Review Party: Recensione di “Grass Kings – I Re della Parateria” di Matt Kindt e Tyler Jenkins

Le origini di un popolo hanno radici profonde nella terra natia, un luogo che per secoli ha visto passare su di sé le stagioni e il loro peso, dal caldo al freddo, l’evoluzione culturale e tecnologica, ma soprattutto il sangue versato per dimostrare l’appartenenza.Questo è ciò a cui si viene introdotti nelle prime pagine di Grass Kings, una graphic novel che illustra una terra selvaggia che diviene sempre più all’avanguardia, ma che non dimentica il proprio passato e il desiderio di coloro che vogliono costantemente rivendicare il proprio dominio. Il Regno della Prateria è governato da tacite leggi che prendono forza dagli antichi antenati e sprofondano nell’amore spropositato per la terra in cui si vive, quella stessa terra selvaggia teatro di scontri di cui sembra si possano ancora sentire gli echi.

In un delicato equilibrio tra pace e tranquillità, si snoda la storia di tre fratelli, i Re che custodiscono i confini della propria casa ogni giorno con dedizione estrema. Ma il male può annidarsi dove meno ce lo si aspetta e attendere anche degli anni prima di uscire allo scoperto e infettare come un morbo, per seccare fino all’ultimo granello di terra. Così, i combattimenti per il possesso assoluto sembrano dover inevitabilmente ricominciare.

Attraverso un’atmosfera di calma apparente, si assiste con sempre più prepotenza agli incubi che dalla notte iniziano a tormentare anche il giorno, attraverso uno stile di disegno semplice nei tratti ma potente nei colori. Come su una tavolozza, si passa di pagina in pagina dalle sfumature chiare e soffocanti del paesaggio a quelle violacee e fredde degli animi dei personaggi, sempre più minacciati e sempre meno al sicuro. Il tutto in un ambiente rurale, che nonostante il progresso sembra rimanere comunque indietro rispetto all’America fatta di palazzi con altezze vertiginose, luci e odori forti, persone che si riversano tra le strade come tante formiche.

“Grass Kings” è un inno al patriottismo e all’indipendenza che sfoggia con orgoglio non solo i legami umani ma anche il dolore della perdita e del rimorso attraverso uno stuolo di personaggi che fanno riflettere e commuovere. Riscoprire valori del passato potrebbe essere, se lo si prende dal verso giusto, un modo per migliorare il presente e sconfiggere le minacce più comuni della vita.

Blog Tour: “Tutti i Racconti” di Arthur C. Clarke – Settima Tappa

In questa tappa del blog tour dedicato al primo libro Urania della collana Oscar Draghi targata Mondadori, approfondirò per voi 8 racconti che trovate all’interno della raccolta completa di Arthur C. Clarke.Si possono delineare due filoni narrativi, uno formato da Tre per la luna e l’altro formato dagli altri sette racconti: Cose che succedono, Il Pacifista, L’Orchidea Recalcitrante, Spirito Esplosivo, La Defenestrazione di Ermintrude, Ritmo Assoluto e I Prossimi Inquilini.

Per quanto squilibrato possa sembrare, in realtà è tutto frutto dello studio di Clarke, che si è divertito a spaziare attraverso generi e metodi di narrazione differenti, ma che rendono l’intera raccolta davvero speciale.

Il filone più grande è più comunemente definito “All’insegna del Cervo Bianco”, luogo che prende nome dal maestoso animale per definire il locale in cui periodicamente i grandi studiosi e scienziati si ritrovano per condividere le proprie esperienze, gli aneddoti più memorabili e le scoperte dell’ultimo minuto. Il tutto attraverso l’occhio vigile di Harry Pulvis, da cui tutto passa e assiste alle vicende accanto a noi lettori. L’elemento più particolare è la fusione tra realtà e fantasia, data dalla presenza di personaggi realmente esistiti che si affiancano a volti inventati, ma che probabilmente racchiudono in sé pezzi di coscienza di altrettante menti brillanti che hanno lasciato un’impronta nel mondo. I racconti passano dal più analitico al più bizzarro, stuzzicando la fantasia e divertendo, attraverso la scoperta dell’ennesima avventura raccontata.

Il secondo ciclo di storie invece è “Tre per la luna”, una serie di sei racconti commissionati dal London Evening Standard nel 1956. Prima divisi, ora vengono proposti tutti insieme, in modo da avere un ritmo narrativo sicuramente più fluido e continuativo. Russi, inglesi e americani. Diversi paesi, ma accomunati da un team di astronauti impegnati in una delle imprese più memorabili della storia dell’umanità: quella che riguarda la spedizione sulla Luna. Il sogno di andare oltre i limiti del pianeta si lega al progresso tecnologico e scientifico, di cui Clarke fa un tributo davvero ben scritto. Anche qui, la sua verve divertente è davvero spassosa e non risulta affatto fuori luogo nei confronti di un’impresa tutt’altro che semplice da portare a termine. Anzi, si amalgama perfettamente all’aspetto analitico di tutta la vicenda.

Nonostante l’elemento scientifico possa sembrare appassionante solo agli addetti ai lavori, l’autore è stato in grado di far passare ogni messaggio nel modo più semplice possibile, rimanendo tecnico ma al tempo stesso capibile da chiunque. Elogia i grandi del passato, ma senza metterli sul piedistallo e mostrandoli per quelli che sono davvero: esseri umani, così piccoli ma al tempo stesso così ambiziosi da voler raggiungere le stelle e gli angoli dello spazio. Ogni racconto trasuda la curiosità e la passione di chi ci ha preceduto e che ha contribuito a scoperte sensazionali dipese solo dalle loro possibilità.

Review Party: Recensione di “Hyperion: I canti di Hyperion – Libro uno” di Dan Simmons

Quando ci si trova al cospetto di un’opera mastodontica nel suo genere si ha sempre un mix di emozioni e pensieri contrastanti. La curiosità si mescola al timore di non riuscire a stare dietro alla storia, soprattutto quando si osserva visivamente la mole delle pagine dei libri.”Hyperion” è una delle opere più importanti del genere fantascientifico e riuscire a sviscerare la trama evitando anticipazioni di sorta non è per nulla facile. Questo perché Dan Simmons srotola gli elementi che trainano la narrazione un po’ alla volta, prendendosi il tempo di presentare ogni personaggio e i luoghi di partenza fino a convogliare al fulcro e accompagnando il lettore fino a fargli capire dove ci si sta dirigendo.

Non è solo un viaggio spirituale, ma un viaggio vero e proprio di dimensioni incalcolabili, perché non include una sola terra ma connette intere galassie. Questo grazie allo sviluppo tecnologico che ha portato l’umanità verso scoperte incredibili. Così, dopo il Grande Errore che ha distrutto il nostro pianeta, nasce una nuova federazione denominata l’Egemonia dell’Uomo. Quando si affaccia un’ingombrante minaccia, vengono selezionati sette pellegrini che intraprenderanno il cammino verso Hyperion, luogo misterioso in cui sono custoditi degli antichi manufatti: le Tombe del Tempo.

Ognuno di loro ha un desiderio da esprimere e una lunga storia di intenzioni che li precede. Riusciranno nei loro scopi e a tornare illesi da un luogo importante per il genere umano ma altrettanto sconosciuto?

L’autore, in ogni sua opera, ha la capacità incredibile di avere il controllo su ogni elemento del mondo da lui creato. Questo è giusto puntualizzarlo, perché spesso capita di imbattersi in storie aventi anche una buona base di fondo ma sviluppata male, con incongruenze e buchi non colmati, come se la storia si fosse ribellata al proprio creatore. Per quanto sia una situazione obiettivamente affascinante, nella realtà ottiene solo il risultato di essere negativamente criticata.

Dan Simmons ha studiato l’ambientazione in ogni più piccolo particolare, tanto che se si gira un angolo non descritto tra le pagine, sono certa che il lettore potrebbe trovare altre curiosità tutte da scoprire. Non solo le terre esplorate, ma anche le culture radicate e le innovazioni sviluppate rendono il tutto assolutamente realistico, tanto da chiedersi se davvero, tra qualche secolo, la nostra civiltà potrà avvicinarsi anche solo un minimo a quanto descritto.

“Hyperion”, che nella nuova edizione Mondadori è divisa in due grandi blocchi narrativi, è un’opera che sa coinvolgere attraverso la minuziosità dei particolari e grazie alle storie dei singoli protagonisti che non sono mai uguali l’una all’altra e che stuzzicano i ragionamenti del lettore che cerca di capire e anticipare, invano, le rivelazioni disseminate tra i capitoli. Ed è proprio questo che mi fa amare un libro e il suo autore alla follia: la sua capacità di stimolarmi e mettere più volte tutto in discussione.

Non posso fare altro che consigliare la lettura, che seppur non facile e molto impegnativa, può essere adatta sia ai lettori forti del genere sia a coloro che vogliono approcciarsi attraverso un battesimo del fuoco di cui difficilmente ci si può dimenticare.

Review Party: Recensione di “La nube purpurea” di Matthew Phipps Shiel

« L’interesse astratto che l’umanità, per la sua mera sete di conoscenza, aveva sempre nutrito nei confronti di quella regione ignota, ora era stato improvvisamente intensificato di migliaia e migliaia di volte da un nuovo interesse più concreto: quello, immenso, per il denaro»

In missione verso il Polo Nord, il medico Adam Jeffson scoprirà ben presto quanto le ricerche  del suo gruppo di spedizione siano portatrici di un’inevitabile catastrofe di portata mondiale. Questo perché lì ha sede un luogo proibito, che se attraversato condannerà l’intero mondo a un destino di scomparsa immediata. Quando Adam, per circostanze misteriose, scopre non solo che tutto l’equipaggio è morto ma di essere l’unico sopravvissuto dell’intera razza, non può fare altro che osservare una nube violacea coprire drammaticamente il cielo in ogni parte del globo, ammalando così il mondo.
“La Nube Purpurea” è un libro oltremodo illuminante sulla condizione dell’umanità contemporanea, segno che anche se sono passati trent’anni dalla sua prima pubblicazione, l’autore ha dimostrato una lungimiranza al limite del profetico. Il viaggio del protagonista si compone di un sentiero metafisico all’interno del pensiero globale ed eviscera i punti positivi e negativi che caratterizzano ognuno di noi. Lo scrittore è riuscito a stilare quello che mi è parso a tutti gli effetti un saggio filosofico volto a criticare la società, veicolando ogni più piccolo messaggio attraverso una storia fantascientifica che sa intrattenere, far riflettere e lasciare senza fiato.
La descrizione della solitudine provata da Adam, che col tempo si trasforma in una feroce pazzia, è quanto di più particolare e angosciante che io abbia letto negli ultimi tempi. Il degrado del paesaggio naturale e artificiale, lo spegnimento sempre più frenetico delle forme di vita, la resa mentale cui lui sembra sempre voler cedere, rappresentano una condizione di vita impossibile da sopportare, ma per cui non perdiamo la speranza di un miglioramento. Adam, il cui nome racchiude a sé il primo uomo dell’Eden e l’ultimo, in questo caso, ad assistere all’estinzione di massa, ritorna ad essere un’origine universale da cui tutto deve ricominciare. Basta ascoltare i segnali della Terra, sussurrati durante una tempesta, nello scroscio del mare, nei movimenti del terreno o nel calore del sole. 

Review Party: Recensione di “Shadowhunters: Città del fuoco celeste” di Cassandra Clare

« Perché il mondo non è diviso fra chi è speciale e chi è normale: ciascuno ha il potenziale per essere straordinario. Finché si hanno anima e libero arbitrio si può essere qualsiasi cosa, fare qualsiasi cosa, scegliere qualsiasi cosa. »
 
La pace è sempre un sentore illusorio e mai davvero godibile. Soprattutto quando Sebastian è pronto a sterminare coloro che gli si parano davanti, al fianco dei Cacciatori Oscuri. Questo è il momento in cui più che mai è necessario prendere una posizione e armarsi di coraggio e forza per affrontare il destino avverso e proteggere coloro che si ama.

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