si risparmia nel descrivere la vita in un campo di concentramento e viverla attraverso gli occhi di una ragazzina, che a sua volta ha visto orrori indicibili, è davvero qualcosa di straziante. Il gioco degli scacchi, che per lei rappresentava uno svago, si è trasformato a causa della guerra in qualcosa di mortale e che la tiene costantemente appesa a un filo.
C’è qualcosa di davvero sadico nelle decisioni di Fritzsch ed è dura molto spesso proseguire con la lettura. Ma la speranza del finale sprona a proseguire e superare quel dolore, per vedere finalmente libera Maria. Anche in un campo di concentramento si può trovare una ragione per vivere?
“La ragazza che giocava a scacchi ad Auschwitz” è un viaggio intenso attraverso il dramma della guerra e dello sterminio, scritto magistralmente e con un trasporto emotivo indimenticabile.