Una vita passata a scagliare maledizioni può diventare, essa stessa, una maledizione di riflesso. Briar si sente a proprio agio solo con il pennello tra le mani, ma macchiarsi di ulteriore cattiveria la porterebbe a non riconoscersi più. Un salto nel vuoto e un imprevedibile alleato come Archer le sveleranno i primi passi verso il reale talento del suo essere artista.
Il percorso da intraprendere non è mai né semplice né scontato, specie quando si ha a che fare con le arti oscure. Una maledizione ha molteplici significati e conseguenze, sia sull’ambiente che sulle persone. Un peso non indifferente quando l’unico desiderio è sciogliere le catene e sentirsi finalmente liberi.
Gioca, Jordan Rivet, con i suoi ignari personaggi. Mai innocenti, ammaliati dai piaceri di una vita di privilegi, ma non per questo pronti a sobbarcarsi una maledizione tra capo e collo. La sua penna scorre come un pennello su tela, intessendo il primo libro di una trilogia retelling. Una storia salda e sensata, in grado di reggersi tranquillamente senza l’intervento di elementi già conosciuti in precedenza.
Una benedizione, oserei dire, in questo periodo letterario sempre più uguale a sé stesso sotto diversi punti di vista. Tra le pagine si scava sotto la superficie dell’apparenza fino al cuore dei protagonisti, che scalpitano senza pretese di seguire la propria strada. Robin Hood si esalterebbe al loro cospetto.
I capitoli ingranano con sempre maggiore forza, puntando al creare un’atmosfera suggestiva e soprattutto un sistema magico con regole tanto ferree quanto affascinanti. Regole che i lettori si divertiranno a scoprire come verranno infrante, perché in mezzo ai ladri si può imparare solo una cosa.
Questa è solo la prima lezione su come diventare un cattivo gentiluomo. Per il resto non resta che attendere il futuro della storia.