In questa tappa del Blog Tour dedicato al libro “Le parole lo sanno”, edito da Mondadori, approfondiamo la conoscenza del suo creatore, Marco Franzoso, che ringrazio infinitamente per il tempo che ha voluto dedicarmi. Di seguito trovate le domande poste e le risposte fornite.
Buongiorno Marco, grazie per avermi concesso questa intervista. Parliamo del suo ultimo libro, “Le parole lo sanno”. Si presenta come una storia che dal dramma ricerca con costanza, dedizione e passione un inno all’amore e al vivere la vita, che può essere trovato anche attraverso la lettura. Il protagonista, Alberto, si trova ad affrontare un momento molto delicato e lo fa cercando di aggrapparsi alle piccole cose. Qual è stato il processo creativo che l’ha portata alla realizzazione della trama?
Il lavoro è stato molto lungo, ci ho impiegato anni per potere scrivere questa storia. Fino a quando ho capito che non dovevo forzare i miei personaggi, ma dovevo lasciarli liberi, ascoltarli, scoprire la storia insieme a loro. Da quel momento tutto è fluito velocemente e naturalmente. È un po’ come accade ai miei due personaggi, Alberto e Flavia. Il romanzo prende il volo proprio quando smettono di forzare le cose e si mettono in ascolto l’uno dell’altra.
Ci sono stati momenti in cui trovare le parole giuste è stato difficile?
Sì, particolarmente in un romanzo come questo, dove ogni dettaglio diventa fondamentale. La difficoltà maggiore è stata trovare la lingua, o meglio la voce con cui ciascuno dei miei due personaggi parlavano. Cioè quando ho capito chi erano davvero dietro le maschere che ciascuno dei due, almeno per un po’, hanno indossato. Ho dovuto smascherarli con calma, senza forzarli, senza che trovassero degli stratagemmi per difendersi. Poi, quando hanno avuto la mia fiducia, si sono lasciati andare e hanno fatto tutto loro.
Il libro ha una caratteristica in particolare, che si scopre solo continuando a girare le pagine: è un fiume in piena di parole, disposte ordinatamente l’una accanto all’altra, quasi senza pause, se non brevi spazi vuoti occupati solo dal bianco della carta. Come mai questa scelta di narrazione, senza ricorrere alla classica suddivisione in capitoli?
Per entrare dentro il flusso della vita di Alberto, per dare continuità ai suoi pensieri e al passare del tempo. Volevo che il lettore vivesse insieme a lui queste sensazioni e la sua trasformazione.
C’è qualcosa di autobiografico in quello che scrive?
C’è sempre qualcosa di autobiografico in ciò che si scrive. Questo è un degli aspetti più belli della scrittura. Ti costringe, o meglio ti aiuta a vedere le cose che ti appartengono con maggiore lucidità. Vedi te stesso attraverso le storie che racconti. È sempre una scoperta.
Il suo stile di scrittura è caratterizzato, a mio avviso, da una sottile vena poetica che si espande all’interno della storia creando in ogni pagina un’atmosfera sospesa tra realtà e mondo onirico. C’è uno studio dietro?
Sì. Volevo che la storia fosse radicata nella realtà, nel nostro mondo, in una quotidianità che tutti conosciamo. Ad un certo punto, però volevo che i miei personaggi spiccassero il volo, scoprissero la loro parte migliore, pure se innestata dentro le difficoltà della vita. Trovassero la forza, o meglio il desiderio, di credere in se stessi e andare lontano. Sognare, cioè vivere, una vita migliore, quella che si meritavano da sempre di vivere. È un romanzo che apre, che fa sperare, che dà luce. Che fa ritrovare ciò che si era inavvertitamente perduto.
Chi è Flavia?
Flavia è una giovane donna, madre da pochi mesi. Vive una situazione difficile in famiglia e trova riparo e pace solo in un parco cittadino. È una donna che racconta, nel romanzo conosceremo i suoi segreti più intimi, e proprio grazie al racconto che fa di se stessa si trova. Anzi, trova una persona molto migliore di quanto pensava.
Quello che ci troviamo ad affrontare in queste settimane apparentemente interminabili è un periodo buio, soprattutto per la situazione specifica italiana. Mi trovo spesso a cercare nelle parole di coloro che con le parole stesse ci lavorano, un barlume di speranza e positività. Riesce a trovare le parole adatte a certe circostanze?
È difficile. Ogni volta che ci si pensa e che si azzarda una risposta sembra sempre di sbagliare. È un momento molto complicato, e dal punto di vista sanitario inimmaginabile. Dal punto di vista personale, però, penso che possa rappresentare anche una occasione per molti di noi. Lo stesso che è accaduto ai miei personaggi, infondo, entrambi sono stati costretti a fermarsi. Ma ne hanno approfittato, e questo li ha aiutati a vedere il mondo e soprattutto se stessi in modo diverso. Si sono trovati. Credo che oggi più che mai abbiamo bisogno di buone storie, di buoni racconti. Credo che potremmo imparare molte cose su di noi da questa situazione così complicata.
Che cosa sanno le parole nella sua vita di tutti i giorni?
Le parole sanno tutto. Diamo troppo poco peso alle parole, siamo sempre più abituati a scriverle e a sapere che in breve tempo verranno dimenticate, dal prossimo post, dal prossimo messaggio di testo, dal prossimo messaggio vocale. Dovremmo avere più fiducia nelle parole e ascoltarle. Non solo quelle degli altri, ascoltare anche le nostre.