Può un bambino poter sopravvivere in un mondo in cui diventare adulto in fretta è vitale per la propria sopravvivenza? Questo è ciò che cerca di analizzare Dewdney nel suo grande romanzo “Il bambino di polvere”, un fantasy particolare che sorprende soprattutto per la sua ambientazione particolare.
Con un’atmosfera molto introspettiva ed emotiva, il lettore segue la vicenda del giovane Syffo, in un mondo che può ricordare gli elementi tipici di un Medioevo oscuro, drammatico e crudele.
Non ci troviamo di fronte a un’opera ricca di creature fantastiche, ma piuttosto di un ambiente dai confini immaginari e una geografia dettagliata e ben descritta, anche grazie alle illustrazioni e alle mappe che ci si abitua con facilità a trovare nel corso della narrazione. Questo però lascia ampio spazio al realismo e ai parallelismi con la realtà, un contemporaneo in cui ancora si sente parlare di bambini dalle origini indefinite o con una vita così travagliata da far accapponare la pelle.
Il tutto ha origine con un Regno ormai privo di un suo governatore, evento che fa sfociare la situazione dei popoli in una crisi totale, in cui la legge del mors tua vita mea diventa sempre più opprimente nella mente di ogni persona. Da qui, la vita di Syffo e quella di Melo, Cardù e Brindilla sarà tanto dura da far dimenticare loro le piccole gioie dell’essere bambini, trasformandoli in guerrieri solo per riuscire ad avere salva la vita. Una vita che vogliono difendere con le unghie e con i denti nonostante tutto e forse è un proprio questo che commuove: l’attaccamento al proprio quotidiano e la continua ricerca di un riscatto e di quel qualcosa che possa ridonare una vera e propria dignità.