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Blog Tour: “Vorrei essere mio fratello” di Markus Zusak – L’amore ai tempi di Zusak
In occasione dell’uscita del libro “Vorrei essere mio fratello”, secondo della trilogia “The Wolfe Brothers” di Markus Zusak, insieme ad altri blogger è stato organizzato un tour per introdurvi all’interno del mondo di questo talentuoso scrittore che è riuscito a conquistare milioni di lettori, inclusa la sottoscritta.
TAPPE
Ciò che maggiormente colpisce dello stile di Zusak è la freschezza e spontaneità con cui trasmette emozioni attraverso la scrittura. In ogni suo libro l’amore è di sicuro un elemento basilare, mio è il compito quest’oggi individuare per voi degli esempi.
In “Storia di una ladra di libri”, è subito lampante l’intenso legame che lega la piccola Liesel alla lettura, nonostante viva in un momento storico in cui è il terrore a farla da padrone:
1. Ripensandoci, Liesel avrebbe saputo dire esattamente che cosa pensava Papà mentre scorreva la prima pagina del Manuale del necroforo. Rendendosi conto della difficoltà del testo, era ben consapevole che, per Liesel, un libro siffatto era tutt’altro che l’ideale. C’erano parole che creavano problemi anche a lui, per non parlare poi dell’argomento macabro. La ragazza, dal canto suo, aveva un così impellente desiderio di leggere che non provava neppure a capire. In un certo senso, forse voleva essere sicura che suo fratello fosse stato sepolto a dovere. Qualunque ne fosse il motivo, la sua fame di leggere era intensa quanto può conoscerla qualunque essere umano di dieci anni.
2. La stanza si ridusse prontamente, finché con qualche breve passo la ladra di libri riuscì a toccare gli scaffali. Fece scorrere il dorso della mano sul primo piano, ascoltando il fruscio delle sue unghie che sfioravano la spina dorsale di ogni libro. Pareva il suono di uno strumento, o un rumore di piedi in fuga. Usò entrambe le mani. Le fece correre su uno scaffale dopo l’altro. E scoppiò a ridere. La voce le crebbe acuta in gola, e quando infine si arrestò e rimase immobile al centro della stanza, passò vari minuti ad andare con lo sguardo dagli scaffali alle proprie dita. Quanti libri aveva toccato? Quanti ne aveva sentiti? Avanzò di nuovo e lo rifece, stavolta molto più lentamente, con le palme delle mani protese, per permettere alla loro carne di percepire il minuscolo ostacolo di ogni libro. Era come una magia, come la bellezza, mentre vivi raggi di luce splendevano su un candeliere. Più volte quasi tirò fuori del suo posto un volume, ma non ebbe l’ardire di disturbarlo. Erano troppo perfetti.
In “Io sono il messaggero”, il protagonista assoluto è l’amore che Ed prova segretamente per Audrey. Un sentimento talmente forte che porta il ragazzo a gettarsi in altro, per non rovinare il rapporto d’amicizia. Ma come può tentare di instaurare una relazione con un’altra persona, se i suoi pensieri tornano sempre a lei?
1. La guardo… vorrei tanto che ce ne andassimo dentro e facessimo l’amore sul divano.
Che ci fondessimo l’uno nell’altra.
Che ci prendessimo.
Che ci facessimo.
Ma non succede niente.
Ce ne stiamo seduti lì, a bere una bottiglia di vino aromatizzato da quattro soldi che ha portato lei, mentre accarezzo il Portinaio con i piedi.
2. Mi alzo, obbedendo a un impulso, vado da Audrey e la bacio sulla bocca. Assaporo le labbra rosse, la carne, l’aria dentro di lei, e con gli occhi chiusi sento lei per un secondo. La sento, e questa sensazione mi sfreccia accanto, veloce. Mi attraversa, mi passa sopra, e adesso ho caldo e freddo e sto tremando, sono abbattuto. Abbattuto dal suono della mia bocca che scivola via dalla sua, finché tra noi non cala un silenzio incerto.
Eccoci giunti alla trilogia The Wolfe Brothers, che ha inizio con “A 15 anni sei troppo vecchio”, proseguendo con “Vorrei essere mio fratello”. Il rapporto tra Cameron e Ruben va oltre il legame di sangue ed è più forte delle differenze di ognuno. Cameron segue il fratello nelle bravate, fantastica sulle ragazze che trova stampate nelle sue riviste. Quando conosce Rebecca, infine, entra in collisione con la sua prima cotta e con l’ingenua temerarietà che questa porta con sé:
1. Ero lacerato tra l’amore che provavo per il suo viso e il suo corpo, e quello per la sua voce. Il viso aveva carattere, certo. Forza. L’amavo. Amavo il suo collo e la sua gola, le sue spalle, le braccia e le gambe. Amavo tutto di lei…
2. Giurai a me stesso che se mai avessi avuto una ragazza, l’avrei trattata bene, non sarei mai stato uno stronzo, o un porco, e non le avrei mai fatto del male.
Lo giurai a me stesso, ed ero assolutamente sicuro che l’avrei fatto.
Nel secondo capitolo, i due fratelli tornano con maggiore maturità e consapevolezza, cercando di affrontare una situazione famigliare delicata che mostra ancora una volta l’amore che intercorre tra i Wolfe:
1. Siamo dei sopravvissuti. Siamo lupi, cioè cani selvatici, e questo è il nostro posto, in città. Siamo piccoli, e viviamo in una casa piccola in una piccola strada urbana. Vediamo la città, la linea ferroviaria, ed è tutto molto bello in un modo pericoloso. Sì, sono cose pericolose perché condivise dalle persone, che le usano, che si battono per esse.
2. Ricordo chiaramente quei momenti: ricordo come, a fine giornata, quando il sole tornava a fondersi nell’orizzonte, papà veniva da noi con dei chiodi in mano e ci diceva: «Bambini, questi sono chiodi magici». E il giorno dopo, quando ci svegliavano i colpi del martello, ci credevamo. Credevamo che quei chiodi fossero magici, e forse lo sono ancora perché ci riportano indietro, a quel rumore. A quel rumore martellante. Ci riportano a nostro padre, a com’era allora: un uomo alto, forte, chino a lavorare, con un sorriso severo, i capelli ispidi e ricci. Aveva le spalle lievemente incurvate, indossava una camicia sporca. E i suoi occhi erano pieni di vita… Si sentiva appagato… aveva l’aria di chi ha il pieno controllo della situazione, di chi è convinto di comportarsi bene, mentre martellava sotto quel cielo color mandarino o nel crepuscolo che arrivava pian piano, bagnato da una lieve pioggerellina, con le gocce che cadevano come piccole schegge dalle nuvole. A quei tempi era nostro padre, non un semplice essere umano.
«Adesso è troppo reale», rispondo a mio fratello. Non c’è molto altro da dire, quando hai appena visto il tuo vecchio bussare alla porta della gente, per cercare lavoro.
Una persona reale.
Che tutta questa realtà fa vacillare.
Mezzo uomo, ma…
…ancora umano.
Una cosa è certa: i libri di Markus Zusak meritano di essere letti. Nonostante i protagonisti possano essere più o meno lontani da ognuno dei lettori, questi parlano di fatti ed emozioni reali e autentiche, che sanno toccare chiunque perché chiunque, almeno una volta nella vita, ha provato le stesse cose.