Eccoci giunti alla conclusione del Blog Tour dedicato a una delle opere più note di Victor Hugo. Abbiamo potuto esplorare la nuova e bellissima edizione della collana Oscar Draghi, conoscere i personaggi, ammirarne l’arte e tanto altro. Come degna conclusione, vi riporto di seguito i racconti di coloro che hanno deciso di aprirsi a me e parlarmi della loro esperienza a contatto con la cattedrale. Un bel tributo alla bellezza che un edificio tanto iconico sa trasmettere al di là del tempo e per ricordarne la grandezza anche dopo quel fatidico incendio che ha messo in ginocchio tutti, incapaci di fronte alle fiamme divampate.
Io sfortunatamente non ho ancora avuto la possibilità di ammirare Notre-Dame dal vivo, ma non potrò mai ringraziare abbastanza le persone che me l’hanno mostrata attraverso i loro occhi.
Agosto 1991 o giù di lì.
Era la nostra seconda estate in vacanza in Francia. L’anno precedente, mia madre ci aveva trascinati tutti a visitare i castelli della Valle della Loira (e, lo ammetto, nella mia testa, a distanza di trent’anni, si sono fusi in un unico, enorme castello gigante). Quell’anno eravamo in campeggio poco fuori Parigi e mi ricordo un caldo pazzesco, chilometri di strade e musei ed enormi panini fatti con mezze baguette vendute agli angoli delle strade.
Della mia prima volta a Notre-Dame ho ricordi vividissimi ma a sprazzi, come se fosse un filmino interrotto… Mi ricordo la Messa celebrata in francese, inglese e forse spagnolo, quindi una Messa lunghissima. Ricordo che la panca su cui ero seduta era scomoda, soprattutto perché ero una bambina iperattiva e curiosa. Era impossibile per me seguire quello che i vari preti che si avvicendavano sull’altare stavano dicendo e la mia attenzione era catturata dalle meraviglie che avevo intorno. Ricordo distintamente i raggi di luce che entravano dalle finestre colorate dentro i quali si muoveva pigra la polvere.
Ricordo che facevo domande a mia madre perché aveva la guida della città nella borsa, ma che non poteva rispondere perché la Messa era in corso.
Dopo quella mattina interminabile sono tornata altre sue volte a Notre-Dame, l’ultima nel 2006, durante un weekend lungo con il mio attuale marito.
Sono stata poi a Parigi nel 2008 per lavoro, ma non ci sono tornata. Lei però era lì, in attesa, rassicurante con la sua forma inconfondibile.
Quando ha preso fuoco, non lo nascondo, ho pianto. So che rinascerà più bella di prima, so che non è stato perso nulla di inestimabile perché era già stata ricostruita in parte… eppure ho pianto e mi viene ancora il magone se ci penso perché la nuova Notre-Dame non sarà mai più quella dei miei undici anni, non sarà più quella in cui sono entrata tenendo la mano di mio papà, non sarà più quella in cui mia madre si è sentita a disagio perché aveva indossato dei pantaloni corti (nonostante nessuno le avesse detto nulla. Il caldo di agosto lo sentono anche i preti francesi), non sarà più quella delle foto accanto a mia sorella. Sarà una Notre-Dame in parte nuova, pronta a essere celebrata e immortalata in nuovi ricordi, nei quali sono decisamente più vecchia e più disincantata. Chissà, la polvere che nuota nei raggi di luce attirerà ancora la mia attenzione? Forse è il momento di partire di nuovo.
È stato nel Maggio del 2014.
Quando sono arrivata a Notre-Dame, mi sono resa conto di quanta Storia sia passata da questo luogo.
Il retro dell’edificio è meraviglioso, credi che si entri da li, invece poi, all’ingresso, si stagliano le grandi “torri” che la caratterizzano.
All’interno è stretta e altissima, molto semplice, stile gotico, ma ricca di particolari.
I rosoni sono di bellezza rara, mille colori, minuziosi particolari.
Quando esci da Notre-Dame, ti senti a posto con la coscienza. Come dire, “ci sono passati secoli di storia, posso dire di esserci passata pure io”.
Quando è scoppiato l’incendio, ho provato impotenza, dolore e rabbia per tutta quell’arte che si stava incendiando sotto i nostri occhi.
Noi, nel 2019, non siamo stati in grado di prevenire un orrore simile.
– Sarah Ferrante
Avevo 18 anni e non sapevo molte cose. Non che adesso ne sappia molte di più, ma di solito a 18 anni ne sai meno, ecco.
Sapevo solo che ero in gita con la scuola e condividevo la stanza con le mie amiche di sempre.
Non sapevo, ad esempio, che a Parigi non vedono di buon occhio i napoletani. Che gli abbiamo mai fatto a ‘sti parigini, non lo so. Tra l’altro, fanno delle crepes così buone che gli si può anche arrivare a perdonare di non avere il bidet.
Di Parigi, sapevo quello che ci avevano insegnato durante l’ora di geografia. Niente dettagli artistici, niente particolari di rilevante interesse.
Della bellissima cattedrale che governa l’Île de la Cité sapevo ben poco. Tutte le informazioni a mia disposizione derivavano da cartoni animati e opere teatrali.
Non ci fecero entrare perché c’era una funzione in corso e quindi ci “arrangiammo” con la corte esterna.
Era esattamente come l’avevo immaginata: imponente ma elegante, antica ma con tanto da dire.
Il cortile antistante la cattedrale era in pieno fermento fra turisti, artisti di strada e gente che passava di lì era quasi un delirio.
E così, mentre restavo incantata dalle statue, dalle raffigurazioni gotiche e da quel rosone che domina l’intera struttura, qualcuno mi sfilò il cellulare dalla tasca del giubbotto. Me ne accorsi solo poi, in metro e piansi fino a diventare disidratata come una prugna secca. Divenne in un attimo la peggior settimana della mia vita, ma la bellezza e l’eleganza e la magnificenza di quella Cattedrale rimarranno tatuate nei miei occhi a vita.
– V.
E se vi foste persi le tappe precedenti, qui sotto trovate il calendario dettagliato.
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