L’irlandese Lord Dunsany diede un’impronta che divenne istantaneamente fondamentale alla letteratura fantastica per come la conosciamo. Particolarità principale è la costruzione dei mondi delle sue storie, ognuno costituito da un’ambientazione avente le proprie leggi e peculiarità che contraddistinguono chiaramente l’una da un’altra.
Questo ebbe un impatto notevole sugli autori da lì a venire: non solo ci fu chi ebbe il privilegio di consultare direttamente l’autore, ma tutti furono influenzati indirettamente, rendendo le proprie opere uniche, originali e speciali.
Uno su tutti, il poeta Francis Ledwidge, che dopo un breve scambio epistolare nel 1912 ebbe l’occasione di fare visita a Lord Dunsany, che rimase tanto colpito dal suo lavoro da aiutarlo con la pubblicazione e introdurlo alla società letteraria dell’epoca. “Songs of the Fields”, infatti, venne alla luce grazie anche a questo fatidico incontro nel 1915. Durante la prima guerra mondiale, i due scrittori furono compagni d’armi per un certo periodo e, dopo la tragica scomparsa di Ledwige, Dunsany si occupò della pubblicazione di “Last Songs”, una raccolta in tre volumi che nel 1919 venne accorpata in un’edizione unica antologica, di cui lui stesso curò e scrisse l’introduzione.
Se Ledwige può sembrare meno noto, sicuramente suoneranno meglio all’orecchio i nomi di H.P. Lovecraft, E.A. Poe, Robert E. Howard, J.R.R. Tolkein e Arthur C. Clarke. Nella letteratura fantasy più contemporanea, Neil Gaiman ha riconosciuto l’influenza di Dunsany nelle opere da lui pubblicate, in particolare nel romanzo “Stardust” del 2007, in cui realtà e fantasia sono mondi fisici legati da un confine tangibile che i personaggi possono varcare in più direzioni.
Quello del fantasy è un genere che risale fino ai tempo dei romanzi medievali, popolati da maghi e draghi, e si spinge fino alla fantascienza contemporanea. Lord Dunsany era abile nel creare interi mondi aventi ognuno le proprie religioni, tradizioni e culture. Lo scrittore però non rimaneva fisso su un solo universo: la sua immaginazione era tale da realizzare per ogni romanzo, poesia e racconto una realtà ogni volta differente, capacità in grado di rendere potenzialmente infinita la proliferazione delle sue opere. Lo scrittore rimase fortemente colpito dalla guerra, tanto da avere nostalgia del periodo più semplice e spensierato della sua vita, che si perse tra i drammi che segnarono lui stesso in primis ma anche l’intera storia di Inghilterra e Irlanda. Dunsany era solito scappare nella sua fantasia anche per questo: per non vivere in una realtà in cui l’egoismo e l’avidità hanno soffocato l’immaginazione del popolo, macchiando inevitabilmente quelli che sono i valori più importanti della vita. Dobbiamo a lui e alla sua continua ricerca d’ispirazione delle storie potenti e talmente tanto immersive da far evadere il lettore dai problemi quotidiani e fargli vivere per qualche ora un’esperienza mentale fantastica in grado di risvegliare la meraviglia sempre più spesso sopita.