Quest’ultima ha avuto un’entrata in scena interessante soprattutto per come ha sempre visto il suo rapporto con la madre, molto conflittuale per l’obbligo di tenere segreto il potere dell’orogenia e quindi costretta a non sentirsi libera di esprimere sé stessa all’esterno. La ragazza è dotata di capacità che nemmeno lei immagina e sarà una vecchia conoscenza a farle comprendere di non essere sbagliata, aiutandola a controllare le proprie abilità. Essun lotta costantemente contro il passare del tempo, che la separa dalla figlia celandole le sue condizioni e la fa virare verso qualcosa che non aveva chiesto ma in cui si trova inevitabilmente invischiata. Nonostante la forza che l’ha sempre accompagnata, è come se in qualche modo cercasse tenacemente di fuggire da ciò che sta accadendo intorno a lei, come se non fosse compito suo documentarsi e venire a capo della struttura del mondo.
Come già accaduto precedentemente, anche “Il Portale degli Obelischi” è una lettura complessa e densa di particolari su cui il lettore deve assolutamente soffermarsi sia per ammirarne la bellezza che per non perdere di vista i vari obiettivi. Ho riscontrato un maggiore assortimento di personaggi secondari, che partecipano attivamente all’azione risultando essenziali per il giusto andamento delle vicende e per i progressi dei protagonisti. Lo stile dell’autrice si riconferma essere incalzante e incisivo, il modo in cui viene narrato ciò che accade a Essun rimane in assoluto il mio preferito. Questo secondo libro svolge appieno il suo ruolo di “ponte” tra l’inizio e la fine. Non so davvero cosa aspettarmi da “Il Cielo di Pietra”, ma spero che la Jemisin possa aver scritto una storia sorprendente fino all’ultimo, concludendo con un epilogo che riesca rimanere impresso nella mente per parecchio tempo.