Con un matrimonio fallimentare e una casa priva di figli, la vita di Barbara scorre nella più completa insoddisfazione, tra una visita alla biblioteca dell’amica Naomi e le lunghe conversazioni in compagnia del medico Phil, con cui condivide la passione per Beckett e Brecht. Ora, il paesino di Bangoree sta per essere sconvolto dalla notizia del giorno, quando si scopre che il famoso poeta Roderick Fitzallan ha ambientato, quando era in vita, alcune delle sue celebri poesie d’amore in questa piccola cittadina di campagna. Ha così inizio una caccia spericolata, per scovare la donna misteriosa locale che aveva ispirato i versi dell’uomo. Barbara non si tirerà indietro, facendo scoperte inaspettate sul suo stesso conto.
Il precedente romanzo di Amy Witting portato in Italia da Garzanti, “La lettrice testarda”, mi ha sempre incuriosito, sia per la trama subito intrigante che per i consensi che ha ricevuto. Preda dei vari impegni, però, riesco solo adesso a recuperare finalmente uno scritto dell’autrice, nello specifico il suo romanzo d’esordio. “La signora delle storie” è un libro che attira per la passione per la lettura, tema centrale della trama, e per il potere in essa racchiuso.
La Witting ha uno stile di scrittura molto scorrevole, grazie a un gergo piuttosto colloquiale che rende sia le descrizioni che i dialoghi alla portata di chiunque. Ci si sente a casa, come se si stessero affrontando le discussioni in compagnia dei personaggi stessi, che risaltano per la loro personalità unica e accattivante. Si parla di quotidiano, di quei piccoli eventi giornalieri che nel complesso formano gli anni di vita delle persone.
È qui che Barbara comincia a trarre le somme di ciò che si è lasciata alle spalle, arrivando alla consapevolezza di un’aridità che le provoca disagio. Proprio per questo non si tira indietro, pur di tenersi impegnata, quando la ricerca della musa di Fitzallan diventa corale. Ogni punto di vista è descritto con una precisione tale da riconoscersi all’istante e dare ritmo alla narrazione. Ho apprezzato la punta di umorismo che aleggia costante tra le pagine, come a voler ridere in faccia ai problemi, anche quando questi gravano fastidiosi.
Oltre alla protagonista, emergono altri personaggi, che formano insieme a lei quel gruppo di letture teatrali da cui tutto parte. Ho apprezzato ogni aspetto delle singole vite, che nel complesso danno corpo alla storia portandola dall’essere apparentemente piatta all’avere costantemente qualcosa da raccontare. La ricerca è solo un collante, un pretesto per mettere in moto delle persone che fino al momento prima non sono riuscite a trovare la giusta spinta per cambiare la personale situazione.
Oltre a ciò si ritrovano i classici comportamenti da paesello, fatti di pregiudizi, critiche, scandali di cui parlare e che qui vengono in qualche modo combattuti. È una visione certamente antiquata della società, ma che è in fede rispetto a quando il romanzo è stato scritto e pubblicato. Amy Witting mi ha fatto davvero un’ottima prima impressione, spero quindi di riuscire finalmente a recuperare il suo secondo romanzo e che Garzanti continui nella sua opera di pubblicazione, così da far conoscere un’autrice che tutto sommato merita di avere ancora una voce nel panorama letterario.