Il filo invisibile del destino sta per legale indissolubilmente la vita di tre gentlemen inglesi. Il tutto a partire da una lettera, il cui mittente invita Edward Jenkins, Angus Cullen e Victor Cooper a partire dalla stazione di Skegness, in direzione di Fault City. Come ognuno non sa nulla del paese di destinazione, così tutti si conoscono solo a bordo del treno e si domandano chi sia colui che li ha convocati e per quale preciso incarico.
Mai come in questo caso l’espressione “l’importante è il viaggio e non la meta” è più calzante. Quanto può essere sospetto un treno completamente vuoto, che viaggia spedito verso una città che nessuno ha mai sentito nominare e che, mentre le ore passano, fa capitare fatti sempre più inspiegabili ai tre uomini, che iniziano a dubitare della propria mente e delle proprie percezioni?
Eppure, qualcosa di tangibile c’è: tutti hanno qualcosa da nascondere, nelle pieghe del loro passato. Ma quel qualcosa rischia di riemergere inevitabilmente, portando a delle conseguenze che non potevano proprio prevedere.
L’Inghilterra vittoriana di fine 1800 fa da sfondo a una vicenda oscura e inquietante, che si svolge con sempre più terrore di fronte agli occhi del lettore. La lettura è molto scorrevole e interessante, tanto da farmi giungere alla fine in meno di un paio d’ore dall’inizio. Ho trovato affascinante il fatto che l’intera opera si svolga nell’arco di una notte, ma che per questo non risulta troppo prolissa giusto per allungare il brodo.
Francesco Cheynet e Lucio Schina hanno avuto l’accortezza di lasciare l’intera storia nelle mani di chi legge, fornendo solo gli elementi essenziali per proseguire senza intoppi nella lettura, evitando di appesantirla con descrizioni superflue. Perché è questo che capita proprio ai tre protagonisti: non hanno nemmeno il tempo di capire cosa succede che ormai si trovano invischiati in qualcosa da cui non possono sfuggire: tornare indietro non è contemplato. Si sentono osservati ma soprattutto giudicati per qualcosa che soltanto loro dovrebbero sapere e il pensiero che qualcosa di inappropriato possa mettere a repentaglio la loro reputazione potrebbe farli impazzire.
“Al di là della nebbia” è una storia dall’inevitabile epilogo, che lascia nella mente domande che è giusto che non trovino una risposta. Mi ha ricordato le cosiddette “creepypasta”, brevi narrazioni di paura dal risvolto inquietante, scritte con lo scopo di lasciare sul lettore una patina invisibile di terrore e disagio.
Ha dell’incredibile che questa sia l’opera di esordio di due scrittori che hanno fin da subito la padronanza di ciò che vogliono raccontare e di dove vogliono andare a fare finire i propri personaggi.
Una lettura breve e godibile, consigliata da leggere di notte, con solo una piccola luce a illuminare la stanza.