In un mondo in cui la realtà virtuale è ormai parte fondamentale della vita di tutti, Emika Chen corre da una via all’altra di New York in veste di cacciatrice di taglie, con il compito di stanare coloro che si dedicano ad attività online illecite. All’alba dell’inaugurazione di Warcross e piena di debiti fino al collo, Emika fa qualcosa che le costerà caro, molto più di quanto sia precaria la sua attuale situazione: hackera il gioco e subito le viene comunicato l’immediato arresto. Ma anziché in una cella, la ragazza viene condotta a Tokyo, al cospetto di Hideo Tanaka, il creatore del gioco. Colpito dalle abilità informatiche di Emika, il ragazzo le fa una proposta che potrebbe risolvere ogni suo problema finanziario: entrare in Warcross come giocatrice ufficiale e scovare dall’interno coloro che rischiano di compromettere la buona riuscita del suo progetto.
Monthly Archives: Maggio 2018
Review Party: Recensione di “Realtà Parallele – Cronache dall’Altro Mondo” di James Clines

Cover Reveal: “L’anno della morte di Kurt” di Silvia Roncucci
Review Party: Recensione di “La dodicesima clessidra” di Isabella Vinci

Ma qualcosa li lega, come il misterioso passato di entrambi e gli enigmi che si nascondono dentro all’anima della ragazza. Dopo una tregua e una tentata vendetta, la situazione per i due precipita letteralmente tra le acque agitate per la furia di una tempesta, che li trascina fino ad un’isola nascosta tra fitti banchi di nebbia.
I segreti verranno allo scoperto, così come il vero destino di Emerald, condannata ad un’epoca non sua e a perdere tutto per inseguire il corso di una profezia vecchia quanto il tempo stesso. La crudeltà di certe scelte lascia spazio all’amore sconvolgente dei due protagonisti, che combatteranno in ogni modo possibile, pur di restare insieme.
Storia, magia, scienza e avventura si uniscono per creare un mix di emozioni sorprendenti. “La dodicesima clessidra” è una di quelle storie di cui non sai cosa aspettarti, perché lancia premesse che vanno in una direzione, per poi scombinare tutto e ricondurre ad elementi originali e affascinanti. La storia dell’isola di Now e tutto ciò che ruota attorno ai Custodi sono tra le idee più originali degli ultimi fantasy che abbia letto.
Proprio per questo, per quanto apprezzi l’ambientazione piratesca, ho amato di gran lunga la seconda parte della storia, in cui i riferimenti a fatti e persone realmente esistite mi hanno fatto positivamente impazzire.
Non manca di certo l’aspetto romantico della vicenda, che solo nel momento più tragico è riuscito davvero a suscitare il mio interesse. Sadismo? De gustibus, sicuramente.
Trattare di storie in cui il Tempo ha un ruolo fondamentale non è mai semplice. Spesso ci si imbatte nell’errore di ingarbugliare troppo le vicende, fino a quando lo stesso scrittore non ha più il controllo di ciò che sta mettendo su carta. In questo caso, Isabella Vinci è riuscita egregiamente nell’impresa, incastrando con logica e ordine ogni pezzo, senza complicare troppo e giungendo ad un risultato soddisfacente.
Quindi, il lettore non deve temere di perdersi e rimanere incagliato in questa storia: con sapienza, verrà ricondotto sui propri passi dalle orme lasciate sulla sabbia. E tornerà a casa desideroso di lasciare le proprie impresse nel mondo.
Blog Tour: “Realtà Parallele – Cronache dall’Altro Mondo” di James Clines – Ambientazioni
«Ascoltate, a chiunque trovi questa registrazione.» Parla in fretta ora. «Mia moglie e mio figlio… sono nella casa di campagna a Sunset Street, New Jersey. Non è difficile da trovare… vi prego, mio figlio ha solo dodici anni, è un bravo…» Si interrompe perché non riesce a trattenere le lacrime. Si accascia sul tavolo. Altri colpi alla porta. L’uomo non parla più.
Prestate attenzione al racconto del dottor Robert Skinner, devastato dalla guerra e da un insolito avvenimento durante il suo periodo in Jugoslavia.
Nel quarantatré mi trovavo in Jugoslavia, allora si chiamava ancora così, in un paese di nome Trievlijk. Chiamarlo “paese” è forse un po’ troppo per quel gruppo di casupole abbarbicate su un colle, i cui abitanti erano dei poveracci che cercavano di sopravvivere alla guerra come potevano.
La storia di un gruppo di amici dell’Ohio, coinvolti in un gioco più grande di loro.
Io e Bill siamo nati a Darsey, una minuscola cittadina nel nord-est dell’Ohio, contea di Summit. Niente di speciale: se controllate sulla cartina la troverete a stento. Non sono mai più tornato laggiù, ma credo che non sia cambiato niente. Uno sputo di paese era e uno sputo di paese, probabilmente, è rimasto. Tremila abitanti anima più, anima meno.
Kramer si ferma, si volta lentamente portando le mani sui fianchi. «E la bara c’era?»
Mayers annuisce vigorosamente col capo. «Sissignore, c’era.»
«E me lo dici così? Scusa Frank, ma mi spieghi come cazzo ci è arrivata una bara al diciannovesimo piano di un grattacielo, nel pieno centro di New York e senza che nessuno se ne sia accorto?»
Mayers si stringe nelle spalle, fa una smorfia e scuote la testa «Non ne ho la più pallida idea.» Dà un morso alla ciambella.
Robert Todd era conosciuto in tutta Jackson – mille anime a cinquanta chilometri da Portland nel Maine – come l’uomo che riusciva a trangugiare più whisky di qualsiasi altra persona sana di mente.
Nel tempo che andava dalle sei e trenta del mattino all’una di notte, orari di apertura e di chiusura di Jeff’s, ne poteva bere anche tre bottiglie.
Così, quando la sera del ventitré dicembre del millenovecentosettantotto, irruppe da Jeff’s urlando di aver investito un angelo, nessuno gli prestò troppa attenzione.
Egli abita nel sud della California, in una graziosa casetta di due piani circondata da un ordinatissimo giardino. L’erba viene tagliata ogni due settimane, in modo che la ricrescita non superi i dieci centimetri. Attorno alla staccionata, verniciata ogni sei mesi, fa bella mostra di sé una grande varietà di fiori: rose, petunie, begonie, lillà e crisantemi. Qua e là, come disposte a caso, ci sono alcune statuine raffiguranti animali. La loro disposizione, però, è solo un apparente casualità; in effetti sono state oggetto di un’attenta valutazione da parte del loro proprietario.
L’amore può sbocciare in luoghi e momenti imprevedibili. Su quella panchina del Central Park sta per sbocciare qualcosa di fatale.
Fu durante il nostro ultimo incontro che ci baciammo. Ricordo tutto come se fosse avvenuto cinque minuti fa. Eravamo seduti su una panchina di Central Park. Stavamo parlando, quando le nostre labbra si incontrarono e, voi siete liberi di crederlo o no, fu il bacio più bello e dolce di tutta la mia vita. Forse perché dato da quella che oramai ritenevo la parte integrante della mia anima.
Dopo, cominciò la fine.
A presto, la recensione del libro!