Grazie a Oscar Vault, torna in libreria la trilogia epic fantasy scritta da Juliet Marillier quasi venticinque anni fa e pubblicata a suo tempo dalla casa editrice Armenia. Chissà se, finalmente, ne vedremo anche noi la conclusione?
“La figlia della foresta” è un romanzo del suo tempo, ma è proprio questo che l’ha reso e lo rende tutt’ora tanto affascinante. Almeno, ai miei occhi, perennemente innamorati di un certo tipo di storie che sembrano essere giunte al tramonto ma che hanno sempre un ascendente su di me.
Protagonista del libro è Sorha, la figlia più giovane di Lord Colum di Sevenwaters. Circondata dall’amore dei suoi sei fratelli maggiori, la ragazza dovrà affrontare il nuovo matrimonio del padre con la malvagia Lady Oonagh, che arriverà a trasformare i sei figli maschi in maestosi cigni. Soltanto lei potrà spezzare l’incantesimo e salvare la sua famiglia, non senza affrontare un crudele compito assegnatole dal popolo fatato.
Chi conosce la favola dei Fratelli Grimm sa perfettamente a che cosa si fa riferimento. I riferimenti alla cultura celtica e irlandese infondono alla storia un’atmosfera suggestiva e magica. La narrazione di Marillier, comunque, dona al libro la sua identità originale, espandendo l’idea della fiaba facendola sua.
Ci si perde in mezzo alle descrizioni dei luoghi e si rimane colpiti dai misteri che lastricano il cammino della protagonista. Questo non è un romanzo leggero ed è la sua drammaticità a renderlo speciale. Pur essendo un mondo fantastico, vivere al suo interno è più arduo di quanto si possa pensare, specie convivere con le creature che albergano i posti più impensabili.
“La figlia della foresta” è un ritorno a una narrazione passata che va sempre apprezzata e considerata. Non è una lettura per tutti, ma è in grado di scaldare il cuore a chi decide di darle una possibilità.