Tra lo scetticismo e la rassegnazione, Steven Aubrey comincia a scrivere. Non crede nella terapia di un diario, specie quando le sue parole sono vuote e marce. Tutto attorno gli sembra in decomposizione: la casa e con lei gli oggetti a cui i ricordi si aggrappano disperati. Fuori e dentro di sé alberga la morte, eppure quelle pagine ancora intonse lo osservano in attesa di scoprire la sua storia.
Basta un attimo a cambiare per sempre una vita. Un attimo talmente significativo e pungente da scavare nelle viscere e insidiarsi nella mente, fino a trasformarsi in dolore, fino a portare alla follia. Una condizione umana che deve essere documentata e ricordata, anche quando tutto il resto risulta sfocato e solo il ticchettio di un orologio scandisce lo scorrere del tempo.
Chi può capire la propria condizione fisica e mentale se non esattamente chi osserva dal riflesso di uno specchio? Cos’altro rimane quando anche lo stesso riflesso scompare, rifiutando di volgere lo sguardo su ciò che accade attraverso?
Ad Aubrey non resta altro che affidarsi alla razionalità, perché solo così può reggersi in piedi e studiare sé stesso come mai aveva fatto prima. Sa che nessuno gli crederà, perché la convinzione della sua morte va oltre l’impossibile. Una convinzione che lo affama fino a provocarsi del male, mentre la distinzione tra passato e presente si fa sempre più sfumata.
In compagnia delle sue parole, graffianti come schegge di vetro, s’indaga una condizione umana rara e inquietante il cui futuro è imprevedibile, già deciso da chi sta più in alto. Maddalena Marcarini porta all’estasi, tra gotico, macabro e letteratura di genere, per poi mollare la presa e lasciare che la propria creatura sia libera di trascinarci a fondo, in mezzo a quelle viscere rivoltanti che ormai la compongono.
Non serve dilungarsi, quando l’essenzialità rappresenta la massima concretezza. “Diario di un cadavere” è la testimonianza nuda e cruda di un’esistenza che tutti vorremmo evitare, ma che merita di essere conosciuta proprio perché in grado, nonostante tutto, di calcare la terra al passo di tutti gli altri.