Quella della Corea è una cultura tanto affascinante quanto particolare e a tratti controversa, soprattutto per chi ne vive una totalmente differente.
Per i coreani, ad esempio, l’istruzione è qualcosa di assolutamente fondamentale: non importa che le scuole a qualsiasi livello costino, le famiglie sono disposte a indebitarsi pur di permettere ai figli di poter studiare negli istituti di maggiore prestigio. Per questo il fallimento non è contemplato e la competizione tra gli studenti è altissima. Questa è solo la punta dell’iceberg.
Frank, pur abitando in California, percepisce molto il peso della cultura coreana, che per quanto non sente sua lo è per i suoi genitori: per loro è Harvard l’obiettivo e non ottenere il massimo dei punteggi fa scaturire in loro un senso di disagio nei confronti del figlio.
Nonostante questo clima non motivi molto l’aspetto sociale, il ragazzo è costretto a partecipare ai cosiddetti Raduni, serate in cui le famiglie coreane immigrate in America si trovano per cenare e avere dei momenti di goliardia in cui i genitori possono mostrare i propri “emblemi”, i successi che i figli hanno avuto fino a quel momento. Avvengono una sera al mese, al di fuori di questi non ci sono interazioni.
I coreani sono molto conservatori e, purtroppo, non vedono di buon occhio chi è diverso da loro, perfino chi è emigrato in un altro paese: basti pensare alla sorella di Frank, Hanna, che si è allontanata definitivamente dalla famiglia perché i genitori non condividevano la relazione con un ragazzo di colore o al migliore amico, Q, con cui loro hanno un rapporto pressoché inesistente.
Sarà dura per Frank trovare una ragazza che soddisfi i parametri di “mamma-e-papà”, soprattutto quando lui è il primo a voler ampliare i propri orizzonti e a volersi integrare nella cultura del paese in cui si trova. Vivere all’estero permette a società così rigide come quella della Corea di levarsi di dosso tanti pregiudizi e limiti mentali che fanno vedere solo il negativo, anziché tutto ciò che di buono questo paese ha. Ampliare la mente e vedere cosa c’è fuori dal proprio nucleo può contribuire a diventare migliori e a dare ad altri validi insegnamenti.

Miss Marple è uno dei personaggi più iconici creati dalla mente geniale di Agatha Christie. Proprio come se ci trovassimo di fronte a una stella del settore, “Arsenico e tazze di tè” è un saggio che si propone di offrire ai fan uno scorcio particolare e diverso dal solito sulla vita dell’investigatrice: tra un evento cardine della sua vita e l’altro vengono anche citati i più celebri momenti che vedono la donna protagonista rendendo la sua figura ancora più epica.
Giornata in piena regola per il Detective Jonathan Stride, quando si trova a dover indagare parallelamente su due casi di cronaca nera che macchiano la cittadina di Duluth. Da un lato il sangue di un uomo misterioso e sconosciuto è stato versato in quello che sembrerebbe solo in apparenza un incidente stradale, dall’altro l’improvvisa scomparsa della stagista Haley sconvolge il set cinematografico che sta mettendo in scena uno dei casi cardine di Stride. È qui che la ricerca ha inizio, tra indizi che infittiscono sempre più le vicende anziché sbrogliarle, in una lotta contro il tempo faccia a faccia con qualcuno che conosce molto bene le sue mosse.
“Il ragazzo che amava il cinema” è un libro capitato inaspettatamente tra le mie letture, così altrettanto inaspettato è stato l’interesse che ha suscitato in me.
Carl Bigelow giunge nella cittadina di Peardale e subito ne intuisce il clima, pregno dello squallore più assoluto. È il suo passato da assassino che l’ha condotto qui, sotto il soldo dell’Uomo, un luogo che non lo lascia più andare e in cui rimane invischiato. Niente è come sembra e fidarsi delle persone è qualcosa di impossibile, un qualcosa che inizia a tormentarlo facendo vacillare le certezze sul giusto schieramento da prendere.