Review Party: Recensione di “Navarro. Il mondo di sotto” di Andrea L. Gobbi

La vita di Pedro sta per trasformarsi in una mirabolante avventura. Il giorno del suo tredicesimo compleanno mai si sarebbe aspettato di ricevere una visita Rodrigo de Triana, marinaio che ha affiancato Cristoforo Colombo nella sua grande impresa per gli oceani. Con sé, Triana ha una lettera indirizzata a Pedro e scritta da Franco Navarro, suo padre creduto da tutti scomparso, che gli annuncia di aver intrapreso un viaggio senza ritorno, verso la faccia nascosta della Terra. Proprio questo Colombo ha scoperto: non l’America, ma che il pianeta è una tavola piatta, il cui fondo è celato all’occhio umano. Allegato alla lettera, Franco ha lasciato in dono per il figlio un amuleto misterioso che può essere un semplice regalo o uno strumento per raggiungere suo padre. Pedro dovrà scegliere se affrontare la sfida e solcare i mari o rimanere alla sua vita, senza avventure o brividi, che è tutto ciò che lui desidera.
Primo di una trilogia dedicata a giovani lettori, “Navarro. Il mondo di sotto” è un libro pieno di avventura e spirito combattivo, legato all’ingenuità di un protagonista che per la sua giovane età vorrebbe solo affrontare i pericoli per sentirsi coraggioso e grande. L’impresa verso la vera scoperta di Cristoforo Colombo sarà movimentata e sorprendente, con tante scene d’azione e ricca di personaggi spassosi e originali che affollano l’ambientazione contenente tanti particolari stuzzicanti. La magia si mescola bene con gli elementi realistici riempiendo l’immaginazione di meraviglia, insieme alle scene concitate che velocizzano il ritmo della narrazione. I bambini adoreranno sicuramente questa storia, che prende gli aspetti divertenti e spensierati alla “Pirati dei Caraibi” e riadatta il tutto per un occhio sognatore come il loro, scatenando tante emozioni una in fila all’altra. Grazie a uno stile scorrevole, la lettura è nel complesso godibile e veloce, in grado di intrattenere il pubblico e invogliandolo a proseguire per scoprire come andranno avanti le vicende legate a Pedro, che qui sono solo al loro esordio. L’opera di Andrea L. Gobbi è meritevole di essere recuperata anche da chi è adulto, che potrebbe riscoprire senza troppo impegno o complessità il potere della fantasia spesso dai più dimenticato.

Review Party: Recensione di “Oltre la guerra” di Marcella Ricci

Appena maggiorenne, Beatrice deve assistere ai disastri della guerra. La tensione è sempre più alta, gli ebrei sono sempre meno accetti e i seguaci di Hitler iniziano a sconfinare oltre la Germania. Per scampare ai bombardamenti e sanare i dolori dell’animo, la sua famiglia fugge ed è nel piccolo paese di Chignolo che li ospita che la sua vita cambia totalmente. Per un caso fortuito, un nazista ferito bussa alla porta in cerca di aiuto: Hans, colpito in un agguato, ha bisogno di cure mediche se vuole sperare di sopravvivere e trova nella ragazza uno spiraglio di luce in grado di scaldarlo e sciogliere il freddo di uccisioni, battaglie e atti feroci e crudeli. Potrà il loro amore sopravvivere al dramma della seconda guerra mondiale?
Trovo di conforto trovare storie d’amore legate ai fatti storici e crudi della guerra. Quella di Beatrice e Hans è una storia continuamente ostacolata, dai fronti, dalla politica, dal continuo proteggersi a vicenda. I due scopriranno gioie e dolori che mai avevano provato prima e incominciano una propria personale battaglia per conquistare un mondo in cui possono vivere insieme serenamente. Il futuro è incerto e la paura opprime. Beatrice è una donna che si riscopre forte oltre le sue aspettative, affrontando sfide fisiche e psicologiche che mai avrebbe pensato in condizioni normali di poter superare. Hans di contro trova la sua forza nel rimanere umano e nel non condividere l’ideologia del regime, ma si nasconde tra le fila scampando ai compiti più brutali e cercando nel suo piccolo di fare quanto gli è possibile per essere migliore della maggior parte dei suoi compatrioti. Insieme formano un vincolo misto tra fragilità e resistenza messo continuamente a dura prova dalla separazione, dal rischio di morte e da chi vuole frapporsi tra loro.
Il romanzo di Marcella Ricci scorre tra delicatezza e frenesia, offrendo una lettura godibile, accurata e piena di intenso amore.

Review Party: Recensione di “Non sprecare il tempo, non sprecare l’amore” di Ann Napolitano

L’imprevedibilità della vita è capace di condizionare un’intera esistenza. Questo è ciò che capita a Edward, che si ritrova completamente solo dopo essere scampato a un disastro aereo di cui lui è il solo sopravvissuto. I suoi genitori, suo fratello e ogni altro passeggero con cui ha più o meno interagito sono tragicamente scomparsi. Edward avrebbe voluto scomparire con tutti loro, piuttosto che dover affrontare il dolore fisico e mentale che da quel momento l’accompagnerà. Eppure, il tempo non si può fermare e i giorni scorrono e pesano sempre di più. Come si può trovare la serenità, quando non c’è più niente per cui gioire?

Non è facile parlare di un libro che ha saputo travolgere tanto intensamente fin dalla prima pagina. Un dramma come quello vissuto da Edward è inimmaginabile, ma nonostante questo Ann Napolitano ha saputo coinvolgere il lettore con una delicatezza e un rispetto oltre i limiti. Mentre si segue il giovane alle prese con la sua nuova vita, si assiste inesorabilmente anche alle storie di tutti gli altri passeggeri, a cui è impossibile non affezionarsi nonostante la loro conoscenza sia limitata tra l’imbarco e lo schianto dell’aereo. Questo rende il tutto ancora più tragico perché si arriva a interiorizzare i loro desideri e speranze consci che niente avrà un futuro vero e proprio. Vivere tra i pensieri di Edward fa quasi paura, per le reazioni che potrebbe avere e per la volontà di non affrontare subito la questione. Ogni sua azione è giustificabile da una nuova condizione mentale, che lo porta a non volersi fare degli amici, a non voler crescere, a non godersi dei piccoli istanti di felicità credendo di non meritarli davvero. Uno spiraglio di luce giunge attraverso la figura di Shay, la figlia dei vicini dei suoi zii da cui lui comincerà a vivere. La loro frequentazione si fa strada a piccoli passi, fino a diventare per entrambi visceralmente necessaria, soprattutto per Edward che vede in lei l’unica confidente. Il loro legame è genuinamente tenero e sarà prezioso per entrambe le parti per gli anni a venire. Questo perché, se da un lato la narrazione si svolge nelle ore sull’aereo, dall’altro per Edward passano i giorni, i mesi e infine gli anni, fino ad arrivare al fatidico giorno in cui la sua età corrisponderà a quella del fratello defunto. Ogni suo pensiero, espresso o meno, è una stilettata al cuore intensa e dolorosa che nei capitoli finali culmina con una frenesia fuori controllo. Ciò che lui deve per forza cercare è un nuovo modo per affrontare il quotidiano, fino a rendersi conto che sprecando il tempo senza vivere davvero non darebbe né a lui né alla sua tragedia alcun significato, nascosto tra fiumi di parole scritte in lettere indirizzate a lui. Questa consapevolezza aleggia costantemente nell’aria ma si prende il tempo giusto per svelarsi, passando dalla negazione all’accettazione fino a una nuova speranza. Ann Napolitano disorienta con la forza dei sentimenti il lettore, che si trova in balia di tutti i personaggi, intenzionati a insegnare qualcosa, ognuno a proprio modo. L’unico lascito possibile, per dare la possibilità a chi può di essere una persona migliore e di rendere speciale ogni istante della propria vita.

Review Party: Recensione di “The Loop” di Ben Oliver

Dal Loop si può entrare ma non si può uscire. Nel Loop si può dormire, ma non sognare. Nel Loop, la libertà è relegata allo spazio della propria cella. Luka è lo sventurato tra i tanti che è costretto a vivere lì dentro fino al giorno della propria morte. Visite e controlli, messaggi politici che si bloccano quando lo sguardo dello spettatore guarda altrove, pasti ridotti all’osso, divise sempre pulite ma sempre uguali a sé stesse. Luka fa di tutto per rintanarsi nella sua mente, tra i ricordi fermi in altri luoghi, in mezzo ai libri che gli è concesso leggere. Happy, invisibile, osserva lui e tutti coloro che albergano il luogo. Come possono cambiare le cose quando è un’intelligenza artificiale a governare sopra ogni cosa in questo posto?

Digerire la lettura di “The Loop” non è quanto di più facile vi capiterà di fare quest’anno. Fin da subito, il punto di vista di Luka descrive ai lettori un’atmosfera soffocante e distorta, che tormenta i personaggi coinvolti quanto chi ne osserva semplicemente le gesta. Leggere l’opera è come rimanere intrappolati in un lungo incubo che dà l’impressione di non arrivare mai a conclusione ma anzi, di peggiorare man mano che si sviluppa. La condizione umana di solitudine mista a dolore fino a sfociare nella follia ha una presa d’attenzione incredibilmente alta, che traina la narrazione e porta il lettore a volerne sapere di più. Dal Loop rimane catturato non solo chi è condannato, ma anche noi che seguiamo ogni giorno le vicende dei personaggi. I valori etici vengono messi in discussione, soprattutto quando si inizia a chiedersi se è il protagonista ad essere negativo per ciò che l’ha portato lì oppure è il sistema stesso a essere illimitatamente crudele.

Adoro alla follia le storie psicotiche e soffocanti come questa, nelle ultime settimane ho avuto il piacere di guardare il film spagnolo “Il Buco” su Netflix e posso assicurare che ci sono molte similitudini, soprattutto per il senso di claustrofobia che entrambe le opere trasmettono. Questa nuova trilogia distopica, scritta abilmente da Ben Oliver, mostra attraverso “The Loop” un potenziale che spero sprigioni tutta la sua forza nei prossimi due libri della serie e che accentui maggiormente gli aspetti più realistici che permeano le pagine, fino a terrorizzare lo spettatore inerme. Utilizzare il fantastico come simbolo per trasmettere riflessioni reali e nuove chiavi di lettura sulla visione del mondo è oltremodo geniale, l’ennesima prova della forza di un genere letterario ancora fin troppo bistrattato.

Review Party: Recensione di “La rovina dei re” di Jenn Lyons

Il giovane Kihrin divide le proprie giornate tra il rubacchiare per la sopravvivenza e il guadagnarsela come apprendista bardo tra le vie della città. Intrufolandosi in una nuova abitazione da depredare, s’imbatte inaspettatamente in un demone che lo marchia, condannandolo. A complicare la situazione viene poi rivendicato come figlio perduto della dinastia reale, che se da un lato per lui potrebbe essere positivo per le ricchezze acquisite, dall’altro sarà da quel momento costantemente in balia degli intrighi famigliari. Diventato schiavo delle creature scese in battaglia, Kihrin si troverà in balia degli eventi e della legge del più forte, alla ricerca della spiegazione di una profezia che potrebbe salvare o condannare il mondo.
Ciò che maggiormente sorprende del libro di Jenn Lyons è il risvolto inaspettato che la trama prende da un dato punto in poi. Tra una descrizione e l’altra si forma gradualmente la persona di Kihrin, che nonostante una vita piena di difficoltà cercherà sempre di mantenere una sua integrità morale, anche se questo risulterà più difficile del previsto da realizzarsi. Kihrin vive uno sconvolgimento dopo l’altro senza controllo, dal marchio del demone all’entrata nella famiglia reale. Nonostante dovrebbe essere abituato alle azioni subdole, si troverà ad affrontare una realtà falsa e corrotta che inizialmente lo disorienterà e a cui sembra impossibile adattarsi per poi sconfiggere. 
Quella de “La rovina dei re” è una storia classica del genere fantasy con l’aggiunta di particolari colpi di scena che elettrizzano e rendono impossibile abbandonare la lettura.