Review Party: Recensione di “Doppia identità” di Brian Freeman

Giornata in piena regola per il Detective Jonathan Stride, quando si trova a dover indagare parallelamente su due casi di cronaca nera che macchiano la cittadina di Duluth. Da un lato il sangue di un uomo misterioso e sconosciuto è stato versato in quello che sembrerebbe solo in apparenza un incidente stradale, dall’altro l’improvvisa scomparsa della stagista Haley sconvolge il set cinematografico che sta mettendo in scena uno dei casi cardine di Stride. È qui che la ricerca ha inizio, tra indizi che infittiscono sempre più le vicende anziché sbrogliarle, in una lotta contro il tempo faccia a faccia con qualcuno che conosce molto bene le sue mosse.

“Doppia identità” è il nuovo thriller realizzato da Brian Freeman, che ancora una volta costruisce un inedito tassello che va a comporre la carriera lavorativa di Jonathan Stride. L’autore sa bene come tormentare il proprio personaggio e qui lo fa costringendolo a un lavoro introspettivo per anticipare le proprie stesse mosse, che sembrano costantemente sotto controllo di qualcun altro. Alla ricerca dell’identità del colpevole, l’uomo deve fare i conti anche con le identità del mondo dello spettacolo, individui che mostrano solo ciò che vogliono mostrare nascondendo abilmente le loro vere intenzioni. Non si può recriminare nulla a Freeman: è uno scrittore ormai esperto, il cui stile di scrittura è solido, maturo e sa trasmettere le giuste emozioni: le sue storie hanno dei punti fermi che fanno apprezzare ogni volta la lettura. Nonostante siano passati tanti anni e tanti libri, l’autore non sembra ancora averne abbastanza e a ogni nuova indagine solidifica maggiormente ciò che aveva scritto in precedenza, dando nuovi spunti per trame future. Jonathan Stroud si trova ancora una volta a correre mentalmente verso la soluzione dei casi e il lettore corre insieme a lui, scorrendo freneticamente gli occhi tra le pagine, col cuore palpitante e la mente colma di ragionamenti e sospetti, che solo alla fine scoprirà se fondati o meno. Freeman ancora una volta sorprende con una storia dai risvolti imprevedibili che tengono legati a sé il proprio pubblico che non si stanca mai della sua narrazione e che a ogni pubblicazione è pronto, con le mani tremanti, a cominciarne la lettura.

Blog Tour: “Il ragazzo che amava il cinema” di Pere Cervantes – Cinque motivi per leggere il romanzo

“Il ragazzo che amava il cinema” è un libro capitato inaspettatamente tra le mie letture, così altrettanto inaspettato è stato l’interesse che ha suscitato in me.

Si possono individuare almeno cinque motivi principali che possono spingere a cominciare la storia di Nil, il primo fra tutti è lo stile narrativo di Pere Cervantes. Avviene in un lampo: dalla prima parola scritta scaturisce un incredibile trasporto che cala il lettore in un’atmosfera calda e fredda al tempo stesso, data dall’amore di una madre per il figlio e tutti i sacrifici che sono nascosti dietro al desiderio di non vedere mai scomparire il sorriso dal suo volto. Cervantes scrive con fluidità una storia complessa e carica di emozioni, che dai personaggi si trasmette al lettore, che si sente sempre più coinvolto dalla vicenda che si presenta davanti.

Ho sempre trovato nell’ambientazione spagnola dei romanzi un tocco di calore e spensieratezza unico. Mi ha veramente sorpreso il fatto che a questo viene accostato un clima totalmente opposto, cupo e a tratti drammatico, che però non delude ma da un punto di vista insolito delle vie di Barcellona. L’autore ha avuto molta cura di questo aspetto, rispettando la struttura reale della città e dando l’impressione di essere davvero lì, nel punto che in quel preciso momento sta descrivendo. A questo si associa un contesto storico e sociale ben definito, che parte dagli anni 40, subito dopo la guerra civile che ha sconvolto lo stato, un evento che si è abbattuto senza pietà sulle vite di chiunque fosse lì in quel periodo e che per rialzarsi ha dovuto ulteriormente combattere contro lo sconforto e il dolore.

Nil è solo un bambino quando tutto questo capita e vede negli occhi della madre tutti gli sforzi che è costretta a fare ogni giorno. È un protagonista sorprendente, con una forza d’animo invidiabile nell’affrontare ciò che il suo creatore gli ha riservato. La caratteristica più interessante, come si evince dal titolo, è la sua passione per i film, che si trasforma nel quadro generale in un tributo al mondo della cinematografia e uno spunto culturale per esperti e non.

Con “Il ragazzo che amava il cinema” vi ritroverete catapultati in una storia che vi avvolgerà totalmente grazie al mix di generi letterari racchiusi in essa: non si tratta solo di un romanzo storico, ma anche di una storia pregna delle tinte del thriller, che regala emozioni forti date dalla suspence e dall’introspezione nei sentimenti provati dai personaggi, che si aprono al lettore parlando da un’epoca piuttosto lontana ma che si riflette perfettamente nella realtà contemporanea.

Review Party: Recensione di “Notte Selvaggia” di Jim Thompson

Carl Bigelow giunge nella cittadina di Peardale e subito ne intuisce il clima, pregno dello squallore più assoluto. È il suo passato da assassino che l’ha condotto qui, sotto il soldo dell’Uomo, un luogo che non lo lascia più andare e in cui rimane invischiato. Niente è come sembra e fidarsi delle persone è qualcosa di impossibile, un qualcosa che inizia a tormentarlo facendo vacillare le certezze sul giusto schieramento da prendere.

“Notte selvaggia” è uno dei tanti noir scritti da Jim Thompson in cui il lettore si avventura attraverso la mente del protagonista, una mente più complessa delle apparenze e che col tempo viene srotolata come un foglio in cui ogni pezzo s’incastra lentamente al proprio posto. Carl è un uomo dal passato oscuro e difficile da digerire, la sua infanzia l’ha plasmato e fatto diventare l’uomo che è ora, pieno di forza all’esterno ma ferito da innumerevoli cicatrici all’interno. Trovo quasi divertente il suo profilo, a tratti ingenuo, che rende ancora più bizzarro il fatto che sia un sicario, uno tra i più crudeli mai ricordati: è un contrasto particolare che da brio alla narrazione, incuriosendo su come il protagonista affronterà gli avvenimenti. Questo libro non ha come caratteristica principale l’azione, al contrario di altri scritti di Thompson, ma il susseguirsi ossessivo dei ragionamenti dell’uomo, che da lucidi si fanno sempre più emotivi fino a cadere in una spirale marcia, che si riflette sull’ambiente circostante. Non è una tematica nuova, ma ogni opera è a sé così come ogni uomo o donna analizzati dallo scrittore. “Notte selvaggia” è quindi un romanzo ben congegnato, in cui il conflitto interiore mantiene in costante tensione il lettore, che giunge alla fine colpito e soddisfatto da ciò che ha appena affrontato.

Review Party: Recensione di “La saga dei pirati” di James L. Nelson

Poco dopo l’arrivo di Thomas Marlowe a Williamsburg, in Virginia, diventa consuetudine che tutti parlino di lui. Per tenere segreto il suo passato da pirata, acquista una piantagione da una giovane vedova del luogo, pronto a iniziare un nuovo capitolo della sua vita. Ma il mare lo richiama presto a sé quando gli viene affidato il comando della Plymouth Prize, al fianco dei suoi vecchi e fedeli compagni, per difendere la costa dai banditi più incalliti. Così, Marlowe è costretto a fare i conti con il passato, che cerca in tutti i modi di portargli via la nuova vita a cui ambisce.

Un nuovo romanzo a sfondo piratesco torna dopo poco tempo ad allietarmi per qualche ora. Nel caso specifico si ha a che fare con una nuova opera di James L. Nelson, che con grande abilità unisce la storia allo spirito di avventura. “La saga dei pirati” è una trilogia qui riunita in un unico volume, che rende la lettura più scorrevole e fluida. Nonostante la conseguente mole di pagine, la vicenda del prode Marlowe scorre piacevolmente tra una battaglia navale e l’altra, da un punto di vista particolare che però non manca di avere le atmosfere tipiche di questo genere di romanzi.

Altrettanto particolare è la caratterizzazione del protagonista, un uomo che si è allontanato da una vita di scorribande e sfrenatezze per fare posto alla tranquillità e a un clima più sedentario. Quando però si fanno certi piani ecco che la vita torna beffarda a colpire, nel suo caso riportandolo in mare da cui lui si era deciso a staccarsi. Seguirà così un’avventura ancora più incredibile di quelle vissute, al fianco di fidati compari che anche in questa occasione non lo hanno abbandonato.

Gli appassionati degli storici e dei romanzi di avventura rimarranno colpiti dalla bravura di Nelson, che offre al pubblico una lettura coinvolgente ed emozionante, che allieta le giornate e fa volare lontano con la fantasia.

Review Party: Recensione di “La spedizione Donner” di Douglas Preston e Lincoln Child

La spedizione Donner fa riferimento a un tragico avvenimento del 1846, anno in cui una squadra di pionieri americani intraprese un viaggio di ricerca che si bloccò tragicamente in Sierra Nevada. Pochi sopravvissero in tempo per l’arrivo dei soccorritori e l’avvenimento è avvolto in qualche modo in un’atmosfera macabra e inquietante, soprattutto per le azioni compiute dagli uomini per la propria personale sopravvivenza.

Clive Benton è riuscito ora a recuperare un diario di bordo che potrebbe rivelare l’esatta posizione del veicolo utilizzato e portare finalmente a galla ogni più piccolo segreto celato in esso. Per questo, l’uomo contatta l’archeologa Nora Kelly, che persuasa dal ritrovare un grande tesoro si butta a capofitto nell’impresa, affrontando orrori che nessuno vorrebbe scoprire a mente lucida e collaborando non senza qualche scontro con l’agente dell’FBI Corrie Swanson, che intreccia il suo lavoro a questa spedizione a causa di misteriosi omicidi su cui si è trovata ad indagare.

Tra realtà e finzione, il duo di scrittori Preston & Child, realizza un nuovo thriller in grado di far luce su fatti realmente accaduti fornendo una lettura di intrattenimento e tensione.

Il ritmo sempre più incalzante della narrazione è dato principalmente dalla caratterizzazione dei personaggi di Nora e Corrie, entrambi dotati di estrema intelligenza ma anche ambizione che li farà scontrare prima e collaborare poi. Hanno in sé un’energia che rende le due donne subito agguerrite all’occhio del lettore, che rimane intrigato dallo sviluppo del loro rapporto oltre che a quello della trama vera e propria.

Gli autori hanno saputo gestire per il meglio gli elementi storici con quelli di fantasia, in un rapporto funzionale che non da fastidio, ma che anzi appassiona gli esterni alla vicenda ad approfondirla maggiormente. Si rimane ingarbugliati in mezzo a omicidio e mistero, con il loro inconfondibile tocco, che affascina in ogni libro nonostante ne abbiano alle spalle parecchi ormai pubblicati. Con Preston e Child si va sul sicuro: le loro opere interessano gli appassionati del genere, che si avventano su una nuova avventura per farla fuori in poche ore. “La spedizione Donner” è un libro leggero e poco impegnativo che però emoziona il lettore donando un intrattenimento unico, come una fuga dal quotidiano verso luoghi inesplorati e puzzle di vicende interessanti da risolvere.