Tema: svegliarsi il giorno del proprio quarantanovesimo compleanno sentendosi per la prima volta arida e mai davvero arrivata a una meta.
Svolgimento: Giulia mai avrebbe pensato che potesse capitare proprio a lei una cosa del genere, così tanto presa dalla sua vita, così tanto ferma sulle convinzioni che la tenevano in piedi fino alla sera prima.
Ma in quella fatidica mattina tutto cambia e il mondo le appare totalmente al rovescio e insensato. Lei, che mai si era vista come madre, sente improvvisamente l’assenza di figli come un tormento che non riesce a scacciare e a cui vuole assolutamente porre rimedio. Quello che esternamente parrebbe un semplice colpo di testa da mezza età, diventa una priorità vitale per la donna, che farà tutto ciò che è in suo potere per portare a termine una gravidanza obiettivamente complessa, anche quando tutti non la prenderanno sul serio.
Ci sarebbero così tante cose da esprimere su questo romanzo che probabilmente non basterebbero nemmeno le stesse pagine di cui esso è composto. Federica Bosco, autrice ormai conosciuta da tanti anni, mai era riuscita a conquistarmi con i suoi primi romanzi ed è servito attendere questo anno terribile per scoprirla, davvero, per la prima volta. Oltretutto, con tematiche che ho sempre dichiarato non avere presa su di me, perché forse per il momento somiglio molto più alla Giulia pre-epifania, piuttosto che a quella che nasce e si trasforma attraverso la sua storia di cambiamento. Ma il fatto di non somigliarle non esclude la capacità di empatizzare e infatti questa vicenda può riguardare tutti, senza alcuna esclusione.
Qui non si tratta di volere o non volere figli, si tratta di concepire un sogno. A prescindere da quale sia la sua natura, dovrebbe essere sempre legittimo avere nuovi desideri e nuove prospettive per il futuro, anche quando socialmente tutti pensano che sia troppo tardi, che non sia giusto inseguire alcunché da una certa età in poi. Che non si abbia il diritto, addirittura, di farsi venire in mente certi pensieri perché ormai la maggior parte del tempo è scivolato via e fare programmi a lunga durata non è più possibile.
Sono discorsi terrificanti, ma che nell’indifferenza del mondo fuoriescono con costanza, facendo marcire tutto attorno a sé. Sono delle maldicenze che trovo terribili io che di anni ne avrò ventotto la prossima domenica, figuriamoci chi è più vicino alla protagonista anche da un punto di vista, chiamiamolo così, biologico. Sul tempo che passa non si ha controllo, è vero, ma sulle proprie scelte e sui propri desideri si dovrebbe averlo sempre, in qualsiasi istante della propria vita.
Ai sogni si guarda sempre con un fare romantico e motivazionale, in un contesto che seppur lastricato di difficoltà ha dalla sua il supporto esterno, di chi crede in te e con te giorno dopo giorno, mettendoci l’entusiasmo quando sembra venire meno a causa dello sconforto. Ma quando la situazione si ribalta e di fronte a una tua decisione tutti ti voltano le spalle, schernendo e prendendo sottogamba ciò che ti scaturisce dal cuore… mancano le parole, perfino per poterla descrivere, questa situazione.
Io sono sempre la prima a sabotarmi, sono sempre la prima a correre con la fantasia e ad abbattermi quando ciò che ho in testa non si realizza. Sono sempre la prima che vede il negativo in tutto ciò che mi riguarda, sempre la prima che non vede una via d’uscita quando attorno ci sono solo delle fredde sbarre. Quindi, non saprei come fare se non avessi attorno quelle poche, ma preziosissime persone, che credono in me anche nel momento peggiore.
Seguendo Giulia si sente sulla propria pelle il peso della solitudine e del fallimento, dei timori e della rassegnazione, del panico e del dolore. Il percorso che sta alla base della sua epifania, di quell’istinto di madre che scatta brillante come una lampadina in accensione, la infiamma e le da coraggio per rialzarsi a ogni piccola e grande caduta per arrivare a tenere in braccio suo figlio. Con lei ci si dispera fin nelle viscere, ma si è pronti a rialzarsi e ricominciare da capo, tanta è ormai la motivazione, che rende ciechi come l’amore e soprattutto fa emergere la forza naturale insita in ognuno.
Storie come quella raccontata qui da Federica Bosco ce ne dovrebbero essere molte di più: non per rappresentare una sterile campagna pubblicitaria pro famiglia, pro fertilità, pro quello che vi viene in mente, ma per spronare le persone a legittimare i propri sogni indipendentemente dalle squallide convinzioni personali fatte passare per convenzioni sociali. Il bigottismo dilaga, come un morbo maligno, e può essere combattuto solo andando controcorrente e credendo in sé stessi e negli altri, di nuovo, a prescindere da tutto e tutti. Ci sono delle serie e obiettive difficoltà, purtroppo, soprattutto quando si parla di avere figli, ma questo non giustifica la cattiveria gratuita delle persone, perché ci pensa già la biologia a metterci del suo senza bisogno che la gente rincari la dose.
Non bisogna dimenticare mai la potenza delle nostre stesse decisioni, anche se questo significa andare avanti senza l’appoggio di nessuno. Solo chi davvero ti ama non lascia la presa e ti da la visione reale della tua stessa esistenza. Sia essa già palese di fronte ai tuoi occhi, sia ancora quando è solo nei tuoi pensieri e, semplicemente, in attesa di nascere per arricchirti davvero.