“In cammino verso Compostela” è esattamente ciò che sembra: un viaggio scritto attraverso l’esperienza dell’autrice verso una delle mete più rinomate dai pellegrini religiosi.
In una manciata di giorni ha deciso che la vita che faceva le stava stretta. Aveva bisogno di un cambiamento. Ci sta. Poteva farsi una vacanza al mare, oppure in un centro benessere (non sarebbe stata un’idea malvagia). Invece no. Troppo ordinario! Lei si deve distinguere sempre. E che decide? ‘Faccio il Cammino di Santiago’. Questo ha detto. Mica lo ha detto per chiederci consiglio, o magari solo per informarci. No, lei lo ha annunciato. Va a Santiago. Va? Andiamo a Santiago. Anzi, la portiamo a Santiago. O meglio ancora, DOBBIAMO portarla a Santiago.
Quello che però spicca fin dalla prima pagina, è il modo in cui questo viene narrato: la Masci non si limita a raccontare i fatti nudi e crudi, ma spalma in ogni pagina una verve ironica che diverte il lettore e lo intrattiene. Questo perché non è lei in prima persona a parlare con chi osserva, ma i suoi piedi! Letteralmente passo dopo passo, loro partono con Beatrice portandola verso uno dei viaggi più incredibili della sua vita. Oltre ai piedi, l’intero corpo comunica, dando una personale opinione su quello che parrebbe un colpo di testa di Beatrice Masci, strappando un sorriso e tenendo il clima costantemente leggero e spensierato.
Domani nuova tappa. Si arriverà a Zubiri.
“La fa facile, lei, ma noi siamo ormai una massa informe. Intanto, per colpa delle scarpe che si è portata, siamo bagnati fradici ed è così che, per ore, l’abbiamo portata a spasso. Siamo coperti di piaghe e vogliamo tornare a casa, alla vita di tutti i giorni, quella vita che prevedeva docce quotidiane e passeggiate lievi, con scarpe leggere. Quello potevamo sopportarlo ma questo proprio no. NOI A SANTIAGO NON VENIAMO. Capo, per favore, convincila a portarci indietro”.
“Non ci penso proprio, deve andare avanti e arrivare alla fine di questo
cammino. Forse vedrà la vita in modo diverso”.
“Tranquilli, la vita in modo diverso la vede già, altrimenti non sarebbe
neppure partita”.
“Sentitela, la coscienza. Risorge una volta ogni dieci anni sparando giudizi e sentenze. Noi sappiamo chi è lei. È quella che se non si lava le mani venti volte al giorno non si sente a posto. È quella che indossa un paio di jeans un solo giorno e poi li mette in lavatrice. Ma vi siete accorti che è l’unica ad aver infilato anche le scarpe nella lavatrice automatica? Vi sembra normale?! Ce la vedete, voi, alle prese con lo zaino? È partita da due giorni e lo ha disfatto già dieci volte e ogni volta ha dato alle cose un diverso ordine”.
“Eh certo, lei, o meglio io ho un mio ordine e pretendo che gli oggetti lo rispettino”.
“Ma va là, a lungo andare la farai diventare maniaca dell’ordine. Un bel po’ di trambusto nella vita, invece, a volte fa bene. A me, ad esempio aumenta il battito e vado come un treno”.
“Adesso basta, la riunione è sciolta, tutti a nanna senza storie che lei deve riposare”.
“Ma si è dimenticata di metterci la crema, quella che dovrebbe salvarci dalle vesciche. SVEGLIALAAA”.
“Ho detto basta. Per stanotte potete farne a meno. A letto”.
“E ti pareva. Come al solito ci rimettiamo noi. Così non va, proprio non va. VOGLIAMO LA CREMA”.
Mi è piaciuta la commistione tra fantastico e realistico, penso sia una trovata molto originale!
Narnia sembra lo scenario di una guerra tra Ciclopi. Massi enormi caduti dal ponte di Augusto e fermi da millenni sulle rive di un fiume, il Nera. Passano le ere, le rivoluzioni, le varie strombazzate, fini del mondo, e loro, i massi, sono ancora lì, a ricordare che il tempo è davvero una questione di spazio. Non parrebbe strano imbattersi in Aslan, il grande leone, personaggio fiabesco descritto da Lewis ne “Le cronache di Narnia”. L’acqua azzurra e a tratti verde smeraldo procede lenta scavando grotte e scolpendo rocce. Lungo le sue rive sorgono piccoli orti nascosti dalla vegetazione. In questo scenario ha preso vita l’epica saga di Narnia. Siamo a due passi dalla città di Narni con i suoi rumori ma qui tutto è ovattato e pare di essere davvero in un universo
parallelo la cui vita è scandita dal lento scorrere del Nera, che solo pochi chilometri più a monte, unendosi al Velino, dà vita alle poderose cascate delle Marmore. Sei chilometri da percorrere sul greto del fiume, oppure tre in salita, verso il monastero di San Casciano, struttura medievale arroccata su una montagna. Perché scegliere? Si percorrono tutti e due i sentieri.
Sul cammino si assisterà alla bellezza dei posti visitati e alla meraviglia delle esperienze umane che circondano l’autrice, ognuna con una personale motivazione che le ha spinte a intraprendere questa impresa.
Con Michel ci si rivedrà di nuovo a León, davanti a una pizza farcita. Ci sono poi Danilo e Sam persi tra le vie di Pamplona, oppure il prete che a Burgo Ranero ci ha rincorso con un messaggio dopo la visita in chiesa e il timbro sulla carta del pellegrino. Un messaggio addirittura personalizzato! Tanta la sua fantasia e certamente tanta la sua passione. Del resto, ha detto, in gioventù aveva fatto quella strada ben tre volte!
A León è stata la volta di Katia, incontrata in un bagno, davanti allo specchio, mentre ci si lavava in denti. “Scusa, sei italiana”? Non è una novità: di italiane, in quel bagno femminile del convento di suore dove s’è trovato un letto, ce ne sono diverse. Lei chiede subito di aggregarsi alla compagnia per la tappa successiva. È arrivata dall’Italia da poche ore, dopo aver deciso di partire da Milano, dove vive con il marito, da sola. Ha preparato lo zaino e si è imbarcata. Con lei si divideranno due tappe, un bel po’ di chilometri, per poi rivedersi dopo settimane a Finisterre.
A Triacastela l’incontro tanto assurdo quanto simpatico con Angela, genovese, che ha iniziato a parlare appena arrivata e si è fermata solo il mattino successivo prima di colazione, ma non prima di aver raccontato tutto, ma proprio tutto, della sua vita e di quel “cretino” – parole sue – di suo marito. Ha mollato a casa consorte e figli ed è partita con un volo fino a Santiago. Dall’aeroporto alla stazione degli autobus ha pregato il taxista di portarla il più lontano possibile dalla cattedrale di Santiago, visto che ci sarebbe arrivata a piedi. Poi con gli autobus è arrivata a Triacastela, da dove ha iniziato il cammino. “Sono qui perché è qui che devo essere” ha chiarito subito, raccontando tutto, fino alla crisi con un marito “concentrato su se stesso e immobile”, sempre parole sue. Per lei Santiago doveva essere una ripartenza. Speriamo sia stato così.
Il libro viene corredato dalle foto scattate durante il viaggio, che ho trovato di grande impatto e sorprendenti: hanno reso ai miei occhi il cammino verso Compostela reale, concreto, come se fino ad ora fosse stato un mito di cui si parla ma di cui non si hanno le prove.
Beatrice Masci affronta l’esperienza con una determinazione ammirevole, di ispirazione per coloro che hanno ancora dubbi sull’intraprenderla o meno. Non prende sottogamba la situazione e anzi, sottolinea quanto sia stata dura e a tratti impossibile, ma la sensazione di benessere che si prova giunti alla meta è impagabile sotto ogni punto di vista.
Certo, gli ostacoli non mancheranno, a volte visibili ma più spesso nascosti. Tuttavia non mancheranno neppure le sorprese. Il problema è che non riesci a fermarti, perché quando inizi a camminare vorresti che il viaggio non finisse mai. Perché, come ha detto qualcuno, più che la destinazione conta la strada che ti ci porta. Dietro a ogni collina potrebbe nascondersi l’ennesima sorpresa e diventa sempre più facile rinunciare a volgere lo sguardo alla strada già percorsa e dunque per questo motivo conosciuta, senza più sorprese. Si tratta di un cammino che coinvolge ogni parte del corpo, a cominciare dai piedi.
“In cammino verso Compostela” di Beatrice Masci è acquistabile su Amazon.
GIVEAWAY
L’autrice ha dato la possibilità di poter ricevere una copia del romanzo!
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Seguite le istruzioni e, se sarete idonei, verrete contattati. In bocca al lupo!
Bellissimo articolo 🙂
(AlessandraNekkina9372)