« Il solo mondo da salvare sono io. »
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Recensione: “Paranoid Boyd” di Andrea Cavaletto
« Quello che dentro mi sentivo, quello che mi costringevano a negare era diventato reale. Ma in quel modo… quello non lo avrei mai immaginato… »
Cavaletto presenta, quindi, quello che è il suo alter ego e protagonista: William Boyd, uomo dall’apparente carriera di pittore un tempo in ascesa, che precipita in una spirale di tormento e droga dopo la tragica esperienza dell’11 Settembre. Come se non bastasse, l’unico legame che ha ancora con la sua ex compagna è la figlia malata terminale, costretta in un letto d’ospedale. Infine, a complicare il tutto: un misterioso marchio sul petto e una setta di rapitori di bambini dall’ambiguo orientamento religioso.
La narrazione ha momenti statici alternati a scenari frenetici. Ogni elemento rappresentato è essenziale per la buona riuscita e comprensione della storia: dalle sei pagine del numero 0 al quarto albo spin off che pone una pausa tra la prima stagione e il seguito.
Diventa spontaneo chiedersi chi sia William Boyd ed è chiaro fin da subito che non ci sia una vera risposta a questa domanda. Sarà giusto compatire e giustificare un uomo dal passato difficile? Il lettore s’immerge nelle profondità di un animo oscuro, senza essere in grado di condannarlo davvero. Di fronte a quanto viene affrontato, esiste un’unica e giusta reazione? Affronteremmo una quotidianità fatta d’orrore e paranoia proprio come William si ritrova a dover fare?
William Boyd e l’invasata”Mamma Therese”. Non aggiungo altro. |
Non è una lettura che posso consigliare a tutti. Al di là della scabrosità di certe tavole, il modo in cui viene affrontata la religione potrebbe colpire in negativo chi al tema è sensibile ed è giusto avvisare del rischio.
Ma in tutto questo ho solo raschiato la superficie, per comprendere al meglio le vicende è ovvio che sia necessario recuperare i fumetti usciti. Infondo, non ho anticipato nulla del finale.
Ringrazio di nuovo Andrea Cavaletto per la fiducia e auguro a tutti un buon viaggio all’interno delle proprie angosce.