Recensione: “Il villaggio dei monaci senza tempo” di Corrado Debiasi


Dopo il primo emozionante viaggio, Kripala sta per tornare lì dove tutto è cambiato e migliorato. Ma niente è come prima e dovrà di nuovo affidarsi agli insegnamenti spirituali per ritrovare nuovo equilibrio.

Corrado Debiasi mi aveva emozionato e fatto riflettere con “Il monaco che amava i gatti”, un libro che avevo definito prezioso e che, con mia grande sorpresa, ora può vantare un seguito. L’autore maschera bene, attraverso una storia di finzione, la volontà di trasmettere degli insegnamenti che possono giovare a chi vuole e sa come ascoltare.

Kripala è tornato in India per metabolizzare al meglio un lutto. Ma giunto lì, ne deve affrontare un altro, quello dell’amato monaco Tatanji, colui che si è sempre circondato di gatti. Il sollievo che sperava di provare si trasforma in smarrimento e ulteriore dolore. Solo la vicinanza della gatta Shakti e un vecchio taccuino potranno portarlo verso una nuova consapevolezza.

Sarò sincera: scoprire della scomparsa di Tatanji è stato scioccante anche per me. Lasciato alle spalle questo, ho però intrapreso con piacere il nuovo viaggio di Kripala, verso il villaggio dei monaci senza tempo che ha visto in sogno e che sente potrà essergli d’aiuto.

Debiasi ancora una volta approfondisce la conoscenza della cultura indiana, offrendo nuovi spunti di riflessione. Anche solo partendo dai nomi dei capitoli, ci si sente sempre più pieni di una luce positiva, che per quanto derivi dal dolore può portare verso un futuro radioso.

Questo è un libro che va preso con le giuste intenzioni e vissuto lentamente, per essere assimilato il più possibile. A questo punto voglio sperare in un altro romanzo ancora, quindi rimango in attesa di ciò che lo scrittore avrà in serbo per noi.

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