Gli Anni del Consumo sono un ricordo lontano e ora la morte ha assunto un nuovo nome: Soglia64. Capita così, quando nel mondo vigono le Leggi del Risparmio: 64 è l’età decisa entro cui tutti devono andare incontro al proprio destino, volenti o nolenti. Per risparmiare, per dare un futuro a chi ci succederà, per il bene di tutti.
Eppure, questa legge ha senso fino a quando non si viene toccati personalmente. Questo è ciò che ora Stefano dovrà affrontare, portando il padre presso l’ASL di competenza in cui troverà la sua fine. Un senso di rabbia e frustrazione lo corrodono dall’interno nonostante creda negli ideali del regime, così come i ricordi in cui Giovanni si rinchiude, a quando sua moglie era ancora viva e aveva un rapporto con il figlio. Ora, è intenzione del padre recuperare a tutti i costi il tempo che ha lasciato andare al di fuori della vita di Stefano, prima che il tempo stesso, crudele e impassibile, lo porti inesorabilmente oltre quella soglia di non ritorno.
Per Calibano Editore viene pubblicata oggi quella che al momento ritengo sia l’opera più graffiante della bibliografia di Stefano Tevini che, in collaborazione con Giovanni Peli, illustra nel suo nuovo romanzo un mondo distopico allo sbaraglio. Una realtà, quella descritta, che ha trovato un’apparente soluzione nella creazione di una dittatura dagli intenti estremisti che non fa più caso a dolore, ingiustizia, compassione, pensando esclusivamente alla praticità e all’eliminazione di ciò che da fastidio.
Così, fino a subordinare perfino il valore della vita a quello del tanto agognato risparmio.
Spesso capita vengano fatti discorsi esagerati, realistici o meno, su quanto sarebbe comodo e migliore un mondo in cui la popolazione non fosse così numerosa. Certi di questi hanno una logica, purtroppo comprensibile, in quanto le risorse della Terra sono esauribili al contrario della razza umana, che se da un lato scompare dall’altro si riproduce e prosegue nei secoli.
L’obiettivo che si pongono gli autori è quello di comprendere cosa succederebbe se ci fosse una legge che obbliga le persone a porre fine alla propria vita raggiunta una certa età, senza attendere cause quali malattie, incidenti o la stessa vecchiaia. Il risultato è così straziante da fare male dentro: il cammino intrapreso da Giovanni e Stefano è pregno di quell’ansia che si affaccia sull’ignoto, quello dato dalla morte, soprattutto quando imposta, soprattutto quando ancora si ha il desiderio di vivere un po’ di più. Questo fa capire quanto il tempo sia prezioso e perderlo dietro la rabbia, il risentimento o la noia sia controproducente per noi stessi, che potremmo invece pensare a ciò che di bello si ha intorno e vivere per questo al massimo fino all’ultimo.
Capitolo dopo capitolo il cuore non smette di battere, è una tortura fuori controllo che non cessa di esistere anche di fronte a un epilogo già scritto. Siamo tutti accomunati da un qualcosa chiamato speranza, che infonde fiducia, fa credere che possa capitare qualcosa di buono e non rende vana un’attesa. Quando questa s’infrange, qualcosa in noi si spezza, anche di fronte alla dura realtà, aspramente sbattuta in faccia.
Scorrere gli occhi, pagina dopo pagina, è un regalo prezioso fatto di riflessioni sul senso del proprio tempo e sulla direzione che si vuole prendere nel futuro. Aspettare che avvenga qualcosa o che le cose cambino, a un certo punto, diventa un grave errore a cui non si può rimediare, perché col tempo non si può tornare indietro ma si può solo andare avanti.
Questa tematica mi è molto cara perché mi ci scontro ogni giorno, facendomi male fino alle lacrime prima, aggiustando il tiro per migliorarmi poi. Sono colpita nel profondo da un romanzo che intrattiene e lascia senza fiato e al contempo sembra quasi voler essere profetico, vincendo sicuramente nell’intento di mettere in guardia.
Ma capirete tutto questo solo se darete alla squadra Tevini-Peli una possibilità di conquistarvi, attraversando la soglia della prima pagina del libro che vi porterà verso un finale che saprà cambiarvi dentro.