Recensione: “Sensitive” di Vivian Ley

Ci sono aspetti dell’animo umano che spesso non si vorrebbe scoprire. Albergano reconditi nelle profondità della mente, nascosti tra un desiderio e l’altro, imprigionati dal muro della repulsione che protegge conseguentemente il raziocinio, permettendo di riuscire ad addormentarsi la notte. Quando entra in gioco la sensibilità, questa abbatte ogni ostacolo lacerando le illusioni e facendo emergere il vero io alla luce del sole, che brucia la pelle, buca gli organi vitali, fino a schiantarsi contro ciò che si definisce anima, mettendola di fronte ai fatti reali senza permetterle più di velarsi dietro alle apparenze.

Vivian Ley trasmette tutto questo attraverso una raccolta di racconti veloci da leggere ma duri da digerire, per le tematiche affrontate che fanno risaltare i lati bui dell’essere umano. “Sensitive” è luci e ombre, vita e morte, amore e ossessione. Un inno all’imperfezione dell’individuo, che scava insistentemente per far riflettere e sensibilizzare su argomenti che solitamente si seguono distrattamente, sui notiziari e tramite i social, ma che passano e se ne vanno nel giro di pochi minuti, se non addirittura secondi. Soprattutto quando non si viene toccati direttamente, vige la corazza del distacco e dell’egoismo, che scaccia l’inquietudine data da certe informazioni e torna a focalizzarsi sulla propria esistenza, con i propri problemi e con le proprie gioie.

I personaggi delle storie dell’autrice sono le sfumature di questa sensibilità tanto ricercata, che indaga la psicologia attraverso i differenti punti di vista tra vittima e carnefice, sorprendendo quando questi imprevedibilmente coincidono. Ognuno dei protagonisti si racconta per pochi istanti, bloccandosi nel limbo del tempo per poi tornare a fare i conti con sé stesso da solo: il lettore può solo immaginare il dopo, interrotto bruscamente dalle parole che non permettono di andare oltre. Si fermano, lasciando il resto all’immaginazione e scaricando addosso sensazioni intense, che lasciano tracce sgradevoli ma necessarie alla vera comprensione.

Lo stile di scrittura di Vivian è graffiante e diretto, non gira intorno ai fatti di cui mostra particolari scorci ed è perfetto per il messaggio che vuole trasmettere, non percepibile da tutti, ma solo chi avrà la volontà di fermarsi e concentrarsi sulle pagine potrà recepirlo davvero. “Sensitive” è un breve attimo d’inspiegabile forza, che s’incastra nel cuore e come una scheggia fa sanguinare, per rendere migliore chi dal dolore sa trarne gli insegnamenti.

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