In Crescent City, nuova trilogia di Sarah J. Maas, la società come la conosciamo noi è quasi del tutto sparita. Ora non sono più i mortali a prevalere, ma la loro presenza è pari a ogni genere di creature magiche, che vengono suddivise in quattro case differenti.
Oggi parliamo di una di queste: la Casa delle Molte Acque.
Come decretato nel 33 EV dal Senato dell’Impero nella Città Eterna, questa Casa è composta da Vanir che ruotano principalmente attorno all’elemento dell’acqua, sfruttandone il potere e adattandosi fisicamente alle condizioni di questo specifico ambiente naturale.
La caratteristica più affascinante dei membri della Casa, è la capacità di percepire cosa scorre nel corpo delle persone, come malattie, debolezze e veleni. Unito al fatto che i fiumi sono un ottimo posto in cui far sparire un cadavere, diventa fondamentale il loro contributo alle indagini che portano avanti Bryce e Hunt.
I Mer hanno una lunga coda coperta di squame, le cui colorazioni variano con sfumature accese e variopinte, con colori differenti, a strisce o macchie, così come le pinne che possono variare sia di lunghezza che spessore. Le branchie sotto alle orecchie permettono loro di respirare sott’acqua e muoversi grazie alle mani palmate. Sono principalmente dei mutaforma, in grado di prendere sembianze umane per brevi periodi di tempo: se la durata si allunga eccessivamente, il cambiamento sarà permanente, facendo seccare le squame e sfaldando le branchie. Devono nuotare almeno una volta al giorno ed è sufficiente una vasca piena d’acqua.
La loro magia coinvolge principalmente l’elemento in cui vivono, anche se alcuni possono evocare tempeste. Si dice che la Regina del Fiume, in parte mer e in parte spirito del fiume, possa evocare catastrofi terribili, in grado di mettere in pericolo perfino l’integrità di Lunathion.
In contrapposizione ai Mer ci sono i Nøkks, creature originarie dei mari ghiacciati del nord. Possono raggiungere una lunghezza di due metri e mezzo e sono privi dei tratti umanoidi, sostituiti da una mascella inferiore sporgente, bocca senza labbra, molto larga e piena di denti affilati simili ad aghi. Come alcuni pesci che vivono nelle acque più profonde, anche loro hanno degli enormi occhi lattiginosi, una coda traslucida, ossuta e affilata e un busto muscoloso e deforme. Non ci sono peli a ricoprire il petto e la testa, mentre le mani squamate hanno quattro dita con artigli d’avorio alle estremità e che ricordano molto dei pugnali. Hanno la particolare abitudine di trascinare i nuotatori in fondo a stagni e laghi fino a farli annegare, per poi cibarsene per giorni interi.
Altre creature più comuni sono spiriti del fiume, sirene, bestie acquatiche, ninfe e kelpie.
Per la realizzazione dei personaggi di questa Casa, la Maas si è sicuramente ispirata al folklore classico riguardante le creature d’acqua, quello che possiamo ricondurre innanzitutto alle leggende nordiche ma anche a opere quali l’Odissea di Omero.
La sirena, letteralmente “la ragazza del mare” è di fatto una creatura ibrida, metà donna e metà pesce che si associa in genere al mondo nautico come nemica dei marinai, che ammaliati dal loro canto abbandonano le loro imbarcazioni fino a trovare la morte nelle acque più profonde degli oceani. Per questo spesso e volentieri sono stati fatti dei richiami alla figura del diavolo, l’incarnazione del male che fa soccombere i mortali. Per la controparte maschile esistono i tritoni, prestanti uomini pesce dall’incredibile intelligenza.
In epoca più recente sono nate opere che mettono queste creature sotto una luce diversa e più positiva, fino a quelle più iconiche come “La Sirenetta” in cui sono il romanticismo e l’amore che muovono tutti i personaggi. I mostri marini diventano così esseri leggiadri, graziosi e gentili, che esprimono la purezza dei sentimenti più che le azioni subdole volte alla rovina dei propri nemici.
My two cents about.
“Crescent City” ha sicuramente l’ambientazione più ricca e complessa di tutte le saghe scritte da Sarah J. Maas.
Se non siete sconosciuti alla sua penna, troverete molti elementi ricorrenti, sia come dinamiche di trama che come caratterizzazione dei personaggi. Questa è una caratteristica che solitamente non mi da fastidio: amo perdermi tra le descrizioni dettagliate di un mondo fantastico, ma in questo caso, forse per il periodo che mi trovo ad affrontare, purtroppo mi è costata non poca fatica a stare al passo col tutto.
L’aspetto thriller, legato alle indagini di Bryce, è ben strutturato e dopo la prima parte prende incredibilmente piede dando energia e ritmo al libro. Si percepisce un salto di qualità della Maas, che pur inserendo le classiche scene ricorrenti che ama tanto indagare nelle sue storie affronta temi forti e pesanti da digerire, come il trauma di una morte e l’elaborazione di un lutto, che può essere più difficile e lungo da superare di quanto si pensi.
Come libro introduttivo è sicuramente il più incisivo tra quelli da lei scritti, grazie a una trama centrale coinvolgente che suscita la curiosità nel proseguire la lettura.
Sono d’accordo, penso che questo sia il miglior inizio di serie da lei scritto fino a questo momento. Inoltre ho apprezzato tantissimo la parte thriller perché mi ha catturata fin da subito, così come il world building (ma questo per un mio gusto mooolto personale). Diciamo che la Maas è una mia guilty pleasure.