Dopo otto anni da quando tutto ha avuto inizio e con l’Impero sempre più in rovina, Hari Seldon torna ora alla ribalta per portare a conclusione quello che aveva iniziato e scongiurare una fine drammatica. Ben pochi su Trantor sono a conoscenza di come le vicende stiano portando a una reale catastrofe, ma lo studioso della Psicostoria, grazie proprio agli studi portati avanti sulla predizione del futuro, sa che ormai il crollo è inevitabile. Ciò che si può fare ora è costruire delle nuove basi solide, che possano sopravvivere a questo periodo oscuro e portare verso un nuovo impero.
Quello che caratterizza in particolare questo libro sono le sue origini: pur essendo il secondo di un ciclo di sette romanzi è anche l’ultimo che Asimov scrisse prima di morire. Punto cruciale dell’intera opera è l’evoluzione sociale, politica e ambientale a cui Seldon assiste dopo averla soltanto predetta e che è proprio questa la causa della sua rovina, che lo porterà a perdere quel prestigio che aveva caratterizzato la sua gioventù e a cercare disperatamente degli eredi, che saranno poi coloro che prenderanno le redini della Trilogia della Fondazione da qui a venire.
Se preso come libro conclusivo dell’intero ciclo posso comprendere che non sia affatto all’altezza di tutto quello che era stato pubblicato precedentemente, ma “Fondazione Anno Zero” è assolutamente una degna conclusione del Preludio che da gli elementi giusti per non rimanere spiazzati di fronte alla quantità imponente di nuove nozioni che l’autore ha inserito nei libri successivi, una propedeuticità preziosa per apprezzare senza smarrirsi le fondamenta carine che lo hanno reso straordinario.