Carl Bigelow giunge nella cittadina di Peardale e subito ne intuisce il clima, pregno dello squallore più assoluto. È il suo passato da assassino che l’ha condotto qui, sotto il soldo dell’Uomo, un luogo che non lo lascia più andare e in cui rimane invischiato. Niente è come sembra e fidarsi delle persone è qualcosa di impossibile, un qualcosa che inizia a tormentarlo facendo vacillare le certezze sul giusto schieramento da prendere.
“Notte selvaggia” è uno dei tanti noir scritti da Jim Thompson in cui il lettore si avventura attraverso la mente del protagonista, una mente più complessa delle apparenze e che col tempo viene srotolata come un foglio in cui ogni pezzo s’incastra lentamente al proprio posto. Carl è un uomo dal passato oscuro e difficile da digerire, la sua infanzia l’ha plasmato e fatto diventare l’uomo che è ora, pieno di forza all’esterno ma ferito da innumerevoli cicatrici all’interno. Trovo quasi divertente il suo profilo, a tratti ingenuo, che rende ancora più bizzarro il fatto che sia un sicario, uno tra i più crudeli mai ricordati: è un contrasto particolare che da brio alla narrazione, incuriosendo su come il protagonista affronterà gli avvenimenti. Questo libro non ha come caratteristica principale l’azione, al contrario di altri scritti di Thompson, ma il susseguirsi ossessivo dei ragionamenti dell’uomo, che da lucidi si fanno sempre più emotivi fino a cadere in una spirale marcia, che si riflette sull’ambiente circostante. Non è una tematica nuova, ma ogni opera è a sé così come ogni uomo o donna analizzati dallo scrittore. “Notte selvaggia” è quindi un romanzo ben congegnato, in cui il conflitto interiore mantiene in costante tensione il lettore, che giunge alla fine colpito e soddisfatto da ciò che ha appena affrontato.