Review Party: Recensione di “La promessa del buio” di Riccardo Bruni

« Certe giornate sono talmente belle da lasciarti addosso un vago senso di tristezza. Perché non torneranno più. Perché tutto quanto sfiorisce in fretta in un ricordo, e i bei ricordi hanno quello strano retrogusto di nostalgia che non dovrebbero avere, ma così è e non puoi farci niente. »

Una vita, anche se vissuta al massimo, può celare dei ricordi sconosciuti e sopiti.

Lo sa bene Bebo, che in un giorno qualunque riceve in dono un’audiocassetta che lo riporta indietro nel tempo. Ai soprusi subiti dal Bastardo, il desiderio di scappare, la calura dell’estate e soprattutto alla capanna in riva al fiume. Un rifugio di pace, luogo di incontro tra lui e gli amici, che cercano di affrontare le gioie e i dolori dell’adolescenza sulle note dei Nirvana e degli Iron Maiden. Ma la musica è ciò che il lato A della cassetta contiene, ma è il lato B che attira maggiormente l’attenzione. Non ci sono cantanti a solleticare il suo udito, ma la voce di Vanni. Il socio, colui che per Bebo c’è sempre stato e viceversa. Quando inizia a parlare, puntualizza subito una cosa: mentre parla si sta preparando al suicidio. Ma ha un’ultima verità da raccontare e vuole che sia Bebo a saperla: cosa è successo davvero il 15 agosto 1992. Un evento tragico ha spezzato per sempre le vite degli inquilini della capanna. Bebo ripercorre i tempi andati, a cavallo tra il passato e il presente, condotto dalle parole di un uomo ormai morto. Alla ricerca del tassello mancante.

Non appena ho iniziato a pensare a quanto i thriller rischino di somigliarsi tra loro, ecco che Riccardo Bruni spunta tra le mie letture coinvolgendomi in una storia interessante e imprevedibile. La struttura narrativa è tra le più originali e particolari, pensando al genere in questione, e costruisce un percorso di spensieratezza e malinconia che ha come meta l’inevitabile epilogo. “La promessa del buio” è l’esempio lampante che dimostra che non è sempre necessario far camminare il lettore sul filo del rasoio per scrivere un buon thriller. L’elemento culturale risalente agli anni ’90 è sempre qualcosa che mi fa piacere ritrovare in opere attuali; come i personaggi, non riesco a non provare una punta di nostalgia. Questo si riflette sullo spaccato sociale in cui vivono Vanni e Bebo, tra ricchezza e povertà, giustizia e ingiustizia. Entrambi vivono nella parte buia del paese e per esperienze simili si trovano ad essere affini. La curiosità per capire cosa ha causato la rottura del loro rapporto trascina la mente da un’epoca e l’altra. Sembra quasi di essere vicino a Vanni, mentre si avvicina sempre di più alla fine.

Una lettura davvero sorprendente e consigliata. Di certo recupererò le opere precedenti dello scrittore, che ha saputo come conquistarmi!