Recensione: “Memorie di una Geisha” di Arthur Golden

« Lei si dipinge il viso per nascondere il viso. I suoi occhi sono acqua profonda. Non è per una geisha desiderare. Non è per una geisha provare sentimenti. La geisha è un’artista del mondo, che fluttua, danza, canta, vi intrattiene. Tutto quello che volete. Il resto è ombra. Il resto è segreto. »

Parola d’ordine: mistero. Il mondo orientale, per noi occidentali, avrà sempre un velo di mistero. Non potremo mai davvero capirlo, ma è anche questo che lo rende così affascinante.
La geisha è uno dei simboli caratteristici del Giappone. Ognuno di noi si figura una bellissima donna, col volto truccato di bianco e le labbra di un rosso intenso e vestita con l’indumento tradizionale detto “kimono”. Spesso la sua professione viene ritenuta come qualcosa di volgare, ma in realtà va ben oltre l’intrattenimento di uomini di un certo rango.
Il “gei” di “geisha” significa infatti “arti” e il termine “geisha” è sinonimo di “artigiano” o “artista”. Le geishe devono imparare l’arte della dialettica, della danza e del canto; devono saper suonare uno strumento musicale e condurre una cerimonia del tè. Non tutte le donne possono esserlo, e chi lo diventa lo è perché costretta. 
Questa è la testimonianza di Chiyo, conosciuta con il nome di Sayuri, sullo stile di vita delle geishe nel periodo della seconda guerra mondiale. Dietro la bellezza di un viso simile ad una maschera kabuki e abiti preziosi e raffinati, si nasconde una realtà fatta di sacrifici e mancanza di libertà. Un mondo dove si perde lo stesso nome, la propria identità e la possibilità di scelta. Ma lei è pronta a tutto pur di poter stare un istante in più al fianco del suo amato Presidente.
Arthur Golden fa breccia nell’incomprensibilità di chi a questa mentalità non appartiene. Lo fa con decisione e precisione, ma attraverso le parole delicate di una donna così diversa da lui per mentalità e tradizioni. 

Recensione: “Una bambina” di Torey L. Hayden

« Ma in questi bambini c’è di più. C’è il coraggio. Mentre la sera siamo davanti al telegiornale, a sentire di nuove, emozionanti conquiste in qualche terra lontana, perdiamo i veri drammi che si vivono intorno a noi. È un peccato, perché lì c’è più coraggio che da ogni altra parte. »

Le storie vere hanno in genere maggior impatto emotivo sulle persone. Leggere di esperienze, soprattutto drammatiche, lascia a fine lettura come una sensazione di vuoto; si è increduli di fronte a certe realtà, è difficile accettare che molte cose accadano sul serio.
Si rimane per qualche secondo bloccati nel tempo, con gli occhi sull’ultima pagina del libro in questione. Come davanti allo schermo di un computer spento, che è buio ma allo stesso tempo possiamo vederci riflessi in esso.

Torey non poteva credere che quella raccontata sarebbe stata una delle esperienze più belle, ma anche più problematiche, della sua vita. Aveva già lavorato con bambini emotivamente labili, sapeva come comportarsi. Ma quando una mattina legge di un bambino di tre anni legato ad un albero e bruciato vivo da una ragazzina di sei anni, non può immaginare che da quel momento qualcosa sarebbe cambiato.

Non passa troppo tempo prima che Sheila entri a far parte della sua classe di “bambini difficili”. Non parla, ma nemmeno vuole rendersi partecipe alle attività quotidiane e se infastidita ha scatti di pura violenza. Da tutti è considerata irrecuperabile, ma la donna non si arrende. Passerà momenti di stress, di sconforto e frustrazione, ma con pazienza e determinazione farà breccia nel freddo cuore di una bambina solare e da un’intelligenza fuori dal comune. Tutto sembra andare per il meglio, finché l’insegnante scava più nel profondo e scopre orrori che avrebbe preferito non conoscere.
La scrittura è semplice e pulita, la storia lineare nei suoi alti e bassi. Torey Hayden riesce appieno nel suo intento di non scrivere un libro fine a se stesso. È la risposta a tutte le volte che si è sentita dire “Non è frustrante?”, la testimonianza di un mondo generalmente sconosciuto o addirittura quasi ignorato. In mano non ha alcuna soluzione o bacchetta magica, sa che purtroppo dimostrare amore nei confronti di questi bambini non basterà mai, anche se loro sapranno di rimando essere affettuosi ed insegnare molto più di quanto non venga fatto a loro.
Ma è comunque un tributo a tutti quelli che ce l’hanno fatta, una spinta per chi vive questa situazione ed è portato ad arrendersi. Tutti possono essere come Sheila, una bambina piccola che nel suo piccolo è sopravvissuta anche quando tutti la davano per persa.
In una realtà in cui è la crudeltà a fare da padrone, è l’innocenza e il divertimento che sono in grado di contrastarla.