In questo lunedì di fine luglio, The Mad Otter ha l’onore di ospitare l’autrice Sonia Morganti con un’intervista a lei dedicata per presentare il suo nuovo libro “Costanza Sicanie Regina”.
Ringrazio ancora Sonia per avermi dedicato il suo tempo rispondendo alle mie domande.
Buongiorno Sonia e benvenuta nella tana della lontra! Per me è un onore averti qui tra le pagine del mio sito. Ti ho conosciuta con il romanzo “Calpurnia. L’ombra di Cesare” e successivamente con “Far West” ed è quindi un onore poter leggere il tuo nuovo libro e poterti intervistare!
Innanzitutto, com’è nata l’idea per la trama di “Costanza Sicanie Regina”?
Buongiorno a te e grazie del tempo che mi dedichi! Quanto alla tua domanda, raccontare la genesi del romanzo mi diverte molto. Nel 2018 sono partita, controvoglia, per una breve vacanza di ripiego che invece si è rivelata favolosa. Era un periodo complicato ed ero provata moralmente e fisicamente. Un giorno, durante una tappa, ho percepito la scintilla della risalita. E dell’ispirazione. Conosco la data e persino l’ora, perché di quel momento ho una foto: Castel del Monte, 18/08/18, h. 9:49. Tutti gli otto della data sarebbero piaciuti al padrone di casa, ora che ci faccio caso! Scommisi con me stessa di trarre un racconto da quella scintilla e dopo poche settimane era fatto e finito “Il colore dell’anima”, che si trova gratis in tutti gli store visto che è un testo brevissimo ma, con me, è stato estremamente generoso, portandomi nuovi lettori e anche un buon piazzamento a un concorso di livello. Però sentivo che c’era ancora qualcosa da narrare, una voce meno nota, insolita. Io sono curiosa e golosa, un cane da tartufo per le zone d’ombra e il non detto. Così, mentre frugavo tra pagine di carta e in html, mi sono imbattuta nell’impressionante “curriculum” di Costanza d’Aragona, prima moglie di Federico II. Una vita intensa, a tratti avventurosa, riassunta da molti saggi solo in un dato anagrafico che mortifica la complessità della sua persona: maggiore del marito di una decina d’anni. Più che una descrizione, sembra una pena detentiva. D’altronde, ancora oggi se in una coppia la donna è “più grande” in automatico diventa “vecchia” – e che, non lo sai? – e, se non se ne fa un problema, pare essere “innaturale”. Ho provato subito una forte simpatia per questa ragazza in gamba che non ha avuto paura di vivere a pieno la sua seconda possibilità, che ha lasciato il segno al punto di essere sepolta con la corona imperiale sul capo, ma è scivolata fuori dalla memoria dei più. Mi sono messa in ascolto, in questo incontro in differita. Ed è nato il romanzo.
Quali studi e ricerche ci sono dietro alla realizzazione del romanzo?
Saggi prima di tutto. In bibliografia ne riporto sempre una selezione, ma di solito sono molti di più. Per esempio, quando dovevo ambientare una scena su una torre di Palazzo dei Normanni, ho frugato in lungo e in largo cercandone un’immagine ricostruita, ma non ho riportato il testo in cui l’ho trovata, presente su Google Books. Non era rilevante. Se possibile, leggo testi coevi. In questo caso, è stato importante il De arte venandi cum avibus. Poter inserire nei dialoghi frasi che un personaggio ha davvero concepito è una goduria. E sono sicura che anche nel testo apparentemente più impersonale siano nascoste scintille dell’anima di chi l’ha scritto, leggendo con cura tra le righe. Poi ho fatto, come sempre, una ricognizione nel mondo della narrativa, per vedere quello che c’è. Infine, la parte più bella: la visita dei luoghi.
Quanto tempo ti ha impegnato questo libro fino all’effettiva pubblicazione?
Mi sono superata in rapidità. Contavo di impiegarci quattro anni, ce ne sono voluti due. Ma di mezzo c’è stata la malattia di Trilli, la mia amata gatta dal naso rosa, che
ci ha lasciati dopo essersi presa un gran pezzo del mio cuore e due mesi del mio sonno: avrei preferito avere meno tempo per le riletture… Anche partecipare a Scripta Manent, piccolo salone del romanzo storico a Ferrara, è stato incoraggiante e mi ha spinta a darmi una scadenza. Confrontarmi dal vivo con gli amici di Thriller Storici e Dintorni ha fatto la differenza. Mi sono detta: “ci voglio essere ancora”.
L’Italia non è nuova come ambientazione delle tue storie, posso chiederti cosa ti ha portato ora a scegliere Palermo?
È difficile non restare sedotti dalla Sicilia, dalla sua bellezza abbacinante, mutevole, estrema. Palermo è una città meravigliosa, un’orgia di bellezza e di storia. Mi verrebbe da dire che, se il Creatore fosse un stato un cuoco che butta gli ingredienti dalla sua nuvoletta, in quella zona ha… largheggiato con i condimenti.
Sono dell’idea che in ogni libro scritto ci sia un pezzo del suo creatore. C’è un personaggio in “Costanza Sicanie Regina” in cui ti rispecchi?
Provo sempre molta empatia per i “figli dei grandi”, che si trovano schiacciati dal paragone con i genitori. Sarà che mio padre insegnava nelle scuole medie del piccolo paese dove sono cresciuta e questo mi ha privata di un’adolescenza normale, facendomi conoscere il peggior bullismo. E vedo un filo sottile e tenace tra Cesarione, Enrico VI… persino Sean Lennon. Almeno Enrico non è stato battezzato con una storpiatura del nome paterno, come negli altri due casi che cito. Ma il suo nome non è comunque neutro, anzi…
I personaggi da te creati nei vari romanzi appartengono tutti a epoche differenti, chi nel passato, chi nel presente, chi nel futuro. Provo a farti divertire chiedendoti cosa succederebbe se per qualche congiunzione astrale potessero tutti incontrarsi, dove e quando.
Mi chiedo spesso, se potessero parlarmi, cosa mi direbbero. Mi rimprovererebbero? Si mostrerebbero offesi? Sento molto questa responsabilità, quando scrivo di personaggi realmente esistiti. Mi interrogo spesso a riguardo. In un ipotetico incontro, per mettermi al sicuro proverei a offrire cioccolata. La metà di loro vivrebbe uno dei traumi culturali più belli della storia. Sono certa che questo li renderebbe più clementi…
Hai scritto opere di vario genere, in quale ti trovi meglio a scrivere?
Faccio prima a dire cosa mi crea disagio. Non scriverei mai un libro-testimonianza su esperienze da me vissute. Mi è stato anche chiesto ma no, non intendo riviverle. E non voglio nemmeno essere inchiodata e definita da quelle, fenomeno rischioso e da non sottovalutare nell’epoca dei social.
Definiresti “Costanza Sicanie Regina” un romanzo femminista?
Sicuramente è un romanzo femminile. Non era programmato così, ma lo è diventato. Raramente so che piega prenderà quel che inizio a scrivere. I personaggi si impossessano delle mie mani e di una parte della mia vita. In Costanza Sicanie Regina, a un certo punto tutti i personaggi hanno preso il controllo della trama.
Portandomi ovunque, fin dove non pensavo di arrivare. La meta del mio viaggio è stata capire quante cose possa essere una donna se non teme di vivere davvero, al di là di ogni gabbia o schema. Alla fine, chi ne esce arricchita, chi “prende” più che “dare”, sono sempre io.
C’è qualche aneddoto che puoi raccontarci legato alla scrittura di questo libro?
A partire dal professionista che l’ha letto in anteprima e shippava spudoratamente Amhed e Costanza, andando contro il vero storico e l’integrità fisica dei protagonisti? 😛 Aneddoti ce ne sono tanti. Io mi diverto un sacco creando. Soffro e gioisco sotto la pelle, sono un po’ qui e un po’ là. In questo romanzo mi sono imposta di superare un mio limite e ho cercato di scrivere due scene d’amore… abbastanza d’amore… tali che almeno si capisse che stamo a fa’, insomma! Perché io sono sempre stata delicata al limite del criptico. Ecco, superare la sfida mi ha causato ridarelle e ghigni in metropolitana – il mio ufficio viaggiante, visto il tempo che passo in viaggio ogni giorno – ma il massimo è stato quando ho trovato un bed and breakfast proprio sotto il luogo della prima scena: lo vedevo dalla finestra.
Il messaggio chiave di un romanzo penso che sia interessante andarlo a cercare di pagina in pagina, tra le parole che l’autore ha intessuto una dopo l’altra. Hai invece un messaggio da lasciare ai lettori, prima di entrare in questa nuova avventura?
Chi mi segue da un po’ si sarà accorto che raramente uso le parole in maniera casuale. Quello che ho imparato da questa nuova avventura è che, a volte, bisogna lasciarsi stupire. Nel 2018, per tornare alla prima domanda, tutti prevedevano che avrei trovato ispirazione narrativa a Canne della Battaglia, a pochi chilometri da Castel del Monte. Invece ci sono arrivata con la testa già piena di storie. Non me l’aspettavo. E ho scoperto che accettare di farsi stupire è bellissimo e riempie di doni.
Grazie ancora Sonia per avermi fatto compagnia. Quando vuoi torna pure a trovarmi, la tana è sempre aperta per una buona tazza di tè!
Grazie infinite a te e a tutti quelli che si sono prodigati per questo blogtour!