« Digrignai i denti, avrei potuto esigere delle risposte da lui, gridargliele alle spalle mentre procedeva senza curarsi di me. Ma poi mi passarono accanto degli uccelli cinguettanti e una brezza mite mi baciò il viso. Davanti a noi notai un cancello di metallo circondato da una siepe.
La mia prigione o la mia salvezza, non sapevo decidere cosa fosse. »
Mors tua, vita mea. Questa è la dura legge della foresta. Questo è il mantra che l’uomo deve ripetersi per evitare di morire di fame. In un clima gelido, in ogni modo concepibile, Feye caccia ogni giorno per la sopravvivenza della famiglia. Non batte ciglio quando scocca le sue frecce contro un animale, sa che un pezzo di carne in più è un passo in meno verso la fine certa. Non ci pensa due volte, quindi, quando imbraccia l’arma contro un grosso lupo che nemmeno l’aveva attaccata. Lo abbatte, lo scuoia, ne mangia le carni e ne vende le pelli. Ma ad ogni azione, c’è una reazione. Mai avrebbe potuto immaginare che alla sua porta potesse bussare una Fae, creatura magica, che per riportare l’equilibrio e rispettare il Trattato pone la ragazza di fronte ad una condizione: una vita per una vita. Per salvare la sua famiglia, ancora una volta, Feye segue il visitatore a Prythian, luogo fatato in cui dovrà passare il resto della sua vita. La sua prigionia è stata voluta da Tamlin, un Fae Maggiore: nobili tanto affascinanti quanto crudeli. Al suo arrivo, però, la ragazza si renderà conto di quanto affascinante e rigoglioso sia quel mondo e di quanto quelle entità tanto temute tra le parole narrate nelle leggende sappiano essere cordiali e ospitali. Una prigione dorata, che via via si svela, mostrando il marcio, la malattia e un potente e misterioso maleficio. Il mistero più grande, però, si annida nell’esistenza di Tamlin: cosa si nasconde dietro alla bestia?
Da premesse come queste sembra quasi impossibile dedurre che la storia sia un retelling de La bella e la bestia: ma va bene così. Sarah J. Maas riesce a mascherare un qualcosa di già visto dietro ad un’ambientazione ricca e complessa, che incanta, proprio come le creature fatate di cui ha voluto scrivere una storia. Oltre a ciò, la caratterizzazione minuziosa dei personaggi è un punto di forza che fa sì che il lettore abbia chiaro di chi si sta parlando e possa decidere liberamente di patteggiare o meno per uno piuttosto che l’altro. Feye è una tosta, ma non per scelta, in quanto sono state le circostanze a costringerla ad abbandonare i panni di bambina per quelli di un’adulta. Senza la sua forza, però, non sarebbe stata in grado di sopravvivere, specie in una realtà così diversa come quella dei Fae. Tamlin, di contro, è un mostro in grado di essere gentile, quando vuole. Disorienta e stuzzica la curiosità di tutti fin dal primo istante. Ogni cosa non è mai come sembra, specie sull’aspetto romantico che caratterizza la buona parte del libro.
Per una volta sono contenta che una lettura non mi prenda a raffica, ma che si faccia studiare, rallentando il mio solito ritmo, per farsi gustare come le prelibatezze del mondo fatato.
Promuovo “La corte di rose e spine” con il guizzo di curiosità che accompagna l’uscita del seguito, di cui ho sentito parlare sempre un gran bene, molto più di questo primo capitolo della serie. La Maas si conferma essere una scrittrice talentuosa e piena di risorse, che sa stupire, emozionare e tenere col fiato sospeso a suo piacimento.