Per la potenza dei messaggi trasmessi attraverso le sue opere, George Orwell ha sempre dimostrato di essere una persona lungimirante, in un modo però particolarmente drammatico. Opere come “1984” o “La fattoria degli animali” descrivono una società che lui rinconduceva al suo tempo, portata all’estremo e immaginando un futuro distopico, impattando con una realtà ancora non in grado di comprenderlo.
Solo noi possiamo sapere quanto Orwell ci abbia preso, perché quanto da lui descritto è come lo specchio su carta di tanti elementi che noi ritroviamo attorno al nostro quotidiano giorno dopo giorno.
Si grida sempre al desiderio della libertà d’espressione, messa a tacere più volte anche con atti di pubblica violenza, che hanno devastato gli animi di tutti instillando il terrore generale. Ma quante volte, oltre a ciò, i grandi mezzi di comunicazione come televisione e giornali hanno veicolato informazioni senza oggettività e magari non complete e frammentate? Sempre più spesso si dice che i potenti non dicono alle popolazioni tutto ciò che sanno, senza cadere nel vortice del complottismo, ma solo valutando dati certi e palesi.
I social media, che dovrebbero permettere a tutti di esprimersi senza timore ma sempre nel rispetto degli altri, stanno diventando sempre più una gabbia in cui il controllo delle informazioni personali è noto e in cui non ci si fa problemi a diffondere calunnie verbali o visive senza pensare alla drammaticità delle conseguenze.
Veri e propri reati vengono perpetrati tramite il computer e una tastiera, su cui si digita molto spesso senza rifletterci e solo per avere anche un semplice istante di popolarità e attenzione. Sono nati così fenomeni virali, che nel bene e nel male hanno fatto parlare di sé, perché l’importante è sempre questo: che se ne parli, non importa come.
È diventato automatico accedere a Facebook, Twitter, Instagram, non solo per avere informazioni sul mondo, ma per commentare, interagire, sentenziare, in una spirale sempre più malata e discendente. Diventa un’ossessione il numero dei like ricevuti, dei seguaci sul proprio profilo, dei commenti che danno ragione e disintegrano chi ha un’opinione differente.
Il concetto di “privato” si va sempre più ad assottigliare, perché ormai la buona parte dei dati sensibili è di dominio pubblico. Un po’ come quel Grande Fratello che osservava la Terra costantemente, sbirciando dalle finestre, nelle vie, ogni volto ai comizi popolari. Ora, quello stesso Grande Fratello è diventato la parodia di sé stesso, trasformato in uno show televisivo che intrattiene ancora troppe persone, che preferiscono farsi gli affari degli altri… probabilmente per non pensare ai propri.