Review Party: Recensione di “Il re malvagio” di Holly Black

« Devi essere abbastanza forte da colpire e colpire e colpire ancora senza stancarti. La prima lezione è acquisire quella forza. Farà male. Il dolore fortifica. »

Tornano le vicende di Jude Duarte nell’oscuro mondo fatato creato dalla meravigliosa Holly Black.
“Il re malvagio” ha rafforzato l’opinione positiva che già avevo del personaggio di Jude. Liberatasi dalle catene dell’essere una semplice preda, ora afferra saldamente le redini del suo destino diventando padrone e, a sua volta, predatrice. Potere e politica sono elementi che si rincorrono e si scontrano a ogni capitolo, facendo ricadere le conseguenze sulle persone amate. Il desiderio di proteggere la sua famiglia diventa il fulcro del suo potere, che mai come adesso è un tema centrale della trilogia. Un controllo così grande, però, può portare a danneggiare sé stessi: la volontà di proteggere gli altri può forse trasformarti in un essere che brama per sé il potere? Jude si ritroverà faccia a faccia con sfide e prove che metteranno a repentaglio i suoi obiettivi.
Senza contare il rapporto tra lei e Cardan, che sembra sempre più vacillare sotto il peso degli eventi, fino a rompersi, ricomporsi, perdersi e ritrovarsi. Non si può fare a meno di emozionarsi di fronte anche agli altri personaggi, come Madoc, o le sorelle Taryn e Vivian. Gradualmente, ognuno cerca di emergere, sgomitando con egoismo, per mostrare una nuova versione di sé stessi.
L’immaginazione e il talento di Holly Black si mostrano ancora una volta in una sua opera, dalla trama intrigante allo stile scorrevole e coinvolgente. Non si smentisce affatto, e porta avanti il suo mondo oscuro popolato da creature tanto affascinanti quanto crudeli, risucchiando il lettore in un vortice oscuro e terrorizzante da cui si può uscire solo arrivando all’ultima pagina. 
L’attesa per il prossimo libro è, se possibile, ancora più snervante di quanto non sia stata per l’uscita di “Il re malvagio”. Ringraziando la Mondadori per aver creduto ancora una volta nella Black, ora si attende con trepidazione l’uscita di “Queen of nothing”.

Review Party: Recensione di “La bambina del lago” di Loriano e Sabina Macchiavelli

« Un’altra attività occupa il suo tempo: la scrittura. È meno assidua della lettura e si limita alla stesura di appunti che mai riprenderà per ampliarli e dar loro la forma di un romanzo o saggio. Lo sa, eppure non riesce a fare a meno di trasformare in scrittura pensieri, ipotesi, sogni, fantasie e in genere tutto ciò che nasce, si sviluppa, e spesso muore, nella sua mente. »

Questa è la storia di delicati quanto reali avvenimenti. Ha origine, come spesso capita, dalla nascita di un figlio e da una delle decisioni più importanti in merito: scegliere il nome perfetto. Gialdiffa e Astorre amano le favole e ne rimembrano di tanto in tanto i passi. L’illuminazione data da Le mille e una notte, li porta a chiamare la loro piccola in un modo particolarmente curioso: Aladina.
La bambina cresce con la meraviglia del mondo negli occhi. Ma la scomparsa prematura della madre, porta lei e il papà a Paese Nuovo, sugli Appennini. Qui non c’è anima che non abbia conosciuto Gialdiffa, tutti sono così pronti ad accogliere la famiglia distrutta dalla perdita e a rivedere in Aladina qualcosa della donna. Per la bambina non è affatto facile affrontare il dolore e il cambiamento. Si sente inadatta a ogni situazione, fuori luogo in mezzo a persone che non conosce e che pensano di conoscerla. 
Ad andarle in salvo sarà qualcosa di incredibile e inaspettato: la foresta e i suoi abitanti le parlano e la comprendono, come ormai da tempo non sentiva. Leggenda, tradizione, realtà si mischiano in un connubio mistico e a tratti magico verso la ricerca della serenità e del futuro.
In “La bambina del lago” ho trovato una freschezza e spensieratezza che da tempo non vedevo in un libro. Le introduzioni ai capitoli e le descrizioni delle scene mi hanno ricordato in qualche modo la leggerezza e la spontaneità che spesso hanno caratterizzato i racconti di Italo Calvino, che con semplicità veicola dei messaggi molto potenti. Loriano e Sabina fanno esattamente questo: attraverso gli occhi dell’innocenza affrontano tematiche positive e negative che descrivono il ciclo di una vita, arricchendola di esperienze e lezioni che colpiscono il lettore, lasciandolo riflettere a ogni capitolo e così, fino al finale.

Esistono tanti libri che trattano argomenti legati all’infanzia, l’adolescenza e i traumi che possono intaccare la crescita. Sicuramente “La bambina del lago” rappresenta un tassello prezioso e meritevole per parlare di questi temi in un modo originale e piacevole.

Review Party: Recensione di “L’ospite indesiderato” di Shari Lapena

« Riley comincia a provare una familiare sensazione di panico, e per un attimo chiude gli occhi e fa un respiro profondo, sforzandosi di non perdere il controllo. Riapre gli occhi. Ora sono tutti nella stanza, ignorando le istruzioni di David di restare indietro. Per un attimo fugace, si chiede chi manterrà l’ordine adesso. Sa quanto in fretta può precipitare una situazione: l’ha visto succedere. »

Una vacanza fuori porta, uno chalet e una foresta e la certezza di poter trovare un po’ di pace. Queste almeno sono le aspettative degli alloggianti che giungono presso Catskill and Mitchell’s Inn, che da perfetti sconosciuti si troveranno ad interagire a causa del peggiore degli imprevisti: un omicidio, che porta a una morte all’altra, in un’inquietante scommessa a chi sarà il successivo.
Non solo ci si ritrova a fare i conti con i tormenti che li hanno condotti fino a lì, ma anche con i tormenti che l’aguzzino fa scaturire con il suo gioco del gatto con il topo. Vincerà lui o l’avvocato David Paley, pronto ad andare fino in fondo alla faccenda e trovare la salvezza?
Shari Lapena ha l’incredibile talento di riuscire a lasciare sul filo del rasoio i suoi lettori. La tensione che riesce a incutere è intensa e al limite del terrore. Con le sue storie è in grado di mettere in discussione le scelte e i comportamenti umani, creando un dibattito interiore che mette in conflitto ragione e sentimenti. Nulla è mai come sembra, sia per quanto riguarda i luoghi che per i personaggi.  La psicologia è un elemento molto importante nella narrazione, perché contribuisce a dare un significato maggiore alle decisioni prese e ai fatti che ne conseguono. La ricchezza dei particolari e il susseguirsi delle azioni rendono la lettura scorrevole, frenetica e ipnotica. Si vuole solo venire a capo di tutto, senza però sapere come ragionarci su. 
Un thriller davvero ben realizzato e assolutamente consigliato. Questa è la prima volta che ho il piacere di leggere un libro di questa scrittrice e ora non vedo l’ora di avere l’occasione di approcciarmi a tutti gli altri già editi!

Blog Tour: “Andate tutti affanculo” dei The Zen Circus – Presentazione e estratti

Chi è nato tra gli anno ’80 e ’90, avrà sicuramente sentito qualche canzone dei Zen Circus, che a distanza di diversi anni continuano ad emozionare folle di fan con il loro sound rock e assolutamente riconoscibile. Da settembre possiamo conoscere maggiormente il gruppo italiano attraverso questa autobiografia, “Andate tutti affanculo”, che riprende in tutto e per tutto l’abum del 2009, uno dei più emblematici della loro carriera, sia come titolo che come riferimento alla copertina. Di seguito, qualche informazione basilare e qualche breve e interessante estratto.

Continuate a seguire il blog tour per scoprire maggiori curiosità in merito!

Titolo: Andate tutti affanculo
Prezzo: €19
Editore: Mondadori
Genere: Biografia
Pagine: 321
Formato: Brossura
Lingua: Italiano
Data di pubblicazione: 10/09/2019
Trama:

Questo è un romanzo anti-biografico. Appino, Ufo e Karim – voce, chitarra e batteria degli Zen Circus – prestano i nomi e la vita a una storia che potrebbe essere una delle loro canzoni. Realtà e finzione si rincorrono in questo rocambolesco romanzo che racconta la nascita di una famiglia disfunzionale, quella di un gruppo di ragazzi che attraverso la musica cercano di definire se stessi, e la generazione di vecchi senza esperienza dalla quale vogliono fuggire. Dal primo concerto durante un’occupazione scolastica al primo tour, fatto di viaggi in camper e notti sotto le stelle a smaltire le sbronze; dalle canzoni scribacchiate durante le seghe da scuola al primo album vero e proprio; dai primi innamoramenti ai primi scottanti abbandoni; dalle prime amicizie fraterne alle bugie capaci di farle vacillare. Sullo sfondo di questa storia di prime volte ci sono un’Italia a cavallo fra due millenni – gli anni Novanta del berlusconismo e delle controculture, gli anni Zero del G8 di Genova e dell’11 settembre – e una provincia che, con i suoi lavori mal pagati, le sue famiglie scoppiate e le sue “ragazze eroina”, crea dipendenza, frustrazione e rabbia. Ma anche un amore cieco e disperato per la libertà.

Estratti:

1.

Corri, corri, corri!

E lui corre, cazzo se corre, sudato e scomposto come Marco Tardelli, con il torace in fuori e la fronte in alto. Peccato che all’ultima curva prima dell’uscita scivoli e vada a sbattere la spalla contro la porta del laboratorio di stenografia. Il dolore gli mozza il respiro e crolla a terra. Di lì a poco gli saranno addosso comunque, allora perché non farla finita e restarsene accasciato a riprendere fiato, chiudere gli occhi e aspettare l’inevitabile? Perché mancano solo dieci passi, forse meno, pochi metri e volerà sulle scale, giù in strada, verso il suo Piaggio Bravo parcheggiato sul marciapiede, e sfreccerà lungo le vie del centro di Pisa, via Garibaldi, Lungarno Buozzi, il Palazzo dei congressi e il viale alberato delle Piagge a un passo da casa, lui e il suo motorino scassato, con il sole in faccia, gli occhi sottili come un esploratore dei ghiacci e il sorriso di chi è sopravvissuto per un altro giorno all’inferno della prima superiore.

2. 

Sono passate due settimane, e di Belardi e Gallorini nessuno ha più saputo nulla. In città si parla soltanto dell’allerta meteo, dell’ingrossamento dell’Arno e della possibile chiusura dei ponti. Le acque hanno raggiunto gli argini e la protezione civile ha costruito delle paratie supplementari impilando centinaia di sacchi di sabbia. I vecchi dicono che non sarà l’alluvione del ’66, ma sintetizzano la situazione con un motto popolare: “Meglio ave’ paura che buscanne”. Meglio avere paura che prenderle. Come dargli torto.

3. 

L’occupazione durerà una settimana, con i dibattiti concentrati nei primi giorni e i concerti e gli innamoramenti negli ultimi. Suonano nel cortile, vestiti da donne. Perché? Per imitare i Nirvana? Può darsi, ma non solo. Vogliono distinguersi, fare qualcosa che non è mai stata fatta prima tra quelle mura. Li chiamano idioti, teste di merda, froci, ma loro se ne fregano. È assurdo che se ne accorgano solo quella sera, salendo sul palco, ma non si sono ancora dati un nome. «La filosofia zen dice che il Nirvana è lo stato di liberazione dell’io» butta lì il Belardi, accordando la sua chitarra. Gli altri lo guardano storto, pensando che sia impazzito. «Ci piacciono i Nirvana. Perché non ci chiamiamo Zen?»

Review Party: Recensione di “Il segreto dei Chimneys” di Agatha Christie

« Sembrava un gestore di osteria, il tipo di uomo che pare uscito da un libro. Nonostante tutto, un tipo interessante. A pensarci bene, è il motivo per cui si viaggia all’estero: vedere tutte le cose inusuali che si leggono nei libri. »

La località di Chimneys è una dei più antiche e regali residenze signorili inglesi, famosa per essere luogo di trattative politiche che coinvolgono diplomatici da ogni dove. Se coloro che popolano questo luogo sono abituati ad un certo tipo di clima, non possono per nulla prevedere ciò che può scatenare un omicidio all’interno delle mura del castello. Il misterioso conte Stanislaus giace ora privo di vita, senza possibilità di difendersi o di parlare di sé, dei motivi che l’hanno condotto fino a lì, fino al suo aguzzino. L’ispettore Battle di Scotland Yard viene quindi chiamato a risolvere il caso, con discrezione e velocità, per far cessare lo scandalo che rischia di abbattersi su Chimneys.
Ma sarà così semplice portare a termine il lavoro, così da soddisfare le esigenze di coloro che l’hanno chiamato?

“Il segreto dei Chimneys” di Agatha Christie è una delle opere forse meno note della prolifica scrittrice, ma che comunque sa intrattenere il lettore grazie allo stile scorrevole e semplice che da sempre caratterizza la regina dei gialli. Anche i protagonisti, nonostante non siano conosciuti come altri presenti in altrettante opere note, sanno il fatto proprio e si inseriscono nella vicenda con naturalezza e intelligenza. Nel complesso non è affatto da meno rispetto a “Dieci piccoli indiani” o “Assassinio sull’Orient Express”: nonostante non sia tra i capolavori del genere, è un modo diverso ma interessante per approcciarsi ad Agatha Christie, senza dover avere a che fare con personaggi di un certo spessore quali Miss Marple e Poirot. “Il segreto dei Chimneys” è un romanzo a sé stante, in cui si entra a contatto con altri personaggi che si fanno scoprire pagina dopo pagina, ma che dopo la risoluzione del caso sono pronti a lasciar andare il lettore verso nuove avventure. Se un neofita volesse approcciarsi alla Christie senza passare inizialmente dalle serie più famose, questo libro può essere un ottimo spunto di lettura.