Ogni luogo ha la propria storia e le proprie leggende e in tutte le leggende, c’è un pizzico di verità: il paesaggio composto da brughiere, colline e coste sconfinate, tipico dell’Inghilterra, fonda il proprio fascino nella cultura profondamente radicata nella vita delle persone.
I personaggi con cui si entra in contatto nel libro hanno mille sfaccettature fisiche ed etiche che si uniscono e si allontanano, ma continuano a vivere legate, in una sorta di patto di tolleranza.
Questa è la vita: complicata, ma contemporaneamente semplice.
Wolf Solent ha una mentalità complessa e spesso discutibile, data dall’innocenza nascosta da presunzione da cui è mosso. Questo perché è alla continua ricerca di ciò che manca al suo io interiore e per raggiungere questo sparge sulla sua strada delle decisioni sconsiderate e non sempre accettabili.
Lo stile di scrittura di Powys ha quel non so che di poetico che sembra voler proteggere la storia da ogni agente esterno, senza per questo allontanare il lettore ma anzi, rendendolo assolutamente partecipe delle vicende. La fluidità e la bellezza si contrappongono sorprendentemente alla sensazione di tormento che invade l’animo di chi legge, anche dopo molto tempo dalla fine della lettura. Ingenuità e scetticismo sono caratteristiche non inusuali per l’uomo, che tende più verso l’una piuttosto che l’altra a seconda, solitamente, dell’età.
“Wolf Solent” non è certo un romanzo semplice e che richiede concentrazione e impegno per poterlo affrontare nel migliore dei modi.
Non mi addentravo in un vero classico della letteratura da parecchio tempo, sono felice di averlo fatto con una nuova lettura e uno scrittore di cui purtroppo non avevo sentito parlare nemmeno nelle lezioni scolastiche, ma che ha saputo sorprendermi e farmi riscoprire il fascino intramontabile di un’epoca di scrittura intensa e ben curata.