Recensione: “Fire Sign: La Portatrice del Krips” di Alessia Coppola

« E rivedo quel lupo che mi faceva compagnia da bambina: i suoi occhi magnetici sono quasi un conforto, il suo manto nero brilla di sfumature scarlatte, mentre lancia un ululato che mi fa inabissare il cuore. »

Alessia Coppola è una di quelle scrittrici che ho puntato da parecchio tempo, ma di cui ancora non avevo avuto modo di leggere nulla.

Poco tempo fa mi si è presentata l’occasione, finalmente, di leggere una delle sue ultime storie pubblicate: “La portatrice del Krips”, prima novella della serie Fire Sign così composta:
-La Portatrice del Krips (23 Novembre 2015)

-La Rivolta dei Nurhan (Inedito)
-La Stella di Silver (Inedito)
Noi li chiamiamo angeli, ma non lo sono. Nurhan è il loro nome e sono i guardiani del Cosmo. Uriel è il guardiano del fuoco e ha come scopo guidare i Portatori del Krips, coloro che aprono i portali dell’Inferno e vi rinchiudono i demoni.
Se pensate che tutto questo sia assurdo, immaginate la reazione della giovane Silver, costretta a seguire il proprio destino al fianco di colui che da sempre le è stato accanto, alla ricerca di Xantu, uno dei demoni più forti e antichi esistenti.
Devo dire che questa scrittrice non ha per nulla deluso le mie aspettative. Con il suo stile di scrittura, è riuscita fin dalle prime pagine ad inglobarmi nel mondo da lei creato, fino al finale. Essendo poco più lunga di un racconto, questa storia è una lettura veloce, che fa compagnia al lettore per un paio d’ore, lasciandolo poi con il fiato sospeso e in attesa impaziente di scoprire cosa accadrà ai personaggi nel prossimo racconto. 
Come sempre, lascio il link di Amazon da cui potete comodamente acquistare il libro.

Recensione: “Una scintilla nell’oscurità” di Emanuela Riva

« Forse speravo che la mia vita cambiasse radicalmente, magari con qualche avventura pericolosa, con un pizzico di adrenalina e un amore intenso all’inverosimile. Ma per il momento mi accontentavo dei miei incubi che erano altrettanto intensi e terrorizzanti. »


L’opera che presento oggi s’intitola “Una scintilla nell’oscurità” ed è il primo libro di una trilogia urban fantasy a tema vampirico, edito da Trame dei Sogni e acquistabile su Amazon e nei migliori store online.
Ringrazio la gentile autrice Emanuela Riva per avermi personalmente inviato una copia.
La protagonista è Emma Sullivan, un’adolescente orfana che vive in un piccolo paese del Trentino insieme al fratello Jason. Un giorno, durante un’uscita con le amiche, si scontra con Adam Cooper, sfrontato quanto affascinante ragazzo di cui Emma difficilmente riesce a scordarsi. Senza ancora saperne il motivo, entrambi si sentono attratti l’uno dall’altra, nonostante lui si sforzi di starle lontano a causa del suo misterioso passato e reale natura.
È inevitabile accorgersi di vari elementi ricorrenti già in altri libri in commercio: la trama, infatti, è ciò che di più semplice ci si possa aspettare. 
Ben altro ha attirato la mia attenzione, uno fra tutti il concetto di vampiro come creatura di Dio.
Si racconta, appunto, che all’alba dei tempi Dio prese la linfa dell’albero della Vita e creò Adam e Ive: carnivori e bevitori di sangue, ma incapaci di riprodursi e stare ai suoi ordini. Così, creò due mortali: Adamo ed Eva. Arrabbiati, Adam e Ive ammaliarono i due mortali facendo loro mangiare i frutti proibiti, poi fuggirono dall’Eden. Ma Dio li maledisse trasformando Ive in uno spirito e condannando Adam a vagare sulla Terra per l’eternità.
Questo cosa comporta? Che la Chiesa faccia di tutto per insabbiare la realtà dei fatti, ovvero che non fu l’uomo la prima creatura ad immagine e somiglianza di Dio.
Ma chi è Emma in realtà? Perché è così speciale da attirare l’attenzione del prete del paese? Tengo a precisare che nulla è come sembra (non mi permetterei mai di svelare tutti i misteri di una trama) e che le risposte non sono poi così scontate.
Ho quindi apprezzato non tanto la storia d’amore, quanto l’ambiente che circonda i personaggi.
La scrittrice è riuscita a giostrarsi bene tra il lato romantico e le descrizioni crude di un ambiente oscuro fatto di violenze e omicidi; su questo bisogna farne atto. Ma purtroppo c’è più di un elemento che mi ha infastidito durante il corso della lettura. Lo stile di scrittura non è sempre lineare, si passa da periodi in cui si ha ben chiara la situazione, a strafalcioni e frasi non fluide che mi hanno lasciata non poco disorientata. I dialoghi molto spesso non sono intervallati da alcuna descrizione e quando un terzo personaggio si intromette nel discorso non è subito intuibile, più volte mi sono trovata a chiedermi chi stesse parlando in quel momento. Inoltre, la mancanza di stacco tra una scena e l’altra mi ha costretto a rileggere alcune scene prima di comprendere e proseguire con la lettura.
Possono essere elementi che soggettivamente hanno più o meno importanza, ma spero di poter essere d’aiuto all’autrice dicendo che è necessario un ulteriore lavoro di editing per migliorare quella che è, tutto sommato, una lettura piacevole specie per gli amanti del genere.
Auguro ad Emanuela buona fortuna per il suo primo romanzo pubblicato, e rimango in attesa di sviluppi e novità, specie per quanto riguarda il seguito di questa storia.

Riflessione: “I libri distillati” di Centauria


Sono disteso su un lettino freddo e duro.
Riesco a malapena a muovermi, mi guardo intorno.
Che ci faccio qui?
Ah, sì. La chiamata. L’intervento.
“Gentile cliente, è stato selezionato per entrare a far parte di un progetto senza precedenti che rappresenterà un grande passo per il genere umano. Si senta fortunato, la pagheremo bene oltretutto. Si presenti domani al suo ospedale di fiducia.”
Non so cosa mi abbia convinto ad imbarcarmi in una situazione del genere. Ma ora sono qui, il chirurgo mi fissa da dietro quell’inquietante mascherina. Prende un bisturi e lo avvicina al mio petto scheletrico. Non sento nulla, ma vedo tutto.
Che diamine sta facendo?
Cerco di aprire la bocca, ma le parole non escono, solo dei mugolii. Strabuzzo gli occhi per attirare la sua attenzione.
Fermate questo pazzo! Mi sta sventrando!
L’infermiera mi guarda sorridente, io ricambio con una smorfia di disgusto.
“Come si sente, caro signore? Non si preoccupi, finito qui sicuramente avrà una sensazione di… leggerezza. Ma sì, cosa se ne farà di tutti quei capillari? Qualche ciglia in meno non intaccherà di certo la vista! Aorta o vena cava, le lascio libera scelta.”
Chiudo gli occhi, mi rassegno. Vorrei solo che fosse un incubo. Il dolore che mi sopraffarà tra qualche ora sarà indescrivibile. Che cosa dirò a mia moglie?
***
« Abbiamo ridotto le pagine non il piacere. »

Per chi ancora non fosse a conoscenza degli ultimi avvenimenti, faccio un passo indietro e ne parlo.

Di tale Centauria e del progetto “Distillati: al cuore del romanzo”. La quale, come unico effetto positivo, è riuscita ad unire l’intera opinione pubblica contro la propria proposta editoriale.

Negli ultimi anni ho assunto un certo atteggiamento, condivisibile o meno, nei confronti di ciò che fa scalpore e dibattito, che mi porta a fare silenzio su alcune questioni. Perché purtroppo, nel bene e nel male, se si parla di qualcosa si dà a quella cosa un’importanza immeritata (se parliamo in negativo). Basta ignorare, e i fallimenti coleranno a picco.

Ma in questo caso, se posso difendere l’identità chiamata “libro”, combatto ed esprimo il mio sdegno.

Si parla di progresso. Per ogni argomento, si punta alla convenienza e alla comodità. L’editoria in questi ultimi anni è una delle protagoniste indiscusse: il digitale sta scavalcando sempre di più il cartaceo.

Quindi, cosa propone il progetto dei libri distillati? Un riassunto dei libri, come anche in passato si è provato a fare?

No.

I libri distillati sono libri tagliati. Privi di parti probabilmente ritenute superflue alla lettura. Così, eliminate.

Il signor Rossi di qui sopra non mi sembra così felice delle sue parti superflue fuori dal corpo. Voi lo sareste?

Tutto questo perché? Perché c’è una fetta di persone che non trova il tempo di leggere.

No, Centauria, non hai capito. Non è così che bisogna andare incontro al pubblico. Se le persone amano leggere, e “leggere” è un’attività a cui tengono nonostante gli impegni, quelle persone troveranno un momento della giornata in cui si siederanno comodamente e leggeranno.

Io per prima ho tanti interessi e impegni, provo nostalgia delle giornate di qualche anno fa passate interamente a gustarmi un libro. Forse ora leggerò meno, ma non scambierei mai questi libri per tutto il tempo del mondo.

Te lo ripeto, persona che hai poco tempo per leggere: i libri distillati non sono libri riassunti. Non sono libri, punto. Non spendere soldi convinto di leggere ed aver guadagnato tempo.

La riflessione che vorrei fare, non è tanto a sfavore della suddetta casa editrice. Come ho già detto, i fallimenti coleranno a picco da soli.

La protagonista indiscussa è la cultura. Secoli e secoli di cultura che improvvisamente si vuole eliminare. Davvero, mettetevi nei panni del protagonista del racconto iniziale, perché è così che i libri selezionati per questa follia si devono sentire: privati di loro stessi.

No, non ne faccio un dramma. Sono solo una ragazza che ama i libri. Distilliamo una squadra di calcio: togliamo il portiere, ci sono già i difensori che proteggono la propria area di gioco. C’è già indignazione per le scene tagliate dei film senza che io stia qui a citare qualcosa.

Leggere non è una moda. Un libro ha bisogno di dedizione e tempo, che piaccia oppure no.

Ci possiamo lamentare dei prezzi sempre più proibitivi, questo sì. Ma non ci sono giustificazioni per un tentativo di approccio alla lettura tanto sbagliato come questo.

Se sei pigro o vuoi leggere solo per farne un vanto, la lettura non fa per te. Un libro, in questo, non può venirti incontro, né tu avere la presunzione di sminuire il lavoro di una persona che ci ha messo passione e tempo per scrivere.

Piuttosto, non avere paura di leggere. Non si fa peccato a trascorrere dei momenti all’interno di un altro mondo e un’altra vita.

Non distillarti ma ubriacati, ubriacati di storie e libri: lasciano emozioni uniche e ci rendono individui migliori.

Visione: “Sherlock: The Abominable Bride” – Episodio Speciale


« Dead is the new sexy. »



Ebbene, il giorno è arrivato. Dopo due anni di assenza, Sherlock è tornato ad emozionarci.

Per chi non la conoscesse, “Sherlock” è una serie tv britannica liberamente ispirata ai racconti del celebre Arthur Conan Doyle, creata da Steven Moffat e Mark Gatiss e interpretata da Benedict Cumberbatch (Sherlock Holmes) e Martin Freeman (John Watson).
C’è sempre stata una forte diatriba tra chi ama e chi non apprezza questa serie. Personalmente, faccio parte della prima categoria.
Quello che è andato in onda l’1 gennaio 2016 è un episodio speciale, della durata di 90 minuti, ambientato nella Londra vittoriana del 1895. Per chi seguisse in italiano la serie, non dovrà aspettare molto per questo episodio: il film infatti, grazie a Nexo Digital, verrà trasmesso nei cinema italiani il 12 e il 13 gennaio.

Per l’occasione, la sigla è stata riadattata con una carrellata di immagini d’epoca, in grado di far entrare lo spettatore nell’atmosfera giusta. Alcuni tra i personaggi già noti si trasformano: ed ecco sullo schermo una Molly Hooper travestita da uomo e Mycroft con parecchi chili in più. L’intesa Cumberbatch-Freeman non è calata con il tempo; e anzi, fin da subito, con la scena del primo incontro della coppia, riemergono le emozioni provate in questi anni da chi li ha sostenuti.

La trama principale si intreccia con un delicato quanto importante tema politico dell’epoca: la nascita del movimento delle suffragette e la lotta per l’emancipazione femminile. Emelia Rigoletti è una sposa suicida, apparentemente risorta per uccidere il marito e coloro che non rispettano la figura femminile e i suoi diritti. Watson è convinto che la donna sia davvero un fantasma, ma Sherlock, come prevedibile, è convinto che la spiegazione sia un’altra. Hanno quindi inizio le loro indagini tra ambienti gotici e atmosfere macabre, alla ricerca della verità nascosta dietro quel velo bianco.
L’episodio è assolutamente godibile, ho adorato la resa della Londra vittoriana e i dialoghi sono orchestrati magistralmente. Un altro punto a favore di una delle serie che, nonostante l’estenuante attesa tra una stagione e l’altra, aspetto ogni volta con trepidazione.
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Piccolo paragrafo contenente spoiler.
Ma per l’ennesima volta, e mai impariamo ad aspettarcelo, Moffat e Gatiss si prendono gioco del pubblico.  Se “The abominable bride” era stata presentata come una storia a sé stante, quindi  “fuori continuity” rispetto alla serie, durante la visione ci si ritrova sempre più a fare i conti con degli elementi che non sono totalmente scollegati dagli eventi finora narrati. L’intero caso altro non è che un viaggio dello spettatore all’interno del palazzo mentale di Sherlock, in cui si rifugia, alla fine dell’ultimo episodio della terza stagione, alla ricerca di una spiegazione del possibile ritorno del defunto Jim Moriarty. Per Holmes, la sua nemesi non se n’è mai andata; di sicuro non dalla sua mente, dove si annidando le sue più recondite debolezze. Il loro rapporto è anche più intenso e complesso rispetto a quello instaurato con Watson, un equilibrio e contrasto tra lucidità e follia che, forse, non avrà mai davvero fine. Questo elemento fa da ponte tra la terza e la quarta stagione, che purtroppo non uscirà prima del 2017. Il colpo di scena che fa rimanere di stucco i fans e che rimarca ancora una volta l’apprezzamento per questa serie.
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Non resta quindi che portare ancora una volta pazienza e attendere che il genio di Moffat e Gatiss torni a sorprenderci con una nuova carrellata di episodi.

Personalmente, “Sherlock” è una serie tv apprezzabile da chiunque, senza avere particolare gusto per il genere giallo, in grado di unire serietà a siparietti divertenti (con la presenza di tanto fan service, inutile negarlo). Non c’è nemmeno il timore di non riuscire a mettersi in pari, considerata la cadenza con cui ogni stagione è uscita in sei anni. 
Insomma, non ci sono scusanti: guardate e adorate.

Recensione: “Mezzo Vampiro” di Belinda Laj

« L’immortalità è una degna ricompensa.

Quel pensiero estraneo lo fece sorridere, annuì e si portò il calice alle labbra. C’era un lieve profumo di rose in quel liquido. Chiuse gli occhi e assaporò il sangue fino all’ultima goccia. »

Buon 2016.
Ricominciamo da una lettura che mi ha tenuto compagnia dalla fine del 2015 fino ad oggi: “Mezzo Vampiro” di Belinda Laj, primo libro della serie Damned Academy. 

Julian Laurent è un vampiro, ma ancora non sa di esserlo. Non crede alla gente che al suo risveglio gli lancia occhiate perplesse. Tutto ciò che ricorda sono le sue urla disperate all’interno di una bara. Poi, i sotterranei della Damned Academy di Londra: una scuola, la più antica, in cui gli immortali convivono fra loro sotto il comando di un unico Signore: Blake Night. Vampiri, angeli, demoni e mortali mezzosangue si preparano per ricevere il proprio marchio e giurargli fedeltà; ma quando arriva il turno di Julian, questo non viene marchiato. Da quel momento verrà puntato da tutti con un unico appellativo: Mezzo vampiro. Ha così inizio la sua nuova vita, fatta di scontri e lezioni vampiriche, alla ricerca del suo passato dimenticato e del mistero delle sue origini.

A discapito delle apparenze, questa storia risulta essere una delle poche originali pubblicate ultimamente a tema “vampiri”. Sebbene possa sembrare bizzarro e a tratti ispirato al mondo di Harry Potter, Belinda ha saputo creare un mondo alternativo innovativo e ben costruito, con leggi tutte sue ma che nell’insieme riescono a reggere la trama dalla prima all’ultima pagina. Ho apprezzato il velo di mistero che pervade l’intera lettura, mi sono divertita molto a fare per tutto il tempo congetture e ipotesi sulle verità nascoste legate al protagonista. La scrittrice ha inoltre come pregio uno stile di scrittura coinvolgente e scorrevole, ed è riuscita a lasciarmi incuriosita fino alla fine.

Il protagonista, Julian, è un ventenne frustrato e incompreso; risulta essere un personaggio difficile da digerire per il suo comportamento scontroso e antipatico anche nei confronti di Hunter Cross, compagno di stanza e unico amico nell’accademia. Ma man mano che i nodi vengono al pettine, si riesce in parte a giustificare le sue azioni. 
Hunter è il ragazzo più gradevole: innamorato di un amore utopico come quello che legge nei libri sui vampiri scritti dai mortali. A mio parere è un ottimo personaggio spalla: sarebbe bello poter leggere molto più riguardante la sua storia.
Infine, Blake Night è il vampiro per eccellenza: bellissimo, attraente, calcolatore e subdolo. Ma tutti nascondono dei segreti e delle debolezze…
Non manca, comunque, un quasi impercettibile tratto romantico, che in “Mezzo Vampiro” si avvicina maggiormente al genere M/M (Male to male, i moralisti sono avvisati), aspetto che, si può ipotizzare, verrà approfondito nei prossimi libri.
Non resta che attendere la nuova opera della nostrana Belinda, per poter varcare di nuovo i cancelli dell’accademia e ritrovare i personaggi e le loro vicende.
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