#OTTER VALENTINE – Day 1 – “Love” di Judd Apatow, Paul Rust, e Lesley Arfin

« Non te lo dice mai nessuno. Nessuno ti prende da parte e ti avvisa: «Ehi, perché tu lo sappia, le relazioni sono una fottuta bugia.». Quindi tu continui a credere a questa maledetta illusione di una storia d’amore che evolve e diventa migliore e… ma perché ci fanno questo? Da dove vengono queste bugie? Sai che ti dico? Io so, lo so, dalle canzoni e dai libri e dai film ovviamente. »

Con oggi siamo ufficialmente entrati nella settimana subito precedente al tanto amato e odiato S. Valentino. Personalmente è una festa che non mi ha mai fatto impazzire, ma nemmeno l’ho mai ripudiata.
Quello che voglio proporre, in quest’occasione, è un articolo al giorno, che tratti di questo tema nelle sue diverse sfaccettature e attraverso diversi strumenti di comunicazione, fino al fatidico 14 Febbraio.
Grazie a chiunque vorrà seguire questo percorso.
Oggi parleremo di serie tv. Come posso non nominare “Love”?
Titolo: 
“Love”
Genere: Comedy
Paese: Stati Uniti
Stagioni: 1
Status: IN CORSO


“Love” è una serie statunitense creata da Judd Apatow, Paul Rust, e Lesley Arfin per la piattaforma Netflix e andata in onda dal 19 Febbraio 2016 per un totale di 10 episodi per la prima stagione. Questa è un’occasione, inoltre, per informarvi che la serie è stata rinnovata per una seconda stagione che verrà trasmessa dal 10 Marzo 2017.

“Love” è un gioiellino di serie tv di cui ingiustamente se ne parla troppo poco.
La storia ruota attorno alle vicende amorose di Mickey Dobbs (interpretata da Gillian Jacobs, conosciuta per il ruolo di Britta Perry in quella geniale serie tv che è “Community”) e Gus Cruikshank (interpretato da Paul Rust, sceneggiatore e attore della stessa). Lei ragazza ribelle e spudorata, lui timido, impacciato e pieno di insicurezze.
Apparentemente troppo diversi, con una vita troppo diversa. Pare impossibile perfino un loro incontro. Ma è proprio in una casuale giornata al supermercato che i loro destini iniziano ad intrecciarsi.
Fin qui tutto chiaro. Fin qui, forse, è una cosa già vista. Ma cosa rende “Love” tanto originale ed adorabile?
Dimenticatevi di tutte quelle romanticherie classiche dei film d’amore e preparatevi ad una commedia divertente, frizzante e soprattutto realistica. 
“Love” mostra quanto sia obbiettivamente complesso trovare l’amore, coltivarlo e portare avanti un rapporto tra due persone nonostante le difficoltà e le diversità. 
Mickey e Gus sono due sbandati, ognuno a modo proprio, ma con fragilità interiori che man mano emergono. L’atteggiamento di uno verso l’altra è in continua evoluzione, in un modo per niente banale e scontato.
Molto più dei conflitti fra i due, sono i conflitti interiori che suscitano l’interesse dello spettatore.
Gus è un insegnante di sostegno per giovani attori ma insoddisfatto, in quanto vorrebbe ardentemente diventare sceneggiatore, senza riuscirci. Un ragazzo ingenuo, ma che fa di questo la sua forza.
Mickey vive un po’ alla giornata, ha un carattere dominante e forte, nonostante ci sia qualcosa nel suo animo che continua a pizzicarla, rendendola in realtà una donna molto più insicura e fragile di quanto si pensi. Troverà il coraggio per tirare tutto fuori?
Entrambi gli attori non solo sono incredibilmente bravi, ma sono soprattutto spontanei e credibili nei panni dei due protagonisti; tanto da riuscire e volerti immedesimare in ognuno di loro. Il ritmo è incalzante anche nei momenti in cui la trama non va avanti. La serie tv non annoia, ma fa rimanere incollati allo schermo fino all’ultima scena.
Non manca l’atmosfera delicata dell’amore, che giunge in punta di piedi, e quel lato tenero e romantico che ti strappa un sorriso appagato e commosso di fronte allo schermo.
Non mi aspettavo di rimanere tanto colpita da una storia d’amore, un progetto nato senza pretese ma che inaspettatamente ti ritrovi a consigliare e volerne ancora e ancora. Da una situazione negativa nasce un appiglio positivo. Nel peggio c’è sempre qualcosa di buono. Gli opposti sono diversi, ma a volte capita che riescano ad attrarsi.

Visione: “Sherlock: The Abominable Bride” – Episodio Speciale


« Dead is the new sexy. »



Ebbene, il giorno è arrivato. Dopo due anni di assenza, Sherlock è tornato ad emozionarci.

Per chi non la conoscesse, “Sherlock” è una serie tv britannica liberamente ispirata ai racconti del celebre Arthur Conan Doyle, creata da Steven Moffat e Mark Gatiss e interpretata da Benedict Cumberbatch (Sherlock Holmes) e Martin Freeman (John Watson).
C’è sempre stata una forte diatriba tra chi ama e chi non apprezza questa serie. Personalmente, faccio parte della prima categoria.
Quello che è andato in onda l’1 gennaio 2016 è un episodio speciale, della durata di 90 minuti, ambientato nella Londra vittoriana del 1895. Per chi seguisse in italiano la serie, non dovrà aspettare molto per questo episodio: il film infatti, grazie a Nexo Digital, verrà trasmesso nei cinema italiani il 12 e il 13 gennaio.

Per l’occasione, la sigla è stata riadattata con una carrellata di immagini d’epoca, in grado di far entrare lo spettatore nell’atmosfera giusta. Alcuni tra i personaggi già noti si trasformano: ed ecco sullo schermo una Molly Hooper travestita da uomo e Mycroft con parecchi chili in più. L’intesa Cumberbatch-Freeman non è calata con il tempo; e anzi, fin da subito, con la scena del primo incontro della coppia, riemergono le emozioni provate in questi anni da chi li ha sostenuti.

La trama principale si intreccia con un delicato quanto importante tema politico dell’epoca: la nascita del movimento delle suffragette e la lotta per l’emancipazione femminile. Emelia Rigoletti è una sposa suicida, apparentemente risorta per uccidere il marito e coloro che non rispettano la figura femminile e i suoi diritti. Watson è convinto che la donna sia davvero un fantasma, ma Sherlock, come prevedibile, è convinto che la spiegazione sia un’altra. Hanno quindi inizio le loro indagini tra ambienti gotici e atmosfere macabre, alla ricerca della verità nascosta dietro quel velo bianco.
L’episodio è assolutamente godibile, ho adorato la resa della Londra vittoriana e i dialoghi sono orchestrati magistralmente. Un altro punto a favore di una delle serie che, nonostante l’estenuante attesa tra una stagione e l’altra, aspetto ogni volta con trepidazione.
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Piccolo paragrafo contenente spoiler.
Ma per l’ennesima volta, e mai impariamo ad aspettarcelo, Moffat e Gatiss si prendono gioco del pubblico.  Se “The abominable bride” era stata presentata come una storia a sé stante, quindi  “fuori continuity” rispetto alla serie, durante la visione ci si ritrova sempre più a fare i conti con degli elementi che non sono totalmente scollegati dagli eventi finora narrati. L’intero caso altro non è che un viaggio dello spettatore all’interno del palazzo mentale di Sherlock, in cui si rifugia, alla fine dell’ultimo episodio della terza stagione, alla ricerca di una spiegazione del possibile ritorno del defunto Jim Moriarty. Per Holmes, la sua nemesi non se n’è mai andata; di sicuro non dalla sua mente, dove si annidando le sue più recondite debolezze. Il loro rapporto è anche più intenso e complesso rispetto a quello instaurato con Watson, un equilibrio e contrasto tra lucidità e follia che, forse, non avrà mai davvero fine. Questo elemento fa da ponte tra la terza e la quarta stagione, che purtroppo non uscirà prima del 2017. Il colpo di scena che fa rimanere di stucco i fans e che rimarca ancora una volta l’apprezzamento per questa serie.
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Non resta quindi che portare ancora una volta pazienza e attendere che il genio di Moffat e Gatiss torni a sorprenderci con una nuova carrellata di episodi.

Personalmente, “Sherlock” è una serie tv apprezzabile da chiunque, senza avere particolare gusto per il genere giallo, in grado di unire serietà a siparietti divertenti (con la presenza di tanto fan service, inutile negarlo). Non c’è nemmeno il timore di non riuscire a mettersi in pari, considerata la cadenza con cui ogni stagione è uscita in sei anni. 
Insomma, non ci sono scusanti: guardate e adorate.